IN ITALIA SONO REGISTRATI CIRCA 20.000 BUS TURISTICI, SONO FERMI DA SETTE MESI E GLI AUTISTI RICEVONO LA CASSA INTEGRAZIONE: PERCHÉ NON USARLI PER INTEGRARE IL SERVIZIO PUBBLICO DI TRASPORTO? LÀ DOVE POSSONO ESSERE FATTI CIRCOLARE, PERMETTEREBBE LA GESTIONE DEI PICCHI DI PASSEGGERI - “LA VERITÀ”: “I FONDI CI SONO. ALMENO, SAREBBERO FACILMENTE REPERIBILI. DEI CIRCA 100 MILIARDI DI DEFICIT AUTORIZZATO DAL PARLAMENTO DURANTE IL LOCKDOWN E NEI MESI DI LUGLIO E AGOSTO, SOLTANTO 77 SONO STATI UTILIZZATI”
-Claudio Antonelli per “la Verità”
Da marzo a oggi sono trascorsi sette mesi e mezzo. Il governo a fasi alterne ha applicato forti restrizioni a tutto ciò che ricade sulle spalle e sulle tasche dei privati. Dalle attività economiche fino alla libertà individuale di movimento. Al contrario, per tutti gli interventi che dovrebbero ricadere sul pubblico e dunque sul governo stesso ci si limita ad accavallare dichiarazioni contrastanti chiudendo ogni volta le singole partite applicando deroghe via via più lasche. Basta osservare ciò che è accaduto con la scuola, con le mascherine, con i sistemi di protezione e con gli investimenti diretti alla salute.
Deroghe su deroghe per coprire il fallimento giallorosso. Purtroppo lo schema non cambia nemmeno quando si va a regolamentare il trasporto pubblico. Colpisce gli italiani il fatto di non poter portare avanti la vecchia vita con le passate abitudini amicali mentre per andare e tornare dal lavoro accade di essere costretti a infilarsi in metro e bus stipati come sardine. Al momento i mezzi viaggiano a capienza ridotta e dunque tendono a saturarsi più velocemente. Così pur essendo diminuiti i flussi complessivi di traffico, i picchi restano ingestibili.
Lo scorso primo settembre si è svolta una conferenza unificata sul trasporto pubblico. Le associazioni di categoria e le Regioni hanno espressamente chiesto risorse aggiuntive per mettere su strada un maggiore numero di mezzi. È stata anche valutata l'ipotesi di noleggiare in modo flessibile i pullman turistici per evitare lo stress delle ore di punta. Il Cts si era spinto ad autorizzare una capienza del 75%, ma le Regioni chiedevano l'80.
L'Asstra, l'associazione delle aziende di Tpl, in occasione della riunione del primo settembre spiegava: «Per soddisfare una domanda attesa di mobilità pari all'85% rispetto al pre Covid, sarebbe necessario un incremento del 70% in urbano e 42% in extraurbano. Un fabbisogno che nelle ore di punta richiederebbe circa 19.400 bus aggiuntivi e 31.000 conducenti, per un costo complessivo di 1,6 miliardi». In Italia sono registrati circa 20.000 bus turistici. Sono fermi da sette mesi e gli autisti ricevono la cassa integrazione.
Reperirne il maggior numero, almeno là dove possano essere fatti circolare, permetterebbe la gestione dei picchi. La spesa in parte verrebbe recuperata tramite il costo degli autisti che almeno verrebbero pagati per lavorare e non per stare a casa. D'altra parte i fondi ci sono. Almeno, sarebbero facilmente reperibili. Dei circa 100 miliardi di deficit autorizzato dal Parlamento durante il lockdown e nei mesi di luglio e agosto, soltanto 77 sono stati utilizzati. Una dozzina sono parcheggiati in attesa dei decreti attuativi, altri sono invece in cassa e non saranno utilizzati. Il caso della cassa integrazione fa scuola.
Per il 2020 sono stati stanziati 26,6 miliardi di euro. L'ufficio parlamentare di bilancio ha calcolato che il tiraggio della cassa non è realistico. Ci sono almeno 6 miliardi di troppo, che resteranno in pancia all'Inps. Basterebbe fare un decreto e stornarne la metà da destinare al trasporto pubblico. In parte si potrebbe noleggiare, per coprire i picchi, i bus turistici e pagare gli extra autisti. E resterebbero soldi per evitare che le aziende di trasporto saltino per aria travolte dal Covid. Invece, dal primo settembre a ieri non è stato fatto nulla.
Alcune Regioni si sono mosse con piccoli contratti extra, ma senza la certezza di avere le coperture. Nel complesso - ha calcolato Asstra, l'associazione guidata da Andrea Gibelli - che con limitazioni al 50% si impedirebbe ogni giorno a 275.000 persone di beneficiare del trasporto pubblico. Il risultato sarebbe più traffico, più inquinamento senza la garanzia di ampliare gli spazi e ottemperare a tutte le garanzie anti Covid.
«Bisogna capire che è arrivato il momento di miscelare il diritto alla mobilità con le attenzioni sanitarie», spiega il presidente Andrea Gibelli, «e che i problemi del Tpl dovono essere inquadrati nel preciso perimetro dei numeri e non confusi con l'immagine che si crea durante i periodi di picco di passeggeri». In pratica, i mezzi viaggiano gran parte della giornata con capienza anche inferiore al 50%, mentre nelle città possono superare l'80% il mattino presto e all'uscita degli studenti da scuola.
«Per questo nell'incontro che si è tenuto ieri con Regioni e governo abbiamo ribadito la necessità di coordinare scuole, attività lavorative e prescrizioni sanitarie del Cts», aggiunge Gibelli, «con l'obiettivo di spalmare il più possibile i passeggeri nell'arco della giornata. Senza contare che anche con tali interventi il settore si troverebbe a dover colmare le perdite».
Il riferimento è alle stime sul 2020 e a quelle sul 2021. Il comparto, che a oggi ha ricevuto fondi per soli 900 milioni, si carica sulle spalle tutti gli oneri e avrà necessità di 2 miliardi scarsi per mantenere i bilanci in pareggio. Mentre il prossimo anno le aziende di trasporto già sanno che dovranno fare i conti con un calo stabile di viaggiatori intorno al 20%. In sostanza, è chiaro che il governo dovrà prendere atto della trasformazione storica e dovrà intervenire per tutelare la salute ma anche il diritto alla mobilità, garantendo sia le corse sia la sostenibilità economica del comparto. Ieri si è deciso che la capienza resta all'80%. Per il resto ci sono promesse e basta. Vedremo.