GRILLINI TORNANO GRULLINI - PER DIMOSTRARE DI ESSERE ANCORA DURI E PURI, I GRILLINI PROPONGONO DI ABOLIRE IL TITOLO DI “ONOREVOLE” PER DEPUTATI, SENATORI E CONSIGLIERI REGIONALI - E PER CHI SGARRA MULTE FINO A 6 MILA EURO
Carlo Bertini per “la Stampa”
Che ai grillini non piacesse il termine onorevole si sapeva fin dall’inizio della loro avventura parlamentare, ma la multa fino a 6 mila euro per chi venisse scoperto a usare una sola volta questo termine così odiato è una novità.
O meglio, a dire il vero a proporre “divieto di onorevole” e sanzioni pecuniarie ci aveva già provato nel 2002 un drappello di deputati di an, udc, forza Italia, ds e rifondazione, tra cui Giuliano Pisapia, così come nel 2006 pure i leghisti. Ma ora i 5stelle passano all’attacco e se alle prossime elezioni dovessero conquistare la maggioranza, i commessi di Camera e Senato o i parcheggiatori dell’assemblea regionale siciliana potrebbero rischiare grosso se per abitudine o riflesso condizionato si lasciassero scappare la parola proibita nei pressi di un carabiniere.
«È abolita l’utilizzazione del titolo di onorevole riferito ai deputati, senatori, ai consiglieri regionali e provinciali, anche se cessati dalla carica», recita infatti la proposta di legge dei 5stelle depositata alla Camera. Che al comma 3 dell’unico articolo prevede pesanti conseguenze per chi dovesse sgarrare. «Il titolo onorevole è sostituito dall’appellativo di cittadino portavoce» e chiunque lo utilizzi è punito «con l’ammenda da euro 600 a euro 6000».
C’è da dire che nella presentazione della legge firmata da sei deputati tra cui Ciprini e Lombardi viene ben spiegato perché ormai siano maturi i tempi per sanzionare in solido chi si ostini a usare un attributo che «significa degno di stima e di rispetto»; e che andrebbe acquisito «a consuntivo e non a preventivo solo se l’eletto sia all’altezza agli occhi dei cittadini dell’attività parlamentare che ha posto in essere».
In ogni caso, «il cambiamento della politica passa anche attraverso le parole» ed è giunto il momento di «ristabilire nella forma e nella sostanza un rapporto paritario tra eletti ed elettori». Sulla falsariga di quanto chiedevano tredici anni fa Ramponi, Pisapia e altri, contro quel termine che «accresce nella coscienza popolare un diffuso senso di distacco che si riassume nel ben noto fenomeno dello scollamento tra classe politica e paese reale».