IO LO CONOSCO BENE – IL RACCONTO DI UN DS USCITO MALCONCIO DALLA VICINANZA CON RENZI – BARDUCCI: ''APPENA INSEDIATO IN PROVINCIA CAMBIÒ TUTTI I DIRIGENTI SENZA ALCUNA RAGIONE, COME DEL RESTO AVREBBE FATTO A PALAZZO VECCHIO E POI A PALAZZO CHIGI, PER CIRCONDARSI DI UOMINI DI FIDUCIA. PIÙ CHE RINNOVARE, DIREI CHE RENZI SOSTITUISCE'' – “LE QUERCE FANNO LE GHIANDE E LE GHIANDE LE MANGIANO I MAIALI”, QUESTA L’IDEA DI RENZI DEI DS'' - -
Marcello Mancini per “la Verità”
Il punto zero è stato quando Matteo Renzi, segretario della Margherita fiorentina, nel 2004 - in era pre Pd - si mise a sedere di fronte al rappresentante dei Ds, con il compito di proporre la candidatura del suo compagno di partito, Paolo Bambagioni, alla presidenza della Provincia, dal momento che agli alleati nell' Ulivo toccava quella a sindaco di Firenze.
Ebbene, Renzi uscì dalla riunione e il candidato presidente era diventato lui, non più Bambagioni. Tutti capirono che con la delegazione Ds aveva trattato per se stesso. Quando gli venne fatto notare, rispose che siccome era il segretario, era normale che avesse giocato per sé prima che per altri.
Sorpresi? Oggi probabilmente no. Dopo «Enrico stai sereno», nessuno osa più meravigliarsi. Questo dà la misura di quanta credibilità abbia la ruffiana riscoperta delle tradizioni Ds, così accuratamente affermata al Lingotto. Si è dimenticato, Renzi, di come ha trattato l' ala sinistra dei democratici, piegandola sistematicamente dalla sua parte. E loro, beninteso, hanno troppo docilmente lasciato fare.
Incontro il suo primo vice, nel 2004, alla presidenza della Provincia. Si chiama Andrea Barducci, ex sindaco di Sesto Fiorentino, definita Sestograd e si può capire perché, che oggi è fuori dalla mischia politica e fa il manager privato, ma è stato l' ultimo segretario metropolitano dei Ds e poi del Pd. Cioè, l' uomo più vicino a Renzi quando questi s' impossessò della sua prima poltrona istituzionale, nel palazzo della famiglia Medici, dove ha sede la provincia di Firenze. Una location premonitrice.
Gli ricordo il passo del poeta: chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Barducci, lei di lacrime, si fa per dire, deve averne versate parecchie. Si sente un po' in colpa?
«Dice che dovevamo accorgercene? Nessuno immaginava che Renzi potesse arrivare dov' è arrivato, con quei metodi spicci. Mi sento responsabile al pari di altri esponenti del partito in quegli anni: l' ex sindaco Domenici, l' ex parlamentare Michele Ventura, e potrei aggiungere una sfilza di nomi».
Potremmo definirlo masochismo consapevole, il vostro.
«Quando ero ancora sindaco di Sesto e Renzi segretario della Margherita, quindi in due partiti alleati, Matteo in un' intervista disse, riferito a noi: "Le querce fanno le ghiande, e le ghiande le mangiano i maiali". Questa era la considerazione che aveva dei Ds. Ci scontrammo, ma senza conseguenze politiche, e io fui designato per diventare il suo vicepresidente. Forse qualcuno pensò che potessi tenerlo d' occhio».
Ma non avete mai provato a frenarlo. Eravate il partito erede del Pci, con una maggioranza bulgara nella provincia di Firenze. Gli avete consentito anche le Leopolde, senza un vessillo che ricordasse la vostra storia.
«Ci trovammo accerchiati e spiazzati: appena insediato in Provincia cambiò tutti i dirigenti senza alcuna ragione, come del resto avrebbe fatto a Palazzo Vecchio e poi a Palazzo Chigi, per circondarsi di uomini di fiducia. Più che rinnovare, direi che Renzi sostituisce».
È questa la preistoria del Giglio magico?
«Il profilo di Renzi è sempre stato quello: ormai è diventato prevedibile, fa sempre le stesse cose. Lui sa che per conquistarsi uno spazio, il gruppo dirigente deve essere nominato dal capo e deve rispondere al capo».
Poco dopo aver insediato la giunta, licenziò subito due assessori, perché non erano allineati. Lei oggi crede al suo impegno, manifestato al Lingotto, di voler passare dall' io al noi?
«Renzi ha un comportamento indipendente e insofferente, la sua indole è quella di un uomo che non sa stare in squadra. Verso di me si è sempre comportato lealmente, ma con lui il confronto non è mai stato possibile. Aprì un conflitto con i Ds, fu proposta una mozione di sfiducia nei suoi confronti ma si decise di tenere in vita la legislatura. Fu una scelta politica, forse potevamo fermarlo in quel momento».
All' origine di tutto ci fu quel blitz per la candidatura alla presidenza della Provincia, ma la sua road map l' aveva già bene in testa.
«Penso di sì. Prima di decidere che la presidenza della Provincia sarebbe toccata alla Margherita, per equilibrare la conferma di Domenici a Palazzo Vecchio, noi offrimmo agli alleati candidature a sindaco nei comuni dell' alto Mugello, zona tradizionalmente bianca. E sa che cosa ci rispose, con una battuta delle sue? "Non si può essere il partito delle castagne". Che si raccolgono appunto in quel territorio».
Andò a finire come voleva lui. Stessa storia, mi pare, alle primarie per diventare sindaco nel 2009. Solo un' anticipazione di quello che accadrà dopo, contro Bersani.
«Sì, io avrei preferito almeno un impegno di voto per il centrosinistra, invece furono primarie aperte, "per non restringere il campo della partecipazione", disse. Così anche la soglia al primo turno, fu abbassata al 40%, con la scusa di evitare tecnicamente il ballottaggio».
Perché la cosiddetta base, cioè le case del popolo, che fino a una decina d' anni fa funzionavano ancora, non si rivoltarono contro un personaggio così lontano dai loro sentimenti?
«Perché il primo comandamento da seguire, qui, è sempre stato l' attaccamento e l' obbedienza al partito. Spero lo sia anche oggi».
Oggi voteranno per Renzi o per Orlando? O per Emiliano?
«Io so che alle primarie voterò per Orlando: credo che voglia davvero cambiare il Pd, di questo c' è bisogno».
Lei nel 2009 è diventato presidente della Provincia dopo Renzi, che traslocò in Palazzo Vecchio. Sia sincero: ricorda qualche fregatura?
«Disse pubblicamente che mi aveva lasciato i soldi per il recupero dell' ex convento di Sant' Orsola, un immobile molto importante nel centro storico della città e sul quale aveva puntato una parte del suo programma di governo. Non era vero. Non ho mai trovato un euro».