INDOVINATE CHI BLOCCA LA LEGGE CONTRO LE AZIONI CIVILI VERSO I GIORNALISTI? MA CERTO, MATTEUCCIO RENZI! LA NORMA PREVEDE CHE CHI FA UNA CAUSA CIVILE A UN GIORNALISTA E PERDE DEVE RISARCIRE ALMENO IL 25% DELLA SOMMA RICHIESTA – UN MODO PER CHI PROCEDE SOLO PER PUNTARE AI SOLDI – LE QUERELE SONO RADDOPPIATE DAL 2011 AL 2017: SONO 9500 ALL’ANNO E IL PIÙ DELLE VOLTE HANNO SOLO FINALITÀ INTIMIDATORIA…

-


 

 

1 - GIORNALISTI, RENZI BLOCCA LA LEGGE ANTI-INTIMIDAZIONI

Gianluca Roselli per "il Fatto quotidiano”

MATTEO RENZI - SECONDO GIORNO ASSEMBLEA NAZIONALE ITALIA VIVA

 

Sulle liti temerarie, ovvero le azioni civili con richiesta di risarcimento danni nei confronti dei giornalisti, tutto di nuovo si blocca. La legge, si sa, dà fastidio a molti, soprattutto alle forze politiche, visto che con le nuove norme si limiterebbe assai il potere intimidatorio nei confronti della stampa.

 

PRIMO DI NICOLA

L' ultimo stop ha visto l' ok di quasi tutte le forze politiche, ma specialmente di Italia Viva, che ha chiesto, insieme ad altri, di agganciare la legge sulle liti temerarie a quella sulla diffamazione, entrambe in discussione in Senato. La legge sulle cause civili, proposta dal pentastellato Primo Di Nicola, è formata da un solo articolo: chi procede in sede civile contro un giornalista, se perde la causa può essere condannato a un risarcimento a partire dal 25% (fino al 100%) della somma richiesta. L' obiettivo è disincentivare tutti coloro che procedono per motivi pretestuosi, magari per puntare ai soldi.

 

LA PAPPAGORGIA DI MATTEO RENZI

Cosa che negli ultimi anni è diventata un' abitudine da parte di molti. Il ddl Di Nicola, già approvato in commissione Giustizia, era pronto per essere votato, tanto che era stato calendarizzato per l' Aula il 16 gennaio scorso. Poi, come per magia, la legge è sparita. Provocando anche un piccolo giallo. Perché una norma su cui ufficialmente c' è l' accordo di tutti, pronta per essere approvata, è stata rinviata?

 

La decisione è stata presa durante una riunione di capigruppo e giustificata col fatto che sarebbe meglio far viaggiare il ddl Di Nicola insieme alla legge sulla diffamazione del forzista Giacomo Caliendo, in questi giorni nell' occhio del ciclone per la questione dei vitalizi degli ex parlamentari.

 

GIACOMO CALIENDO

Le due leggi, in realtà, secondo un patto iniziale tra Pd e Forza Italia, all' inizio viaggiavano già insieme, poi, dato che la norma sulla diffamazione ha incontrato diverse difficoltà mentre l' altra procedeva spedita, si è decisa la separazione. Ora però, secondo diverse fonti per le insistenze di Italia Viva, i due procedimenti sono stati rimessi nello stesso calderone.

 

Se non si sblocca l' una, non va avanti nemmeno l' altra. Il problema è che, così facendo, si rallenta il percorso del ddl di Primo Di Nicola, che si dice "contrariato e preoccupato".

AGNESE LANDINI E MATTEO RENZI DURANTE LE DIMISSIONI

Il problema è che la legge sulla diffamazione è ancora in alto mare per via delle molte criticità sottolineate di recente dai rappresentanti dei giornalisti e degli editori, per una volta insieme in una battaglia comune.

 

Perché, se da una parte viene tolto il carcere per i giornalisti, dall' altra vengono inseriti tutta una serie di lacci e lacciuoli - non ultimo l' aumento delle sanzioni anche pecuniarie - che limitano parecchio il lavoro dei cronisti e di chi fa inchieste. "La Caliendo così com' è non va", hanno sottolineato insieme Fnsi e Fieg.

 

matteo renzi assemblea nazionale di italia viva 7

E sul testo ci sarà parecchio da lavorare, tanto più che dovrà andare alla Camera. Per questo agganciare le cause civili alla diffamazione equivale a gettare la palla in tribuna e a rallentare parecchio una norma che potrebbe essere già approvata.

 

"È chiaro che a molti la legge sulle liti temerarie non piace, ma essa non deve diventare una merce di scambio con la Caliendo: io ti concedo qualcosa qui, tu mi dai qualcos' altro là. Anche se la materia è la stessa, sono due leggi diverse che possono, e a questo punto devono, viaggiare separate. Altrimenti c' è la sensazione che si voglia rallentare tutto", afferma Raffaele Lorusso, segretario della Fnsi. Nel frattempo il ddl Di Nicola è sparito dal calendario del Senato. E per ora, tra il decreto sulle intercettazioni e lo scontro sulla prescrizione, non ricomparirà.

 

2 - UN MAXI-BAVAGLIO DA 9.500 QUERELE L'ANNO

matteo renzi assemblea nazionale di italia viva 2

Ilaria Proietti per "il Fatto quotidiano”

 

Tra il 2011 e il 2017 le querele contro i giornalisti sono più che raddoppiate arrivando a sfiorare quota 9500 casi all' anno e il più delle volte hanno finalità intimidatoria. Secondo la fotografia scattata da Ossigeno per l' informazione sulla base di dati Istat infatti il 70 per cento delle querele per diffamazione a mezzo stampa finiscono con l' archiviazione per irrilevanza penale, tenuità del fatto, fatto non previsto come reato, infondatezza, assenza di condizioni per procedere in giudizio.

 

giacomo caliendo

Negli ultimi sei anni censiti si nota insomma una tendenza alla querela facile cresciuta in maniera esponenziale, mentre finora sono andati tutti a vuoto i tentativi di approvare una legge che sanzioni le liti temerarie che in questo settore hanno l' effetto di mettere il bavaglio ai giornalisti.

 

Nel 2017 i giudici per le indagini preliminari hanno valutato 9479 querele per diffamazione a mezzo stampa aggravata dall' attribuzione di fatto determinato, archiviandone il 67 per cento: nel 2011 erano state 4524 con la stessa percentuale di archiviazioni.

GIACOMO CALIENDO 1

 

La stessa tendenza si ravvisa nelle condanne definitive: dalle 182 del 2014 alle 435 del 2017. Come anche per le sentenze definitive al carcere: dalle 35 (sei donne) del 2014 alle 64 (26 donne) del 2017 (in tutti i casi, con pena sospesa). Situazione identica per le condanne alla pena della multa: dalle 136 (28 donne) del 2014 alle 336 (99 donne) del 2017.

 

Sono numeri che descrivono una condizione di attacco alla professione, denuncia da tempo Ossigeno per l' informazione che sottolinea anche un altro dato che riguarda sempre le condizioni di chi opera in questo settore: un altissimo tasso di impunità in Italia per gli autori di intimidazioni, minacce e abusi contro i giornalisti e pari al 96,7% nel 2019.

 

MATTEO RENZI

Già qualche tempo fa il dossier di Ossigeno "Taci o ti querelo" ha cercato di mappare il fenomeno nel suo complesso analizzandone anche la portata economica: secondo il ministero della Giustizia nel solo 2015 i giornalisti hanno subito 911 citazioni per risarcimento con richieste danni per 45,6 milioni di euro.

 

Cosa che ha spinto l' Associazione ad attivare un servizio di assistenza legale gratuita per contrastare il rischio dell' autocensura da parte dei giornalisti sotto processo. Un servizio rivolto a freelance, che per definizione non hanno un editore pronto a proteggerli anche legalmente e i giornalisti "orfani" dell' editore, cioè che originariamente avevano un editore con il quale ripartire le responsabilità penali e civili, ma lo hanno perso, perché ha cessato l' attività, in genere a causa della grave crisi che l' editoria sta attraversando a ogni livello.

 

"Chi agisce anche nel modo più temerario non rischia assolutamente nulla nel nostro sistema penale, a meno che non gli venga contestato il reato di calunnia" si legge nel bilancio dei primi 5 anni di attività dell' Ufficio di assistenza legale gratuita di Ossigeno. "Tale forma di impunità, sebbene non sia illegale, non risulta meno odiosa e vessatoria rispetto ad altre manifestazioni di ingerenza nel libero esercizio del diritto di cronaca e di critica. Può senz' altro essere definita una forma lecita di impunità".