LASCIATE CHE I PARTITINI VENGANO A ME - PER STANARE IL BANANA SULL’ITALICUM, RENZI E’ PRONTO AL DISPETTO: CONCEDERE AI PARTITINI, COME NCD E SEL, UNA SOGLIA DI SBARRAMENTO MOLTO BASSA, 3-4% - DOMANI L’INCONTRO DECISIVO CON L’EX CAV


Fabio Martini per “la Stampa

 

renzi e berlusconi 2 2

Alle nove della sera, al piano nobile di palazzo Chigi, si materializza una scena che sembrava inimmaginabile nell’universo di Matteo Renzi: le porte degli uffici presidenziali si richiudono dietro il presidente del Consiglio, pronto ad ospitare nientedimeno che un vertice di maggioranza. Espressione antica che evoca stanze fumose, tempi dilatati, roba da Prima Repubblica.

 

Riti che Matteo Renzi ha dimostrato di voler ripudiare, a parole ma anche nei fatti. Ma se ieri sera ha consentito a rinverdire l’antica usanza - e nessuno glielo chiedeva - è perché il gioco valeva la candela: stavolta Renzi aveva bisogno di dimostrare a Silvio Berlusconi, ancora il suo interlocutore preferito, che esiste anche una maggioranza di governo. Pronta, se servisse, ad approvarsi una legge elettorale per conto proprio. Un altro escamotage renziano per provare a stanare il tentennante Cavaliere di questi giorni, alle prese con un fenomeno senza precedenti: la perdita del controllo sui propri Gruppi parlamentari.

renzi berlusconi

 

Ma poi, dentro la riunione, una volta ancora Renzi ha spiazzato di nuovo tutti, con l’ennesimo colpo di scena, proponendo ai “partitini” della sua maggioranza un patto fino al 2018 e «lo mettiamo per iscritto», ha testualmente detto il presidente del Consiglio. Un annuncio a sorpresa che è servito a tranquillizzare e a cementare leader e partiti della sua maggioranza, da mesi terrorizzati dalla prospettiva di uno scioglimento anticipato delle Camere. Ma Renzi fortissimamente vuole tener vivo il patto del Nazareno con Silvio Berlusconi: ecco perché domani il presidente del Consiglio incontrerà di nuovo il Cavaliere.

 

E lo incontrerà poche ore prima di riunire la direzione del Pd, chiamata a ratificare il nuovo testo di riforma elettorale, ma soprattutto la novità emersa in queste ore: il nuovo patto allargato che terrà assieme la maggioranza di governo e Forza Italia. Un patto che nelle intenzioni di Renzi, è destinato a blindare la riforma elettorale, che tanto gli sta a cuore e di affrontare con confortanti numeri di partenza la madre di tutte le battaglie: quella per il Qurinale.

 

Renzi, in queste ore, ha “pensato” a tutti: si è preso cura delle ansie dei “partitini”, tante volte criminalizzati per il loro potere di veto e si è accordato con loro per una soglia di sbarramento per entrare in Parlamento che - dopo la trattativa con Berlusconi - finirà per fermarsi al 4%.

angelino alfano

 

Ma si è preso cura anche delle ansie del Cavaliere, mai così in difficoltà nei suoi gruppi parlamentari: a Berlusconi, Renzi darà in pegno il documento che vincola il governo fino al 2018, ma soprattutto una riforma elettorale che, per una serie di ragioni obiettive, non potrà essere approvata che nella prossima primavera

 

Prima del vertice, Renzi aveva sondato amici e oppositori per presentarsi con una proposta buona per tutti, una sorta di patto di sindacato dei cosiddetti partitini. Era stata sondata anche Sel con una domanda su tutte: a voi una soglia elettorale al 4% per le liste non coalizzate va bene o no? Insomma, una ricognizione per favorire una posizione comune dei “partitini”, gli stessi che fino a ieri proprio Renzi demonizzava come il male assoluto, in quanto artefici di ricatti paralizzanti.

 

NICHI VENDOLA

Nel corso delle ore la mission di Renzi è diventata via via più chiara. Scandita in tre passaggi. Ieri sera via libera dai partitini della sua maggioranza, domani semaforo verde da Berlusconi e dalla direzione del Pd: presupposti per avviare la discussione della legge elettorale in Commissione al Senato.

 

Ma ben sapendo che per l’approvazione finale bisognerà attendere i primi mesi del 2015. Per effetto di due “ostacoli” insormontabili. Il primo è rappresentato dalla nuova lettura da parte della Camera. Il seocndo: se davvero Napolitano dovesse dimettersi nei primi giorni del 2015, a quel punto l’attività parlamentare (come sempre) si fermerebbe per alcune settimane. Facendo inevitabilmente slittare l’approvazione del testo finale della nuova legge elettorale.

napolitano trono