ITALIA CON GLI OCCHI A MANDORLA - LA STRATEGIA DI PECHINO E’ PAPPARSI L’ITALIA A PICCOLI BOCCONI: PACCHETTI DI QUOTE DEL 2% IN ENI, ENEL, ANSALDO ENERGIA, TERNA E SNAM, QUASI A VOLER PASSARE INOSSERVATI - NEL MIRINO TELECOM, FIAT E PRYSMIAN


Sofia Fraschini per “il Giornale

 

MATTEO RENZI

La calata dei cinesi in Italia sembrava limitata per lo più all'energia. Ma dopo aver messo un piede in Eni, Enel, Ansaldo Energia, Terna e Snam (attraverso Cdp Reti), ora Pechino (con la Banca popolare, ma soprattutto attraverso i fondi sovrani) ha messo gli occhi anche sull'industria italiana quotata, spaziando dal settore auto (Fiat), alle telecomunicazioni (Telecom) per tornare a settori affini all'energia (Prysmian).

 

Xi Jinping

A darne ufficiale contezza sono le rilevazioni Consob di ieri, dalle quali emerge che la People's Bank of China, la Banca centrale cinese, ha quote leggermente superiori al 2% nei tre gruppi. Nel dettaglio, la presenza in Fiat (Fca) è del 2,001% per un esborso da 177 milioni; quella in Telecom del 2,081% per 310 milioni (e risale al 29 luglio) e quella in Prysmian del 2,018% vale 67 milioni di euro(28 luglio).

 

Logo \"Eni\"

Una strategia lenta e costante, quella di Pechino che - da mesi - si traduce in acquisti di pacchetti «fotocopia», tutti tra il 2% e il 2,1%, quasi a voler passare inosservati. Fatta eccezione per Generali e UnipolSai (0,2%), anche l'ingresso in Eni ed Enel (costato 2,16 miliardi) è stato dell'2,1%.

 

Enel

Ma ora, l'affondo su Piazza Affari (da inizio anno gli investimenti di Pechino in Italia hanno toccato 2,7 miliardi) sembra estendersi a macchia d'olio, e il governo cinese punta a «diversificare» i propri investimenti. D'altronde, da Mario Monti a Matteo Renzi, gli ultimi premier al governo hanno fatto di tutto per convincere i vertici di Pechino a investire in Italia. Prima sperando nell'acquisto di Btp e poi che i denari del Dragone aiutassero i piani di privatizzazione (e di cassa)del Paese.

 

TERNA

Ma come va letta la strategia cinese? «Sicuramente - spiega Claudia Segre, segretario generale di AssiomForex - le mire di Pechino sono un mix tra la ricerca di redditività (prezzi- utili)e il posizionamento geopolitico: non dobbiamo dimenticare che l'Italia è al centro del Mediterraneo, crocevia degli interessi di Africa, Medioriente ed Europa». Poi c'è tutto un discorso di qualità, e di brand. Non per altro, al di fuori di Piazza Affari, i cinesi hanno messo le mani su diversi marchi: Krizia, Cerrutti, Ferretti, e solo poche settimane fa il Pavia Calcio.

 

prysmian

«Ma va ricordato che li hanno salvati - spiega Segre - e quindi per il momento questi investimenti sull'Italia vanno letti come una risorsa e non con timore. L'Italia è in difficoltà, ha perso credibilità di fronte a molti investitori istituzionali esteri e, quindi, la presenza dei cinesi che vogliono investire qui va letta come un'opportunità. Almeno fino a quando, grazie alle politiche della Banca centrale europea, le banche italiane non saranno in una situazione migliore e si potranno ricalibrare gli investimenti interni e quelli esteri».

TELECOM c c fa a ca dd

 

Negli ultimi 16 mesi, sono state concluse in Italia acquisizioni estere per 18 miliardi di euro e 5 miliardi sono stati concentrati solo tra gennaio e aprile di quest'anno. «Certo non avrebbe guastato una golden share-power più stringente, come nella legislazione di Francia e Russia - conclude Segre - ma al momento i settori chiave sembrano, comunque, al sicuro».

 

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