“JE SUIS CHAPEL HILL”: SCOPPIA LA RABBIA MUSULMANA NEGLI STATI UNITI - I MEDIA ACCUSATI DI IGNORARE LA MORTE DEI TRE STUDENTI DEL NORTH CAROLINA - ERDOGAN ATTACCA OBAMA
Francesca Paci per La Stampa
Alla fine, dopo che l’omicidio dei tre studenti musulmani di Chapel Hill è rimbalzato per giorni sul web, arriva il j’accuse del presidente turco. «Se stai muto di fronte a un incidente come questo il mondo starà poi muto verso di te» sibila Erdogan in Messico rivolgendosi indirettamente al Barack Obama.
A poco serve che nel frattempo Obama annunci l’inchiesta dell’Fbi aggiungendo che «nessuno negli Usa può essere colpito per chi è, per come appare o per chi prega»: sulla distanza crescente tra Ankara e Washington (divergenti sulla Siria, sul dialogo con l’Iran, sul nuovo regime egiziano) si abbatte l’onda anomala dell’indignazione religiosa montata in Rete nonostante nella realtà l’assassino sia agli arresti e il caso abbia invece avvicinato la comunità locale ai parenti delle vittime. ??
A nervi scoperti?«Se il killer fosse stato islamico e i morti no, il crimine sarebbe stato definito terrorismo o odio razziale» recita uno dei messaggi più rilanciati su Twitter. È un tam-tam: l’automatismo di una generazione cresciuta dopo l’11 settembre 2001 portando ingiustamente sulle spalle il peso di appartenere alla medesima «umma» di Osama bin Laden. Il risultato è un vittimismo latente che riemerge ciclicamente sotto la spinta della cronaca.?Quanti pregano con il Corano in mano senza alcuna vocazione alla jihad hanno i nervi scoperti per l’ultima ennesima strage commessa nel nome del loro stesso Dio nella redazione della rivista satirica «Charlie Hebdo».
Si sono dissociati, hanno spiegato che l’islam non c’entra, hanno omaggiato il poliziotto musulmano freddato dai fratelli Kouachi con lo slogan JeSuisAhmed (un modo per condannare il sangue senza iscriversi al partito JeSuisCharlie legittimando un po’ le vignette sul Profeta). Ma in fondo hanno pensato «ci risiamo» e hanno fatto quadrato.?
«Non metto in discussione l’unicità della Shoah, ma c’è bisogno di un Olocausto musulmano perché si parli anche della crescente minaccia anti-islamica?» domandava provocatorio un giovane egiziano di fronte ai numerosi Capi di Stato accorsi ad affiancare il presidente francese Hollande nel corteo contro il terrorismo dell’11 gennaio scorso. Si riferiva agli attacchi alle moschee seguiti alla carneficina di Charlie Hebdo. La stura a un lungamente covato razzismo? ?
«Riarmo culturale»?
L’esecuzione di Deah, Yusor e Razan, universitari modello e icona del sogno americano che dovrebbe disinnescare gli scontri di civiltà, suona come l’escalation. E i social network rispondono, iper reattivi, a poche ore dall’omicidio la Rete è già invasa di logo come MuslimLivesMatter (le vite dei musulmani contano, un riferimento all’omonimo hashtag dilagato dopo l’uccisione di due ragazzi neri da parte della polizia di Ferguson).
A valanga si diffonde la foto «ritoccata» dei potenti della terra in marcia a Parigi ma nel nome delle vittime di Chapel Hill. Accademici come Mohamad Elmasry rispolverano l’orientalismo teorizzato da Edward Said. I cartoonist disegnano impuniti cecchini bianchi. «I media oggi tacciono» accusa il coro online a cui prima ancora di Erdogan si associata l’università Al Ahzar, il Vaticano sunnita.
Il presunto assassino viene bloccato, forse è un razzista, forse un suprematista bianco, forse un pazzo, la polizia viene criticata per aver ipotizzato un disturbo mentale e su Chapel Hill si accendono i riflettori digitali. «Non rispondete al fuoco col fuoco» ammonisce Farris Barrakat, fratello di una delle vittime. Troppo ragionevole forse per la folle corsa al riarmo culturale che pare essersi spinta troppo avanti.