GREXIT! - EUROPA E GRECIA ALLA RESA DEI CONTI SU TROIKA, DEBITO E ACCORDO PONTE - TSIPRAS: “CI SERVE TEMPO, NON DENARO” - DRAGHI: NON HA ALCUN SENSO SPECULARE SULLA POSSIBILE USCITA DELLA GRECIA
Teodoro Chiarelli per “la Stampa”
Lo ha ripetuto anche ieri, nell’ultima di una serie infinita di interviste dispensate a man bassa sui media di tutt’Europa. «Non vogliamo nuovi prestiti», ha detto il premier greco Alexis Tsipras al settimanale tedesco Stern. «Ci serve tempo, non denaro, per fare le riforme».
Come sempre usando un abilissimo mix di toni concilianti («Sono per una soluzione in cui tutti possano solo vincere, una soluzione win-win: voglio salvare la Grecia da una tragedia e scongiurare una spaccatura dell’Europa») e propositi barricadieri («A Bruxelles i nostri partner trovano un’altra Grecia, una che sa quello che vuole chiedere»).
Oggi a Bruxelles si consuma la resa dei conti sulla questione del debito greco, il vero nodo da sciogliere dell’Eurogruppo convocato per trovare un’intesa che si annuncia tutt’altro che scontata. Tutti, a parole, sostengono di voler cercare una soluzione condivisa. Ma quando dai propositi e dalle buone intenzioni di passa ai contenuti, il discorso cambia. Le trattative, anche se nella capitale belga preferiscono parlare di scambio di vedute o di riunioni a livello tecnico, sono proseguite per tutto il week-end sulla base dei diversi testi presentati dalle singole parti, ma le posizioni restano distanti.
La Grecia, che vorrebbe mandare a casa la Troika, non ha intenzione di proseguire sulla strada dell’attuale programma di aiuti, perché reputa, come ha spiegato il portavoce del governo, «non realistiche» le attese di un surplus di bilancio del 3% nel 2015 e del 4,5% nel 2016. Ma il fronte degli altri paesi europei sembra stringersi attorno alla Germania. Anche l’Irlanda avrebbe scelto la linea dura, mentre la Francia, per bocca del ministro degli Esteri, Laurent Fabius, si dice disposta a trattare sulla scadenza del debito, «ma la sua cancellazione è fuori questione». Anche perché stiamo parlando di un macigno che si aggira sui 315 miliardi di euro, il 175% del Pil ellenico.
Il presidente della Bce, Mario Draghi, ricorda che la politica della banca centrale non punisce i tedeschi e non premia i paesi più deboli, come la Grecia, e si limita a a sottolineare che «non ha senso speculare su una possibile uscita dalla moneta unica». Ad Atene ieri 15 mila persone sono scese in piazza per sostenere Tsipras e il suo partito Syriza, una manifestazione, naturalmente “spontanea”, contro l’Austerity imposta dalla Troika. E che ha consentito al portavoce del governo di dichiarare: «Vogliamo ridurre le posizioni di privilegio nel mondo del lavoro e delle pensioni, ma non vogliamo scontrarci con il popolo».
Dopo lo scontro notturno all’ultimo Eurogruppo fra necessità di estendere o emendare l’attuale programma della Troika, i ministri delle Finanze europei si siederanno oggi di nuovo attorno a un tavolo per vedere come far coincidere i desiderata del governo greco di porre fine all’austerity che sta piegando il Paese con l’esigenza dei creditori che vogliono certezze sulla restituzione del debito. Atene dice di volersi impegnare ad aprire la caccia agli evasori accendendo finalmente un faro sul flusso di 30 miliardi di euro che si è spostato dalle banche elleniche a quelle svizzere, e mette sul piatto la riduzione del surplus di bilancio per questo e il prossimo anno a fronte delle promesse riforme strutturali. Un po’ poco per indurre a più miti consigli un osso duro, oltranzista del rigore, come il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble.
Ma il muro contro muro a chi conviene? Tutto sommato non all’Europa. E tantomeno alla Grecia. Così Tsipras spende ancora una volta parole dolci per la cancelliera Angela Merkel. «Una donna molto gentile, nient’affatto severa come uno si aspetterebbe da come viene descritta sulla stampa». Alex il greco non si smentisce.