ISRAELE PIANGE E I RABBINI S’ATTREZZANO - APERTA LA CORSA PER LA SUCCESSIONE A OVADIA YOSEF


Francesco Battistini per "Il Corriere della Sera"

«Una donna ebrea che accende le candele di sabato vale più di cinquanta professori d'università». Fu con frasi così che un modesto rabbino sefardita come Ovadia Yosef, nato col nome d'Abdallah nella Baghdad degli anni Venti, morto da nuovo Mosè nella Gerusalemme 2013, fu parlando così alla pancia (spesso vuota) dell'Israele povero e sefardita che il grande rabbino Yosef s'è guadagnato, lunedì, il più imponente funerale che la storia d'Israele ricordi.

ISRAELE I FUNERALI DEL RABBINO OVADIA YOSEF

L'ha pianto in strada un milione d'orfani, e il giorno dopo i segni ancora si vedono nei manifesti con la banda nera, nei talk show, sul giornale degli ultraortodossi Yom le-Yom che non ha altra notizia. L'hanno omaggiato perfino due presidenti, Shimon Peres e Abu Mazen, il primo askenazita e di sinistra, il secondo palestinese e più volte sinistramente mandato a quel paese («Ti venisse la peste e potessi sparire dalla terra!») dallo stesso Yosef. Non era solo un rabbino, Ovadia: «Era il "brand" d'un mondo, fatto di religiosi e non solo, che ha segnato gli ultimi vent'anni di questo Paese», dice l'editorialista Nahum Barnea.

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Era il padre politico e il capopopolo e il supremo giudice e l'interprete ultimo della Torah per milioni d'ebrei orientali e mediterranei - i marocchini e gli algerini, gli etiopi e gli yemeniti, gli egiziani e gl'iraniani, «la donna che accende le candele di sabato» -, il secondo Israele che dalle sue prediche aveva rialzato la testa e capito di valere almeno quanto il primo Israele dei padri fondatori e dei ricchi askenaziti, dei raffinati intellettuali europei e, appunto, dei «cinquanta professori d'università».

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Il lutto stretto durerà una settimana, il vuoto non si sa. «Uomo del Medioevo», come scrive la stampa inglese, Ovadia Yosef se ne va da feudatario che non spartisce la terra. C'è un naturale successore, il «vero» grande rabbino dei sefarditi Rav Amar, ma non è detto che la spunti perché il feudatario non lo stimava granché (e non ha posto neanche le regole per eleggerlo).

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L'eredità, più che religiosa, diventa politica. Lo Shas, il partito di destra spesso estrema che Yosef fondò trent'anni fa, ridotto al minimo e uscito dal governo dopo il voto di gennaio, è spaccato fra il carismatico Aryeh Deri che vorrebbe ridipingersi moderato e l'ex ministro Eli Yishai, quello che permetteva ai coloni d'espandersi ogni volta che il premier Netanyahu prometteva all'America di fermarsi. Poi c'è il figlio di Yosef, gran rabbino pure lui. E l'influente nipote, Yehud, che spesso aveva l'ultima parola. «Senza il suo fondatore - scrive Maariv -, lo Shas è destinato a tornare una micro cellula da quattro deputati».

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Mix di razzismo antiarabo e di realismo politico, capace di detestare Obama e di corteggiare Mubarak, d'osteggiare il ritiro da Gaza e di sconsigliare la guerra all'Iran, lo Shas è riuscito a governare sia con la destra Likud che col laburista Rabin: «Per capire dove andare, ora si scanneranno e forse si divideranno - prevede Avraham Diskin, uno dei più famosi politologi israeliani -.

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È un punto di svolta anche per il Paese, perché questo partito, sempre ago della bilancia, sembra in decadenza. I partiti askenaziti sono più forti che mai. Da quello che ho visto al funerale, sono in molti a puntare su Deri: lo si poteva notare da come gli stavano vicini, per tutta la cerimonia, quelli che contano. È così che si leggono le successioni, nel mondo dei sefarditi. Per capire il futuro, bisognerà camminare per le strade del loro quartiere di Gerusalemme, Yefe Nof. E ascoltare di nuovo le donne che accendono le candele».

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