LA GUERRA IN EUROPA TRA MELONI E SALVINI PASSA PER MARINE LE PEN (E PER MACRON) – CHIUSA LA PORTA AI NAZISTELLI DELL’AFD, LA DUCETTA MIRA A FAR TRASLOCARE LE PEN NEI CONSERVATORI SCIPPANDOLA A SALVINI – IL SOGNO DELL'UNDERDOG È “RIPULIRE” LA DESTRA EUROPEA PER STRINGERE UN’ALLEANZA CON I POPOLARI. MA LA POVERINA DIMENTICA CHE LA NEO-CENTRISTA LE PEN E' A CAPO DEL PRIMO PARTITO FRANCESE E MACRON SI METTEREBBE DI TRAVERSO CON IL GOVERNO DI ROMA... - – DAGOREPORT
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Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”
Ripulire la destra europea, una parte di essa, dalle scorie più imbarazzanti del passato, ma soprattutto del presente. E cominciare un cammino verso una riunificazione della diaspora, dividendo i buoni dai cattivi. Incastonata nella conferenza stampa di inizio anno, tra gli innumerevoli temi toccati, c'è una dichiarazione di Giorgia Meloni che è stata lasciata lì come un messaggio.
Si parla di Europee, di possibili alleanze, e la premier concede un riconoscimento a Marine Le Pen. Se le posizioni filorusse, con la guerra in Ucraina ancora in corso, rendono l'ultradestra tedesca infrequentabile, diverso è il discorso per la presidente del Rassemblement national: «Con l'Afd ci sono distanze insormontabili, a differenza – concede Meloni – di Le Pen che fa un ragionamento più interessante».
La necessaria presa di distanza dal Cremlino è il punto di partenza di un corteggiamento più ampio e dai tempi più lunghi. Niente che si consumerà a breve. Ma i segnali reciproci ci sono tutti. La risposta di Meloni, raccontano fonti sia italiane che europee di FdI, non è stata casuale. È stata preparata e costruita con sapienza. Con un obiettivo preciso. A meno di sorprese alle urne, che al momento i sondaggi non rilevano, Meloni non si illude di poter davvero plasmare un'alleanza alternativa per il governo dell'Europa con le destre, moderate e più radicali, riunite sulle ceneri del centrosinistra. Quello che intuisce la premier è il potenziale di Madame Le Pen. Per il futuro.
Meloni scommette che sarà lei, fra tre anni, presidente della Francia. La sua ascesa inarrestabile nei sondaggi rende molto più probabile di ieri che Le Pen possa essere eletta all'Eliseo. Sarebbe la prima donna in Francia, come Meloni è stata la prima premier in Italia. C'è anche questo gioco di specchi. Di due leader donne che hanno operato un restyling dei loro partiti e compiuto un lungo cammino di moderazione. La leader francese ha iniziato da anni un processo di affrancamento dal padre Jean Marie, fondatore del Front National, dai residui parafascisti di un partito che era emerso dal pozzo schiumante dell'antisemitismo e del collaborazionismo.
In un certo senso, è andata anche oltre il processo di maturazione, simile, compiuto da Meloni in Italia. Le Pen ha rinnegato, Meloni invece ha ancora qualche problema a recidere le radici neofasciste e a chiudere i conti con la storia dei suoi padri.
[…] Meloni è attratta da quella forza, la vuole incanalare come energia in un organismo europeo rigenerato. Lo deve fare con tatto, però, per non scatenare le ire di Matteo Salvini, che di Le Pen è il principale alleato in Europa, entrambi membri del gruppo Identità e Democrazia (I&D). A maggior ragione adesso che, rispetto a cinque anni fa, i rapporti di forza si sono ribaltati e il leghista, in emorragia di consensi, ha bisogno della numerosa truppa di eletti che la presidente del Rassemblement porterà a Strasburgo.
Sono numeri che fanno gola anche a Meloni. La premier e la leader francese si contendono con la Cdu il primato dei partiti che avranno più seggi nell'Europarlamento. FdI e RN sono destinati a ritrovarsi. Per farlo, Meloni ha bisogno di spaccare il fronte di I&D, di allontanare Le Pen dall'Afd e anche da Salvini. Non esclude di aprire le porte dei Conservatori alla patriota francese. Non subito.
Ora l'indicazione è soltanto quella di confermare le reciproche lusinghe, senza troppo turbare gli attuali alleati. Non solo Salvini, ma anche l'altra le Pen, Marion-Maréchal, nipote di zia Marine, sposata con l'europarlamentare di FdI Vincenzo Sofo, e vicepresidente di Reconquête, l'altro partito dell'estrema destra francese fondato da Éric Zemmour, ma fermo attorno al 7 per cento.
Mesi fa si parlò – notizia mai confermata – di un viaggio degli emissari di Le Pen a Roma, per incontrare gli uomini di Meloni. In seguito, gli abboccamenti e i messaggi di intesa si sono moltiplicati. È stata notata e apprezzata, per esempio, l'assenza di Le Pen a Firenze, alla reunion di dicembre dei falchi delle destre estreme europee organizzata da Salvini. A Bruxelles, la collaborazione sui temi è continua e proficua, e il capogruppo dei lepenisti di Jean-Paul Garraud ha voluto sottolineare al Foglio, meno di un mese fa, che «è evidente quanto Meloni sia estremamente simile a ciò che noi siamo e a ciò che Le Pen rappresenta».
Le Pen ha investito tutti gli ultimi anni su la "de-demonisation", per rendersi presentabile, e più compatibile con i nemici di un tempo. Resta una posa più scettica e critica verso la Ue, quella che un tempo aveva anche Meloni; restano le pulsioni anti-americane, ma ai vertici di FdI lo considerano un tic tipicamente francese. Tutto risolvibile. O quasi. Più problematica è la variabile russa.
Il 30 dicembre il Washington Post ha pubblicato un'inchiesta che dimostrerebbe quanto siano ancora attuali le relazioni pericolose con il Cremlino, nonostante Le Pen stia cercando di far dimenticare il giro di soldi, di foto e di condizionamenti che pochi anni fa l'hanno inchiodata alle sue simpatie verso Vladimir Putin.
Meloni vuole credere a quel «ragionamento interessante», al fatto che l'amica francese farà come lei, che un tempo pure aveva una sterminata ammirazione per il presidente russo. In fondo è vero: le due patriote si assomigliano più di quanto l'appartenenza europea suggerisca. E hanno cominciato a parlarsi.