HALEY, COMETA O METEORA? – L’EX AMBASCIATRICE AMERICANA ALL’ONU, NIKKI HALEY, ANNUNCIA UFFICIALMENTE LA SUA CANDIDATURA PER LA NOMINATION REPUBBLICANA: NESSUNO SI È SORPRESO, LA RAMPANTE POLITICA DI ORIGINI SIKH DA TEMPO SI PREPARA CON LIBRI E INTERVISTE – TRUMPONE GODE: DOPO AVERLA CREATA (FU LUI A NOMINARLA ALL’ONU), GLI AVEVA PROMESSO CHE NON SI SAREBBE MESSA DI TRAVERSO AL TYCOON. ORA HA CAMBIATO (PER L’ENNESIMA VOLTA) IDEA…
-1. NIKKI HALEY SFIDA TRUMP: APERTA TRA I REPUBBLICANI LA CORSA ALLA NOMINATION
Estratto dell’articolo di Marco Valsania per “il Sole 24 Ore”
Scende in campo il primo candidato repubblicano non-Trump alla Casa Bianca: è Nikki Haley, ex ambasciatrice all’Onu ed ex popolare governatore della South Carolina. Un suo annuncio formale previsto a metà febbraio lancerà il guanto di sfida all’ex presidente, che ha già iniziato la sua campagna a caccia di rivincita.
Haley promette di essere la prima di una lunga lista di aspiranti alla nomination del partito conservatore che si preparano e rompere gli indugi per il 2024: su tutti il governatore della Florida Ron DeSantis, il suo collega della Virginia Glenn Youngkin e il senatore Tim Scott, uno dei più influenti esponenti afroamericani conservatori.
A loro si aggiungono ex esponenti dell’amministrazione Trump, l’allora vicepresidente Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo. Non mancano critici dell’ex presidente quali l’ex deputata Liz Cheney e l’ex governatore del Maryland Larry Hogan. Gran parte degli sfidanti repubblicani di Trump conta anzitutto su un ripudio, da parte della base del partito e dei suoi funzionari, dell’ex presidente, del suo bagaglio di scandali, inchieste e controversie, più che delle sue politiche.
Alcuni (DeSantis) corteggiano anzi esplicitamente posizioni ultra-conservatrici. Haley stessa aveva rinunciato a passate credenziali moderate per sposare le crociate di Trump. Tanto da spingersi ancora nel 2021 a dichiarare che sarebbe rimasta in disparte qualora Trump si fosse ricandidato – posizione che Trump le ha ora subito rinfacciato sui social media. La partita per la nomination appare estremamente incerta. […]
2. HALEY L'ANTI-TRUMP
Francesco Semprini per “la Stampa”
[...] Se vincesse la nomination, [Nikki Haley, ndR] sarebbe la prima donna e la prima candidata non bianca del Grand Old Party. Una corsa ventilata da tempo, alimentata da un paio di libri, un classico degli aspiranti candidati alla Casa Bianca, e da allusioni in varie interviste, dove ha rivendicato i meriti della sua carriera e suggerito di poter incarnare «la nuova leadership di cui il partito ha bisogno».
Nei giorni scorsi era stato lo stesso Trump a rivelare che Haley l'aveva chiamato per informarlo che stava valutando la candidatura e che lui le aveva detto di farlo, di «seguire il cuore», pur ricordando velenosamente che aveva promesso di non correre se lui si fosse ripresentato. […]
La 51enne Nikki Randhawa - coniugata Haley è figlia di immigrati di origine Sikh, provenienti dal Punjab, in India. Due volte deputata locale e due volte governatrice (dal 2010 al 2017) del South Carolina (prima donna dello Stato e prima appartenente a una minoranza etnica) è stata la governatrice più giovane degli Usa.
Sebbene figlia di immigrati le sue posizioni in tema di accoglienza sono state sempre molto selettive, comprese le sue istanze sui rifugiati siriani. Fattore questo che ha reso ancora più complesso il suo operato all'interno dell'Onu. Si fece notare nel 2016 quando fu scelta per la replica del Grand Old Party all'ultimo discorso sullo Stato dell'Unione di Barack Obama, privilegio riservato generalmente agli astri nascenti del partito.
Poi nel gennaio 2017 la nomina come ambasciatrice all'Onu, carica da cui si dimise due anni dopo mentre maturava silenziosamente mire presidenziali. Haley ha una sua credibilità nel partito, anche per il suo approccio più moderato e a volte coraggioso su questioni come razza e genere, come quando nel 2015 rimosse la bandiera confederata (considerata razzista) dal Campidoglio statale dopo l'attacco del suprematista bianco Dylann Roof contro nove fedeli afroamericani.
Ma i suoi detrattori la considerano troppo volubile: nel 2016 puntò prima su Marco Rubio e poi su Ted Cruz, quindi sostenne Trump, salvo attaccarlo per il «Muslim ban»; poi lo ha criticato per le accuse di brogli e l'assalto a Capitol Hill, ma nel 2022 ha appoggiato vari candidati trumpiani «negazionisti». E non è escluso che, in caso di sconfitta, accetti il ticket col tycoon (che ha annunciato la discesa in campo il 15 novembre scorso), contrapponendo una donna (autorevole) ad un presidente che ne ha già una come vice, Kamala Harris, che ad Haley è accomunata dalle origini indiane.
Il tutto in una corsa che si preannuncia assai affollata a destra. Ai nastri di partenza, oltre ad Haley c'è l'ex vicepresidente Mike Pence e l'ex segretario di Stato Mike Pompeo, nonché diversi governatori. In primis quello della Florida Ron DeSantis, il rivale più insidioso, che ha appena inaugurato la nuova crociata contro il «conformismo ideologico» delle università e ha lanciato il guanto di sfida a Trump ricordandogli che lui è stato rieletto nel Sunshine State con uno scarto record di 19 punti. Occorre capire se il governatore riuscirà a replicare su scala nazionale il successo registrato su quella statale.