HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA – DONALD TRUMP FA CHIUDERE IL CONSOLATO CINESE DELLA CITTÀ TEXANA. GLI AMERICANI SONO CONVINTI CHE SIA UN CENTRO DI SPIONAGGIO. APPENA SI È DIFFUSA LA NOTIZIA I FUNZIONARI DELLA SEDE DIPLOMATICA HANNO INIZIATO A DARE FUOCO AI DOCUMENTI (VIDEO) – GIUSTO IERI L’FBI HA PUBBLICATO UN NUOVO DOSSIER SU DUE HACKER CINESI SPECIALIZZATI NEL FURTO DI SEGRETI COMMERCIALI E PROPRIETÀ INTELLETTUALE
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Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
Fiamme nel cortile del consolato cinese di Houston in Texas. L'amministrazione Trump ha ordinato di chiudere la sede diplomatica entro tre giorni. Un'accelerazione caotica nella sfida tra le due superpotenze. Così confusa che è arrivata prima la condanna formale di Pechino rispetto alla comunicazione pubblica di Washington.
La notizia è stata data dal portavoce del ministero degli Esteri cinese: «La decisione improvvisa e unilaterale degli Usa segna una escalation senza precedenti e viola le norme internazionali, è una chiara provocazione politica». Il portavoce ha anticipato una ritorsione da parte cinese e denunciato «minacce» contro l'ambasciata di Pechino a Washington.
A Houston i primi a scoprire che qualcosa di grave stava succedendo sono stati i vigili del fuoco, chiamati dagli abitanti allarmati da un incendio. I pompieri non sono potuti entrare, per il divieto opposto dai funzionari cinesi. Le tv locali hanno trasmesso immagini di quello che sembra un falò di documenti all'interno di un container nel cortile.
Ore dopo il Dipartimento di Stato ha confermato l'ordine di chiusura per «proteggere la proprietà intellettuale americana e l'informazione privata». Più tardi ha parlato Mike Pompeo, che è in missione in Europa proprio per cercare di costituire una coalizione anti-cinese, citando una motivazione di sicurezza nazionale dietro l'ordine di chiudere il consolato di Houston, uno dei quattro che la Cina ha negli Usa oltre all'ambasciata di Washington.
Gli americani sono convinti che i cinesi abbiano infiltrato migliaia di spie nel loro territorio. «Apriamo un fascicolo investigativo sulla Cina ogni 10 ore», ha detto qualche giorno fa Christopher Wray, direttore del Federal Bureau of Investigation. E proprio ieri l'Fbi ha pubblicato un nuovo dossier sullo spionaggio mandarino, con il relativo volantino segnaletico «Wanted».
I ricercati sono Li Xiaoyu e Dong Jiazhi, hacker specializzati nell'intrusione nei server di aziende straniere. Sarebbero attivi dal 2009, avrebbero già rubato segreti commerciali e proprietà intellettuale «per centinaia di milioni di dollari» e secondo l'atto di incriminazione negli ultimi mesi si sono dedicati a ricerche sul vaccino per il Covid-19.
I compagni Li e Dong, identificati come ingegneri elettronici, 34 anni, avrebbero preso di mira una società biotech del Massachusetts il 27 gennaio, una della California che studiava cure contro il coronavirus l'1 febbraio e poi avrebbero lasciato le loro impronte virtuali nei file di un'azienda del Maryland, una settimana dopo che quei ricercatori americani avevano annunciato di essersi messi al lavoro sul vaccino.
L'Fbi pedina sul web i due cinesi da una decina di anni: Li e Dong sarebbero sotto contratto per il ministero della Sicurezza statale di Pechino (l'intelligence). Tra le vittime una società di intelligenza artificiale inglese, un contractor della difesa spagnola, un'azienda dell'energia solare svedese. E ora, i laboratori del vaccino che tutti vorrebbero. Risposta di Pechino: «Assurdità, siamo contrari a ogni forma di cyber attacco». Secondo il portavoce governativo le autorità Usa hanno violato le valigie diplomatiche della sede di Houston, hanno infastidito il personale e «interrogato studenti cinesi, confiscando telefoni e computer».
Quale sarà la reazione cinese? Sembra certa la chiusura simmetrica di una sede americana: «Gli Stati Uniti hanno di gran lunga molte più personale in Cina», ha osservato il portavoce. La vittima potrebbe essere la sede di Wuhan, ancora deserta perché i diplomatici sono partiti tutti in gran fretta a fine gennaio, per paura del Covid-19. Nel frattempo il virus è diventato politico. Il giornale nazionalcomunista Global Times scrive che «gli Usa, impazziti per le elezioni presidenziali, stanno distruggendo il rapporto con la Cina».