GRAZIE PUTIN?? - FESTA A MAZARA PER I PESCATORI LIBERATI, PER BERLUSCONI È TUTTO MERITO DELLO ZAR RUSSO, ''È STATO LUI CHE HA CHIAMATO HAFTAR'' - I RACCONTI TREMENDI DEI 18: '' DORMIVAMO A TERRA, AL GELO. TERRIBILE. HANNO ANCHE SPARATO PER ARIA. CI SIAMO SPAVENTATI A MORTE, NON SAPEVAMO SE NE SAREMMO USCITI VIVI''
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Felice Cavallaro per il "Corriere della Sera"
Le sirene del porto, un popolo in festa, mamme e figli in lacrime, finalmente solo con lacrime di gioia, hanno accolto ieri mattina l' arrivo dei due pescherecci e dei 18 uomini d' equipaggio sequestrati per più di tre mesi a Bengasi.
Prima i tamponi anti Covid, poi il contatto con la banchina di Mazara del Vallo lasciata a fine agosto e gli abbracci.
Canti, musica, trombette, la benedizione del vescovo, la felicità del sindaco, i parenti in cerchio per stringere i prigionieri liberati giovedì con un' operazione culminata nella trasferta lampo del premier Conte e del ministro Di Maio in Libia. Un blitz e un contatto diretto con il gran capo delle milizie di quell' area, il generale Khalifa Haftar.
Anche di questo s' è parlato subito dopo la festa per il ritorno a casa durante una telefonata fra Silvio Berlusconi e l' armatore di uno dei due pescherecci, Marco Marrone. Un breve e scherzoso dialogo sul cellulare di Gianfranco Micciché, il presidente dell' Assemblea Regionale siciliana accorso per la grande accoglienza. Con l' armatore «milanista da sempre» che ringraziava stupito da una confidenza registrata dai cronisti: «Non si può dire, ma è stato Putin a farli liberare chiamando Haftar...».
Dettaglio destinato ad alimentare la polemica politica che già imperversa, ma sulla quale ieri cercavano tutti di far prevalere l' aria di festa, seppure fra racconti inquieti.
Come quello del giovane comandante del Medinea, Matteo Marrone, accanto alla madre Rosetta Ingargiola, 74 anni, per tutti «Mamma Rosetta»: «Siamo stati trattati malissimo da quei fetenti... Tenuti in celle fredde, senza letti, al buio». E un altro pescatore, Onofrio Giacalone: «Dormivamo a terra, al gelo. Terribile. Hanno anche sparato per aria. Ci siamo spaventati a morte, non sapevamo se ne saremmo usciti vivi». Turbata pure Naourisi, la ragazza tunisina che aveva denunciato di essere stata «discriminata» quando il 13 novembre non ha potuto parlare con il papà Mohamed al telefono, «proprio perché tunisina». Poi anche lei in lacrime: «Oggi è festa».