LE INTERCETTAZIONI CHE HANNO PORTATO AL RINVIO A GIUDIZIO DEI RENZI SENIOR: ''NON POTEVO CHIEDERE IL PREZZO CHE VOLEVO, QUELLO ERA IL PADRE DEL PREMIER''. L'IMPRENDITORE DAGOSTINO, INDAGATO CON TIZIANO E LAURA RENZI, PARLA DI REGALI E IMPOSIZIONI OTTENUTE PER ''SUDDITANZA PSICOLOGICA, PER QUESTO HO PAGATO MOLTO DI PIU'''. FAVORI E ASSUNZIONI NEL CENTRO COMMERCIALE DEL LUSSO
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1. IL SOCIO AL TELEFONO: «NON POTEVO CHIEDERE SCONTI AL PAPÀ DEL PREMIER»
Giacomo Amadori per ''la Verità''
L' imprenditore Luigi Dagostino, immobiliarista barlettano, è coindagato con Tiziano Renzi e Laura Bovoli in un' inchiesta per emissione e utilizzo di fatture false. Dagostino è l' uomo che ha costruito il centro commerciale The Mall alle porte di Rignano sull' Arno. E che con i genitori dell' ex premier ha costituito la società di eventi Party srl, poi liquidata. Dalle intercettazioni registrate dalla Procura di Firenze sul suo telefono, nel suo ufficio e a bordo della sua auto, emerge la linea difensiva: «C' è un fatto di sudditanza psicologica perché quello è il padre di Renzi. È normale non mi metto a trattare! Che cazzo me ne frega paga la Kering (la multinazionale che gestisce The Mall, ndr)».
In un' altra intercettazione la compagna di Dagostino, Ilaria Niccolai, dà il suo contributo: «La difesa dovrà essere sul discorso della sudditanza, poi ovviamente è vero che tu () ti gonfiavi quando dicevi e lo raccontavi a tutti: Renzi è venuto da me, ho venduto la macchina a Renzi, cioè capito? Per cui te gli facevi questi favori perché ammetti era il tuo ego. Cioè comunque ti piace dire: "Sto vicino a questa persona". ()
Solo ego, solo potere, solo piacere di dire: "Ero con lui, stavo con lui, ero a cena a casa sua, ero a pranzo a casa sua". Solo questo. () Perché lavori non ne hai avuti, anzi ci hai rimesso () era lui che si approfittava della condizione di sudditanza per chiederti favori assumi il nipote, fai questo, e il dietologo del figlio era il loro eee con tutti hanno utilizzato la stessa tecnica eee come si chiama questo? Abuso di potere».
Dagostino in altre conversazioni ritorna sul punto: «Renzi veniva a rompere i coglioni () mi ha dato un progetto () Io lo so benissimo che quello è un lavoro che valeva massimo 50-60.000 euro, 70 se tu me ne chiedi 130 e sei il padre del presidente del Consiglio con tutto il bene che c' era là al The Mall all' epoca! Mi posso mettere a discutere con te?
"Fammi lo sconto" () mi dice un prezzo, non mi metto lì a trattare i 10-20-30.000 euro io sono d' accordo che se quel lavoro lo facevo fare a un altro mi costava meno».
Nelle registrazioni Dagostino racconta di aver fatto la società con i Renzi per fargli fare piccole cose, gestire una ludoteca oppure l' animazione in occasione delle feste di Natale, «cioè 'ste puttanate qua». Definisce Tiziano «un coglione» perché con i finanzieri si è preso la colpa di tutto per «salvare» la moglie, che risultava l' amministratrice: «Quindi invece di condannarne uno, ne condannano due!».
A febbraio Dagostino cercava una spiegazione al fatto che l' inchiesta procedesse ancora a fari spenti: «Quelli stanno aspettando che finiscono le elezioni, () stanno aspettando perché vogliono inculare me e il padre di Renzi con la fattura () però non lo possono fare adesso perché dalla Procura generale hanno avuto ordine che qualsiasi cosa che riguarda () la magistratura ha l' ordine per non inquinare le elezioni () se viene la Procura di Firenze prima delle elezioni e ti fa un rinvio a giudizio alla mamma o al padre di Renzi, lì non perde sei punti, ne perde altri sei».
In effetti, appena passate le elezioni, Dagostino e i genitori di Renzi ricevono l' avviso di garanzia. E l' imprenditore rimarca che la storia dell' indagine era emersa già in autunno (ne scrisse La Verità), ma che qualcuno ha voluto che non deflagrasse prima del 4 marzo: «'Sta cosa è venuta fuori a fine settembre scorso, però siccome già era nell' aria il discorso delle elezioni () è normale che se tu mandi un avviso di garanzia per evasione fiscale al padre di Renzi durante le elezioni non è proprio il massimo, quindi se la sono tenuta nel cassetto, hanno visto i risultati elettorali e il giorno 6 marzo hanno mandato l' avviso di garanzia».
Uno dei collaboratori di Dagostino ha una sua teoria e prova a immaginare quello che frulli nella testa dei magistrati: «Queste sono fatture inesistenti che vanno a finanziare il figliolo () io penso che la ragione siano il babbo e la mamma () che erano consapevoli che andavano a fare una raccolta di denari per finanziare il figliolo».
In effetti qualcosa del genere deve essere passato nella mente della pm Christine von Borries. O per lo meno risulta dalla ricostruzione che ad aprile Dagostino fa del suo interrogatorio con i suoi confidenti: «"Renzi a me non mi ha giovato proprio niente!". Pm: ma lei mai finanziamenti a Renzi? "Assolutamente no, dico ce l' ho anche sulle palle"». E avrebbe aggiunto: «Se da lei viene il padre del presidente del Consiglio e gli fa un' offerta per un lavoro che invece di 120 ne vale 50, lei gli diceva: no!? Mi metto a trattare il compenso? ()». Un botta e risposta che Dagostino ha chiosato così: «Quando gli hai detto quello per lei è la fine del mondo. Perché gli permette di rinviare a giudizio quello là».
La pm avrebbe anche domandato: «Ma lei l' ha finanziato mai un partito in vita sua?». E Dagostino avrebbe ribattuto: «Mai, non ho mai lavorato con () pubbliche. Guardi che a me Renzi mi ha portato solo parecchia merda e tanti favori che ho fatto () quando uno lavora e diventa un po' al centro dell' attenzione mi sembra normale che tanta gente ti viene a cercare () se lei prende il mio telefono e andiamo sui messaggi ci stanno almeno dieci magistrati che lavorano in questo Palazzo, dove siamo noi adesso, che m' hanno chiamato per avere gli sconti al The Mall».
Dagostino, a proposito dei suoi rapporti con i Renzi, avrebbe pure annunciato di essere pronto a raccontare «la storia di tutto, non soltanto di quello di cui si è parlato oggi» e che con la sua «verità», il magistrato potrebbe scrivere un libro.
Infine l' imputato, sotto intercettazione, ha parlato pure del periodo in cui sui giornali usciva il suo nome e tutti lo chiamavano e lui ricambiava con «favori istituzionali». Ha ricordato la sua agenda piena di nomi e le cene con i giudici (a una di queste portò anche un pm che stava indagando su di lui, Antonio Savasta). E ha ribadito, riguardo a Tiziano Renzi: «Ho fatto avere più favori io a lui che lui a me ».
2. «AUTO, VISITE E LAVORI PER I PARENTI I SIGNORI RENZI SCROCCAVANO DI TUTTO»
Giacomo Amadori per la Verità
Nelle carte del processo fiorentino per emissione di fatture false, gli imputati Tiziano Renzi e Laura Bovoli vengono descritti come due postulanti che vanno in giro a chiedere favori sfruttando il nome del figlio, all' epoca presidente del Consiglio.
Nelle intercettazioni i loro ex soci, Luigi Dagostino e Ilaria Niccolai, offrono il ritratto impietoso di due provinciali che hanno vinto al Superenalotto.
Già nel processo Consip Tiziano appariva un po' traffichino, voglioso di fare il mediatore d' affari. Del resto all' epoca dello sbarco del figlio nella Capitale anche lui aveva inaugurato un piccolo ufficio di consulenza insieme al cognato Andrea Conticini (indagato per il presunto riciclaggio di fondi dell' Unicef e di altre organizzazioni umanitarie) vicino a piazza del Popolo.
Nell' agenda di Dagostino gli incontri con Tiziano e Laura fioccavano ed erano propedeutici, tra banchetti e soggiorni in resort esclusivi, agli affari. Anche perché all' epoca, per dirla con Dagostino, Renzi «era in voga». In un' intervista con La Verità si era spinto persino più in là: «Parliamoci chiaramente: era un' epoca quella dove incontravi un tale per strada, voleva stare con Renzi, è inutile che facciate finta che non fosse così () Qualcuno magari mi chiamava e diceva: "Oh sai volevo parlare, ho questa idea, ho questa cosa" Alla fine è un lobbismo, ma è un lobbismo del cazzo».
Ora sembra che qualcuno abbia deciso di presentare ai Renzi il conto tutto in una volta. La Niccolai, registrata da una microspia, ha minacciato: «Non si può parare il culo al Renzi» e Dagostino ha annunciato alla pm che con le sue future dichiarazioni potrebbe scriverci un libro. Tutti argomenti che per la compagna possono essere «una bomba esplosiva».
Ma veniamo ai favori, così come emergono nelle intercettazioni. La Niccolai fa un elenco, parlando con il suo uomo: «Si approfittava della condizione di sudditanza per chiederti favori, assumi il nipote () e il dietologo del figlio era il loro. Con tutti hanno utilizzato la stessa tecnica. Come si chiama questo? Abuso di potere». A quanto risulta alla Verità il «nipote» è il figlio di una sorella di Laura e lavora in uno dei negozi di abbigliamento dell' outlet The Mall. Il centro commerciale era stato realizzato proprio da Dagostino e ora è gestito dalla multinazionale del lusso Kering.
Il «dietologo» in realtà dovrebbe essere una lei e si tratterebbe della nota nutrizionista romana Sara Farnetti, la quale per diverso tempo ha assistito l' ex premier nella sua eterna lotta con la bilancia. La signora, che visitava il suo paziente anche a Palazzo Chigi, assiste diversi altri personaggi della Roma che conta e, secondo le nostre fonti, era la compagna di un imprenditore con cui Tiziano è riuscito a entrare in contatto e fare qualche affaruccio, in particolare nel settore delle acque minerali.
Tra i favori la Niccolai annovera anche la vendita di un' auto di lusso, di cui abbiamo parlato nei mesi scorsi, una Range Rover Sport (il cui modello base costa intorno ai 70.000 euro) acquistata dalla Eventi 6 della famiglia Renzi il 18 settembre 2015 a fronte di una fattura da 50.000 euro e rivenduta il 19 gennaio 2016 a una dipendente di una banca di credito cooperativo in rapporti con Tiziano.
In un' intercettazione Dagostino parla proprio di quell' istituto e dice che «gli chiusero i conti a seguito di un consiglio d' amministrazione» e che «ebbero paura forse perché c' ha i conti Renzi lì». Ma il vero grande favore sarebbe stata la consulenza da 195.200 euro pagata da Dagostino ai Renzi senza eccepire sul prezzo, «per sudditanza psicologica» visto che il fornitore era il padre del premier.
Parlandone con un avvocato di Milano, l' imprenditore ribadisce che i Renzi «volevano fare un centro del food e avevano fatto tutto un layout di questo immobile» e che il gruppo Kering lo starebbe «realizzando con altri soggetti». Una tesi che è stata sostenuta anche dagli avvocati degli indagati, sebbene, va detto, la multinazionale si sia costituita parte civile nel processo e dunque qualcosa non torni.
Dagostino parla del progetto anche in un' altra intercettazione, datata 14 marzo 2018, e la cosa sembra un po' meno seria: «Allora là all' epoca feci fare un progettino. Perché mi rompeva i coglioni il padre di Renzi, un progettino relativo a tutta la zona dietro diciamo, in tutto quello che volevano fare là dietro ristorante, cose, giostre». Il 19 marzo l' imprenditore ribadisce: «Renzi veniva a rompere i coglioni, allora si doveva fare questa cosa». Nelle varie chiacchierate Dagostino ripete che le aziende dei Renzi «non facevano un cazzo», se non piccole cose.
Magari attraverso la Party srl, costituita da Tiziano Renzi insieme con Dagostino e Niccolai: «Avevamo fatto questa società per fargli prendere il marketing di questo sviluppo, della ludoteca (), proposta di animatori per le feste d Natale».
Secondo l' immobiliarista le ditte dei genitori pubblicizzavano la Tramor negli alberghi e idearono una chiavetta smart (per i collegamenti Internet) da dare in regalo ai clienti dei negozi.
Per Dagostino erano comunque tutte «puttanate».
Tiziano doveva essere iperattivo in quel periodo e offriva la collaborazione di amici e conoscenti: «Mi portò tutta una serie di persone con dei progetti per fare tutta la città del food.
() In più tenettero il condominio della Mall Re per 5 o 6 mesi, faceva la moglie le riunioni all' inizio. Il condominio prima di Carassi io lo diedi a loro, gestivano, però poi vidi che non era all' altezza». Laura Bovoli ebbe l' incarico, sembra dopo un' autocandidatura, di gestire le riunioni dei negozianti dell' outlet, un ruolo da amministratrice di condominio. Un testimone di quel periodo ricorda: «Bastarono un paio di incontri per capire il carattere della Bovoli. Si doveva fare tutto quello che diceva lei perché era la mamma del presidente del Consiglio».