HOUSE OF CAZZ - SE I DEMOCRATICI VOGLIONO SILURARE TRUMP CON IL “RUSSIA GATE”, LUI RISPONDE PUNTANDO SU OBAMA: “VA MESSO SOTTO INCHIESTA, HA ABUSATO DEL SUO POTERE FACENDO REGISTRARE LE MIE TELEFONATE IN CAMPAGNA ELETTORALE” - IL DIRETTORE DELLA NATIONAL INTELLIGENCE LO SMENTISCE
Paolo Mastrolilli per la Stampa
Il «Russiagate» finisce in Parlamento. Lo vuole Trump, che ha chiesto al Congresso di indagare sulla sua denuncia, secondo cui il predecessore Obama lo avrebbe fatto spiare. Così il capo della Casa Bianca vuole mobilitare la propria base contro chi cerca di farlo cadere, e spera di diluire le accuse per i contatti della sua campagna elettorale con Mosca dentro un' indagine più ampia, gestita dalla maggioranza repubblicana che controlla Camera e Senato.
Nello stesso tempo però allarga il caso, esponendosi al rischio che questa strategia si trasformi in un boomerang. Sabato mattina Trump ha accusato via Twitter Obama di aver fatto registrare le sue telefonate durante la campagna elettorale, paragonando questo comportamento allo scandalo Watergate. Il portavoce dell' ex capo della Casa Bianca ha smentito, perché i presidenti non hanno l' autorità di ordinare intercettazioni.
Trump forse si riferiva ad un articolo pubblicato dall'agenzia Breitbart, secondo cui gli investigatori federali avevano chiesto al tribunale competente l'autorizzazione di fare controlli su un server della Trump Organization, che aveva avuto molti contatti con due banche russe.
Le accuse di Trump hanno scatenato una tempesta, anche perché i suoi collaboratori non erano stati informati in anticipo della sua intenzione di lanciarle, e quindi non sapevano come gestirle. Sabato sera il presidente ha invitato a cena nella sua residenza di Mar-a-Lago il ministro della Giustizia Sessions, costretto a ricusarsi dall' inchiesta sul «Russiagate» per i suoi incontri con l'ambasciatore di Mosca, quello dell'Homeland Security Kelly, e vari altri collaboratori, per decidere come rispondere a politici e media che chiedevano le prove della sua denuncia.
Il risultato è stato questo comunicato, pubblicato ieri mattina dal portavoce della Casa Bianca: «Le notizie relative a investigazioni potenzialmente motivate politicamente prima delle elezioni sono molto preoccupanti. Trump richiede che come parte delle loro inchieste sulle attività russe, le commissioni congressuali dell'intelligence esercitino la loro autorità di controllo per determinare se i poteri investigativi del ramo esecutivo sono stati abusati. Né la Casa Bianca, né il presidente commenteranno ulteriormente, fino a quando questa verifica sarà condotta».
Poco dopo i capi repubblicani delle commissioni intelligence di Camera e Senato hanno annunciato che allargheranno alle accuse di Trump l'inchiesta sui tentativi della Russia di influenzare il voto. Così, mentre Trump annuncia oggi il nuovo bando per gli immigrati, e secondo il deputato Ron DeSantis si prepara a spostare l'ambasciata americana a Gerusalemme in maggio, il «Russiagate» arriva al Parlamento.
Il capo della Casa Bianca ha fatto questa mossa per diverse ragioni: distrarre l' attenzione dalle sue connessioni con Mosca, mettere la questione nelle mani dei parlamentari repubblicani amici evitando le nomina di un procuratore indipendente, chiudere la polemica sull' assenza di prove per le sue accuse, e mobilitare la base contro il «deep state», cioè la burocrazia permanente filo democratica che vorrebbe sovvertire l' esito del voto.
Ieri però l'ex direttore dell' intelligence Clapper ha smentito che siano avvenute registrazioni delle sue telefonate, e gli stessi senatori del Gop Rubio e Cotton sono stati prudenti nel difenderlo. Il leader dem al Senato Schumer ha riassunto così il vicolo cieco in cui si è messo Trump: «Se la sua denuncia non è vera, si è screditato. Se lo è, significa che un giudice aveva riconosciuto la potenziale esistenza di reati commessi da persone della sua campagna così gravi da giustificare l' autorizzazione delle registrazioni.
Come può uscirne bene?».