POVERO MATTEO! LO HANNO RIMASTO SOLO: NESSUN BIG PD SI E’ SCHIERATO A DIFESA DI RENZI E A SOSTEGNO DELLA BOSCHI, ZAVORRA DEL PARTITO. ANCHE LUCA LOTTI, CHE LA DETESTA, SUGGERISCE DI NON RICANDIDARE “MARIA ETRURIA”. E MOLTI DEMOCRATS FANNO CIRCOLARE UN IPOTETICO “PIANO B” PER EVITARE LA DISFATTA: GENTILONI CANDIDATO PREMIER, BOSCHI FUORI
1 - TENSIONE NEL PD: RESTA L'IPOTESI PASSO INDIETRO
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Ci sono giorni in cui il silenzio è più dirompente delle parole. E da giorni, nel pieno del Vietnam scatenato da Banca Etruria, non c'è ministro o esponente di peso del Pd che si sia schierato a fianco di Matteo Renzi. Tantomeno di Maria Elena Boschi. Tacciono Marco Minniti e Dario Franceschini, restano zitti Graziano Delrio e Anna Finocchiaro. Solo il premier Paolo Gentiloni, per evitare pericolosi scossoni al governo, una settimana fa ha blindato la sottosegretaria: «Ha chiarito, è giusto che si ricandidi». Da allora però sta zitto pure lui.
Anche ieri, quando Renzi ha chiarito urbi et orbi che non intende abbandonare la Boschi e vuole riportarla in Parlamento, non è scattato alcun applauso. Silenzio ancora una volta assordante. Il segno di quanto Maria Elena sia diventata «il problema» per l'intero partito. E perfino nel Giglio Magico dove, si narra, Luca Lotti ha ormai aderito alla foltissima squadra di chi suggerisce di non ricandidare la sottosegretaria. I due, del resto, non si sono mai amati.
Ebbene la novità, al di là delle dichiarazioni ufficiali dettate dalla necessità di tenere il punto nelle ore in cui la Boschi è sotto i riflettori, è che Renzi in persona ha cominciato a valutare la possibilità di suggerire a Maria Elena un passo indietro. Ma non ora: «Sarebbe come un'ammissione di colpa», dicono al Nazareno. E aggiungono: «E' presto, adesso, per qualunque decisione». Come dire: non è affatto detto che alla fine la sottosegretaria entrerà nelle liste del Pd. Anzi: «Si deciderà a gennaio, sondaggi alla mano...».
Anche perché, se Renzi dovesse resistere a oltranza, potrebbe prendere sempre più forza il fronte di chi il passo indietro lo chiede a lui. «L'unico modo per evitare la disfatta», diceva ieri mattina un alto esponente dem, «sarebbe candidare Gentiloni premier e lasciare fuori la Boschi». E Andrea Orlando, leader della minoranza, sostiene: «Va addrizzata la barra o saremo sconfitti, l'idea della commissione d'inchiesta è stata poco intelligente».
ALLARME-SOPRAVVIVENZA
In gioco, per i ribelli, c'è la sopravvivenza del partito. Il tormento dei colonnelli del Pd, i malumori crescenti sussurrati e non esternati (Orlando a parte), sono innescati dal terrore di «prendere uno schiaffo mortale alle elezioni»: «Tra la nostra gente e tra i nostri elettori», dice un alto dirigente che chiede l'anonimato, «dopo tutte quelle audizioni in Commissione che hanno raccontato della Boschi impegnata a girare l'Italia per aiutare la banca del padre, si è affermata l'idea che sul partito è calato un velo di opacità.
Ed è un paradosso. Perché in questi cinque anni abbiamo governato bene, abbiamo fatto leggi e riforme importantissime, abbiamo portato il Paese fuori dalla crisi. Eppure, nell'immaginario collettivo ciò che rimane sono la Boschi e la maledettissima Banca Etruria». «Ed è inutile sperare che questa vicenda cada nel dimenticatoio», aggiunge un altro esponente dem, «ormai abbiamo armato Di Maio e Bersani, su questa roba ci faranno tutta la campagna elettorale. Maria Elena dovrebbe capirlo...».
LEADER ISOLATO
Va da sé che nessuno condivide l'ottimismo di Renzi: il segretario ha detto di essere pronto a «scommettere una bistecca alla fiorentina» sul fatto che «il Pd sarà il primo partito». In più, per provare a sedare la ribellione dopo aver promesso nei giorni scorsi posti sicuri in lista a tutti i maggiorenti del partito, è tornato a usare il noi. Ha abbandonato di nuovo l'«io» che ha prodotto tanti disastri dal referendum dello scorso dicembre: «La squadra del Pd è la più forte in assoluto. Non il segretario, la squadra: ci sono Gentiloni, Minniti, Delrio, Franceschini, Orlando». Già. In molti tifano per il premier.
2 - BOSCHI CANDIDATA SCUOTE IL PD RENZI: ESCLUDERLA È UNA RESA
Francesco Schianchi per “la Stampa”
“Scommetto una bistecca alla fiorentina che saremo il primo partito». All'indomani dell' ennesima giornata di bufera, passate le audizioni del governatore Visco e dell' ex ad di Unicredit Ghizzoni che hanno rinfocolato polemiche e critiche, Matteo Renzi prova a spostare il fuoco. A cambiare discorso, a guardare avanti concentrando l' interesse su altro, in un' intervista rilasciata a Tgcom24. Ma, fatalmente, l'attenzione torna lì, a Maria Elena Boschi e al caso Banca Etruria che scatena le opposizioni e imbarazza il Pd.
«Un politico si fa giudicare dai cittadini, quindi saranno le elezioni a giudicare se qualsiasi politico, non solo Boschi, debba tornare in Parlamento. È una discussione che non esiste» quella su un suo passo indietro, dichiara il segretario dem. «Oggi sarebbe una resa», insiste con chi lo sollecita: forse se ne sarebbe potuto discutere qualche settimana fa, ragiona, prima delle nuove polemiche, ma ora vorrebbe dire rinnegare la difesa portata avanti con le unghie e coi denti.
Lei, infatti, dalle pagine della Stampa di ieri, dopo aver dichiarato che si tratta di una «caccia alla donna» («condivido, nient' altro da aggiungere», chiosa Renzi), è tornata all' attacco dando la disponibilità a presentarsi «in qualsiasi collegio», avvalorando l' idea che il segretario ha avuto e non ancora accantonato: spingerla alla battaglia contro Di Maio, nel collegio di Pomigliano.
Nel Transatlantico di Montecitorio, però, sono in tanti a pensare che sarebbe di buon senso che lei si facesse da parte. O che perlomeno se ne discutesse, in una direzione del partito ad hoc che i fedeli del ministro Orlando stanno chiedendo già da qualche giorno («Dobbiamo raddrizzare la barra o saremo sconfitti», ha detto ieri sera il ministro).
Tanto nella minoranza stavano ragionando se inviare una lettera formale al presidente Orfini per sollecitare la direzione: «Anche se il tema non è burocratico, non serve una richiesta ufficiale: con quello che sta succedendo, sarebbe nelle cose riunirsi e discuterne», sospirano. Dove confidano la proposta a cui stanno pensando: fuori la Boschi dalle liste, e indicazione di un candidato premier che non sia Renzi, ma Gentiloni.
«Alla fine nessuno può imporle nulla, l'ultima parola spetta alla Boschi», giudica un battitore libero del partito come il deputato Giuseppe Lauricella. Ma, dopo un' altra giornata di passione come quella di mercoledì, eloquenti sono i silenzi o le tiepidissime difese di big anche della maggioranza come Franceschini, Delrio, Minniti, lo stesso Luca Lotti, che del giglio magico è petalo fondamentale, in competizione con la Boschi.
La ministra Finocchiaro, alla Camera, si allontana senza rispondere con un sorriso sibillino da chi le chiede se la giovane sottosegretaria debba ricandidarsi. Sollecitato sulla mail dell' amico Carrai che ha scatenato le polemiche due giorni fa, Renzi allarga le braccia, «non ne sapevo assolutamente niente».
Su Banca Etruria, sottolinea che «è una vicenda priva di conseguenze penali», ma insiste che «è giusto fare chiarezza, perché chi ha sbagliato sulle banche paghi davvero». Anche se, a parere del ministro Orlando, la discussione della Commissione non ha «aiutato la riforma del sistema bancario che è l' obiettivo per evitare che quanto accaduto in passato possa ripetersi». Posizioni diverse, sull' utilità della Commissione voluta e rivendicata da Renzi ancora ieri. Con la Boschi, in questi giorni, il segretario si è tenuto costantemente in contatto.
Ieri, lei ha presenziato al funerale di Matteoli, poi ha trascorso la giornata a Palazzo Chigi a preparare il consiglio dei ministri di oggi. Lui, dopo l' intervista è andato al quartier generale di Largo del Nazareno, dove ha incontrato a lungo Matteo Richetti per parlare di campagna elettorale. La speranza è che, terminate le audizioni più insidiose in Commissione banche, complici anche le feste, l' argomento banche vada uscendo dall' agenda della politica.
«La partita per il primo posto è a due. O primo partito sono i Cinque stelle, o il Pd: un sondaggio Swg dice che M5S è al 25,7 per cento, il Pd al 25, una distanza minima», predica lui ottimista. Continuando a coltivare la nuova narrazione, quella del Pd-squadra, con tanti bomber a cui affidarsi, «Gentiloni, Delrio, Franceschini, Minniti, Orlando, Martina». Una squadra, però, sempre più in tensione: «Su questa linea - dice Orlando - il partito sarà sconfitto».