IO GRILLERO', TU GRILLE-RAI - DI MAIO SCONFESSA BEPPEMAO SULLA VENDITA DI DUE CANALI SU TRE: “NON E’ NEL CONTRATTO DI GOVERNO” - LUIGINO HA LE MANI LEGATE SULLA NOMINA DEI DIRETTORI: NON PUO’ ATTINGERE A PROFESSIONISTI CHE NON SIANO NEGLI ORGANICI RAI - SFUMANO LE IPOTESI DI MENTANA E TRAVAGLIO - PER IL RUOLO DI AD, IN POLE GIANMARCO MAZZI, CHE SCRIVE A DAGOSPIA E PRECISA: "NON SONO SOCIO DI LUCIO PRESTA"
-Riceviamo e pubblichiamo:
Gentile Dr. D'Agostino, in riferimento all'articolo de "La Stampa" riportato anche dal Suo sito e solo per precisione, comunico di non essere socio del sig. Lucio Presta, professionista che stimo e con il quale ho rapporti ottimi di collaborazione. Così come con altri importanti artisti e professionisti del settore televisivo, ovviamente. In realtà non ho alcun vincolo societario con chicchessia, essendo un libero professionista che attualmente ricopre il ruolo di amministratore delegato della società "Arena di Verona".
Con stima.
Gianmarco Mazzi
Fabio Martini per “la Stampa”
L'annuncio lo ha dato in modo paradossale e profetico, affacciandosi con un megafono da una finestra dell' hotel Forum di Roma: due reti della Rai vanno vendute e una terza deve vivere senza pubblicità. Lo spettacolare annuncio di Beppe Grillo è stato seguito da una scia di commenti, tra il serio e il faceto, col sindacato nazionale dei giornalisti e quello dei giornalisti Rai, che ha accusato il "guru" di aver alzato una cortina fumogena, per nascondere le future lottizzazioni.
Ma davvero Grillo vuole "coprire" gli appetiti dei suoi? Da qualche tempo, quando l' attore genovese parla, non si capisce subito dove intenda andare a parare. L' aspetto più rilevante delle sue ultime sparate - il sorteggio per i senatori e la trasformazione dell' Ilva in un parco turistico - è l' indifferenza con la quale sono state lasciate cadere dai suoi antichi "discepoli". E anche stavolta è andata così.
Per 24 ore il silenzio, poi ha detto la sua Luigi Di Maio: «Quella di Beppe Grillo era una vecchia proposta del Movimento. Per ora nel contratto di governo noi abbiamo inserito esclusivamente che la Rai non vada più lottizzata e quindi la smetteremo con persone di partito» in tutti i ruoli. Fine delle trasmissioni? Non proprio, perché il vero assillo che angustia i Cinque Stelle sulla Rai non è certo la privatizzazione, ma semmai un autentico paradosso: proprio ora che si avvicina il momento della "rivincita", in vista del ricambio alla guida delle direzioni di Rete e dei Tg Luigi Di Maio ha scoperto di trovarsi quasi disarmato.
Per effetto di una novità maturata negli ultimi mesi: dopo le "istruttorie" della Corte dei Conti e dell' Autorità anti-corruzione è maturata, di fatto, l' impossibilità di poter attingere, per il ruoli di direzione nelle Reti e nei Tg a professionisti che non siano negli organici Rai. Se i 5 Stelle avessero nel passato accarezzato l' idea di portare alla guida del Tg1 giornalisti carismatici come Enrico Mentana o come Marco Travaglio, oramai ci hanno rinunciato. Con un' aggravante, che è il vero problema: Di Maio (a differenza di Matteo Salvini) sa di non avere dentro l' azienda manager o giornalisti in grado di assumere la direzione di Reti e Tg.
Certo, per ruoli di rappresentanza non c' è il "vincolo interno" e dunque per incarichi come la presidenza della Rai i nomi graditi ai Cinque Stelle non mancano, da Milena Gabbanelli a Carlo Freccero, sino all' ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli. A parole Di Maio non fa che ripetere il suo mantra, dal «censimento dei raccomandati Rai» allo stop alle «lottizzazioni». Un approccio che il presidente della Camera Roberto Fico ha rilanciato: «Faccio un appello vigoroso a tutto l' arco parlamentare: la politica resti fuori» dalle nomine.
Le controprove sono vicine. Martedì 3 il primo assaggio: i partiti dovranno indicare i propri nomi per la Commissione parlamentare di Vigilanza, anche se la prima indicazione sulle intenzioni dei partiti di governo si avrà l' 11 luglio, quando Camera e Senato dovranno "nominare" quattro membri del Cda, dopodiché toccherà al governo indicare altri due nomi. Per 5 Stelle e Lega occasioni per dimostrare coerenza nei propositi di discontinuità, anche se la prima, vera cartina di tornasole sarà rappresentata dalla nomina dell' amministratore delegato, vero dominus aziendale dopo la riforma Renzi del 2015.
In pole position Gianmarco Mazzi, socio di Lucio Presta, più volte direttore artistico del Festival di Sanremo e Fabio Vaccarono, country director di Google. In autunno la prova del nove quando il nuovo Ad procederà alla nomina dei direttori dei Tg e dei direttori di Rete. Al riguardo Matteo Salvini è stato lapidario: «I Tg Rai sono vecchi. In queste settimane sto vedendo un' opera di disinformazione a reti quasi unificate».
Il preludio all'"occupazione", oltreché del Tg1 e del Tg2, anche del Tg3, da 30 anni "orientato" a sinistra? Per ora nulla è stato deciso. C' è una sola certezza: a fine 2018 si esaurirà il "primo tempo" dei palinsesti decisi dalla "vecchia" Rai e dai primi mesi del 2019 inizierà la campagna elettorale per le Europee 2019. La "nuova" Rai dovrà essere pronta.