JOE BIDEN È RINCOGLIONITO DA ANNI, LO SAPEVANO TUTTI, MA I DEMOCRATICI SI SONO ADAGIATI SUL SUO NOME: NON L'HANNO FERMATO QUANDO ERA SAGGIO FARLO, CIOE' UN ANNO E MEZZO FA, NEL MOMENTO IN CUI IL PRESIDENTE UFFICIALIZZO' LA CANDIDATURA-BIS – DALLE CADUTE IN BICI ALLE “DIMENTICANZE” FINO ALLE STRETTE DI MANO AL VUOTO: IL DECADIMENTO PSICHICO DEL PRESIDENTE ERA SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI. I VERTICI DEL PARTITO, OBAMA IN TESTA, HANNO FATTO GLI GNORRI. E ORA, A TEMPO SCADUTO, TENTANO IL GOLPETTO PER CACCIARE “SLEEPY JOE” MINACCIANDO ADDIRITTURA DI TAGLIARGLI I FONDI (UN INSULTO PER UN BUON PRESIDENTE) - TUTTO QUESTO PER...CANDIDARE KAMALA HARRIS E PERDERE LO STESSO, ANZI PEGGIO...
Estratto dell’articolo di Simone Sabattini per il “Corriere della Sera”
L’età e la salute di Joe Biden sono state […] un problema […] da ben prima del disastroso dibattito televisivo del 27 giugno. Da talmente prima che un titolo della Cnn del settembre 2019 recitava «la corsa democratica è dominata da 70enni».
Erano tempi di primarie e almeno allora l’ex numero due della Casa Bianca era in buona compagnia (Bernie Sanders, Elizabeth Warren). Biden perse le prime tre gare, sembrava spacciato. Poi arrivarono a salvarlo i voti afroamericani della South Carolina. E Barack Obama.
Il ruolo dell’ex presidente è il secondo filo rosso che collega i prodromi di questa parabola alle ore drammatiche che il leader americano sta vivendo ora. Al tempo fu proprio Obama a convincere gli avversari a farsi da parte. Oggi tutti mettono in mano ancora a lui le forbici che possono tagliare definitivamente l’ultimo legame di Joe con il voto 2024.
[…] Nel corso della presidenza Biden ci sono stati vari momenti in cui la sua salute è tornata in primo piano: dal Covid, contratto due anni fa e di nuovo mercoledì, alle cadute in bicicletta fino a una prima conferenza stampa confusa in Vietnam lo scorso settembre.
Ma nonostante il nodo di quanto il presidente fosse fit (adatto) per altri 4 anni non abbia mai abbandonato né la stampa né gli attacchi degli avversari, nessuno di minimamente rilevante nel partito democratico si era mai azzardato a metterne in discussione la leadership: Biden non ha avuto praticamente rivali nelle primarie di questa primavera, per quanto sia in parte normale per un incumbent .
Poi è arrivato il dibattito del 27 giugno scorso, anticipato solo da una rinnovata ondata di bordate della propaganda trumpiana intorno al G7 in Puglia, con video più o meno «montati» che lo ritraevano sempre meno in forma.
Ma negli studi della Cnn non è stata tanto la micidiale frase di Trump («Non ho capito cosa abbia detto e probabilmente nemmeno lui») ad aver scoperchiato il vaso di Pandora:
sono stati la confusione nelle risposte, il tono smarrito a mandare in allarme il mondo intero e […] i più importanti commentatori americani di area democratica. A partire da Tom Friedman sul New York Times : «Joe è un brav’uomo e un bravo presidente, ma ora deve ritirarsi».
Il presidente prova a mostrarsi combattivo al vertice della Nato, dove però confonde Zelensky con Putin e Harris con Trump. Dice ripetutamente di non voler mollare la corsa. La moglie Jill, che molti vorrebbero desse una mano, è con lui. Ma in quel momento era già tornata l’ombra di Obama ad allungarsi sulle sue scelte.
L’uomo che lo scelse come vice, che gli stette vicino durante la morte dell’amatissimo figlio Beau, che gli appese al collo la Presidential Medal of Freedom, che gli prestò perfino i soldi per comprarsi la casa […] è tornato da subito in tutte le cronache come l’unico nome che sarebbe stato in grado di convincerlo al passo indietro.
I due si sono sentiti. Ma da allora sono passate quasi tre settimane in cui — come in un devastante stillicidio — prima si è «scatenata» la stampa amica. Poi i primi mugugni dei compagni di partito, a cominciare dal’influente congressman Adam Schiff.
Poi le star delle raccolte fondi come George Clooney o gli scrittori come Stephen King.
E infine lo stato maggiore del partito democratico (Nancy Pelosi, i leader del Congresso Chuck Shumer e Hakeem Jeffries), negli ultimi tre giorni in processione o aggrappati al telefono con i sondaggi in mano per pregare il presidente di guardare non solo le tabelle, ma anche la realtà. In attesa — forse — che Obama alzi di nuovo la cornetta. […]