“L'EUROPA RISCHIA DI DIVENTARE IL VASO DI COCCIO FRA CINA E STATI UNITI” – L'AD DI PIRELLI TRONCHETTI PROVERA: “LA NATO HA ALLARGATO I SUOI CONFINI SEGUENDO LA VISIONE STRATEGICA AMERICANA. GLI STATI UNITI HANNO PRESO A CONSIDERARE LA RUSSIA COME UNA FASTIDIOSA POTENZA REGIONALE, AUSPICANDO DI ROVESCIARE PUTIN CON LE SANZIONI. È STATO UN ERRORE DI VALUTAZIONE” – L’ATTACCO ALLE ISTITUZIONE EUROPEE: “SONO ELETTE IN MODO CHE ACCONTENTINO TUTTI E DISTURBINO IL MENO POSSIBILE. A BRUXELLES SERVE UNA LEADERSHIP FORTE”
-Estratto dell’articolo di Francesco Bertolino per “la Stampa”
Il Pnrr è un treno da non mancare, sostiene Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato di Pirelli. Ne va del futuro non solo dell’Italia, ma anche dell’Europa che nel piano può trovare lo slancio necessario a diventare un attore economico e politico sullo scenario internazionale, ritagliandosi un ruolo autonomo anche nella guerra in Ucraina.
Altrimenti, il sempre più Vecchio Continente rischia «di diventare il vaso di coccio fra Cina e Stati Uniti», avverte il manager, intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, al Festival dell'Economia di Trento. […]
Anche il governo Meloni ha questa voglia di fare?
«È presto per giudicare. Si deve dare atto a Meloni di metterci l’impegno: non ha commesso errori a livello internazionale, ha carisma e alcuni ministri di indubbia qualità. Il suo predecessore Draghi ha costruito la cornice per il rilancio, ora va riempita di contenuti».
Nell’attuazione del Pnrr siamo però in grave ritardo. Non rischiamo di perdere il treno?
«Il passaggio è delicato. Noi abbiamo preso più soldi e quindi siamo messi peggio nei numeri assoluti, ma anche altri Paesi hanno problemi. […] Ne va anche del futuro dell’Europa.
Perché?
«Il Pnrr deve diventare un moto vitale per rilanciare l’Europa, dove si è fermato l’ascensore sociale. Se l’economia non cresce, l’invecchiamento demografico intaccherà la struttura di welfare. Questo deve essere l’obiettivo di Bruxelles, che è spesso più incline a fare regole che progetti: serve invece un debito comune, una visione unitaria e soprattutto una leadership europea».
Non la vede a Bruxelles?
«Manca la volontà di averla. I vertici europei sono eletti in modo che accontentino tutti e disturbino il meno possibile il Consiglio dei capi di Stato e di governo dove si prendono le decisioni. Serve invece un nucleo centrale forte e capace di stabilire le linee di politica economica ed estera, sedendosi al tavolo con gli Stati Uniti e la Cina. Altrimenti, la marginalizzazione dell’Europa diventa un rischio anche per la tenuta del sistema democratico».
Coglie segni di questa debolezza europea nella gestione della guerra in Ucraina?
«Dal 2014, sotto la presidenza di Obama, gli Stati Uniti hanno preso a considerare la Russia come una fastidiosa potenza regionale, auspicando di rovesciare Putin con le sanzioni. È stato un errore di valutazione che nessun europeo avrebbe compiuto, ma l’Europa è stata inesistente per otto anni, al traino americano». […]
Papa Francesco ha detto che la Nato è andata ad abbaiare ai confini russi. Condivide?
«La Nato ha allargato i suoi confini seguendo la visione strategia degli Stati Uniti che, sotto la presidenza di Trump, miravano esplicitamente a un cambio di regime in Cina.
La Russia era considerata solo un ostacolo nel progetto, mentre per l’Europa è un prezioso cuscinetto che ci separa da una Cina sempre più assertiva in politica estera. Ora la situazione, esasperata dall’atto criminale di Putin, è ingestibile».
Quando si potrà dire che la guerra in Ucraina è vinta?
«Putin ha già perso: l’azione speciale doveva concludersi in un mese con la rimozione di Zelensky e la resa dell’esercito ucraino. Non è andata così e oggi la Russia fa i conti con le conseguenze delle sanzioni e con un disastro economico perché, a differenza degli Stati Uniti, non produce ricchezza con gli armamenti. Putin è quindi debole e bisogna approfittarne per avviare un dialogo Esasperare la partita con un perdente che ha migliaia di testate atomiche è rischioso».
Dove passano le merci non passano gli eserciti, si diceva. La guerra ha distrutto la base geopolitica della globalizzazione: si rischia un disaccoppiamento fra l’economia occidentale e quella cinese?
[…] Oggi la Cina di Xi ha incrementato il controllo sociale all’insegna della “comune prosperità” ed è diventato un operatore geopolitico attivo in Asia e in Africa. Ciò ha creato preoccupazione negli Stati Uniti, che hanno a loro volta assunto un atteggiamento più assertivo». […]