“ANNI E ANNI DELLA NOSTRA VITA SONO STATI DISTRUTTI, MA OGGI CI SIAMO” - DOPO TREDICI ANNI, NEL GIRO DI POCHI GIORNI È STATA FATTA FINALMENTE GIUSTIZIA PER LA MORTE DI STEFANO CUCCHI -  LUNEDÌ SONO STATI CONDANNATI I DUE CARABINIERI CHE LO HANNO UCCISO DI BOTTE E IERI GLI OTTO MILITARI CHE HANNO MESSO IN MOTO LA MACCHINA DEI DEPISTAGGI - LA SORELLA ILARIA: “SONO SOTTO CHOC. NON CREDEVO SAREBBE MAI ARRIVATO QUESTO GIORNO” - I DOCUMENTI MODIFICATI AD ARTE, LA DEPOSIZIONE DELL’IMMIGRATO AFRICANO E LA TENACIA DELLA FAMIGLIA

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1 - CUCCHI IL DEPISTAGGIO DELLA VERGOGNA

Grazia Longo per “la Stampa”

 

ILARIA CUCCHI FABIO ANSELMO

Non solo Stefano Cucchi è morto per le botte di due carabinieri, condannati lunedì scorso in via definitiva a 12 anni per omicidio preterintenzionale, ma la verità ha tardato ad emergere perché altri 8 carabinieri hanno messo in moto una macchina di depistaggi.

 

Lo ha stabilito ieri, dopo 6 ore di camera di consiglio, il giudice monocratico Roberto Nespeca che ha condannato tutti e 8 gli imputati della catena di comando dell'Arma, accusati a vario titolo di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia. Le pene vanno da 1 anno e 9 mesi a 5 anni. Si attenua così il calvario della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, che ammette: «Sono sotto shock. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono stati distrutti, ma oggi ci siamo. E le persone che ne sono state la causa, i responsabili, sono state condannate».

CUCCHI

 

E ancora: «Oggi è un giorno importante, ancora più importante di lunedì: perché un istante dopo la morte di mio fratello si metteva in piedi la macchina dei depistaggi che è costata alla nostra vita anni e anni di processi a vuoto, che ha scritto nero su bianco le sorti del nostro processo, il primo, quello sbagliato. E direi anche le sorti della nostra vita, facendo in modo che entrambi i miei genitori si ammalassero gravemente per tutta quella sofferenza inflitta in maniera brutale».

 

Il pestaggio di Stefano Cucchi avvenne la notte del 15 ottobre 2009, in caserma dopo l'arresto per detenzione di 21 grammi di hashish, la morte subentrò 7 giorni dopo all'ospedale Sandro Pertini. E, al di là delle responsabilità per le botte, il pm Giovanni Musarò ha ricostruito quelle del depistaggio.

stefano cucchi

 

Ora il generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, è stato condannato a 5 anni, contro i 7 chiesti dalla procura. Quattro anni per Francesco Cavallo, all'epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma. Per lui l'accusa aveva sollecitato una pena di cinque anni e mezzo.

 

Per Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro, il giudice ha disposto una condanna a 4 anni, il pm Musarò puntava invece a 5 anni. Stessa pena chiesta per il carabiniere Luca De Ciani, condannato invece a 2 anni e 6 mesi. Per Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, il giudice ha disposto la pena a 1 anno e 9 mesi, a fronte di una richiesta di condanna per quattro anni. Condannato a 1 anno e 3 mesi il carabiniere Francesco Di Sano, per lui erano stati chiesti 3 anni e 3 mesi.

ALESSANDRO CASARSA

 

Per Lorenzo Sabatino, allora comandante del reparto operativo dei carabinieri di Roma, è stata decisa una condanna di 1 anno e 3 mesi, contro i 3 sollecitati. Pena di 1 anno e 9 mesi per Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza. Per quest' ultimo il pm aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e una pena di 1 anno e 1 mese. L'avvocato e compagno di Ilaria Cucchi, Fabio Anselmo, chiosa: «È stato confermato che l'anima nera del caso è il generale Casarsa».

 

Il corpo di Stefano Cucchi

Sulla vicenda interviene anche il Comando generale dei carabinieri: «La sentenza per gli otto militari riacuisce il profondo dolore dell'Arma per la perdita di una giovane vita. Ai familiari rinnoviamo ancora una volta tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai Valori e dai principi dell'Arma. Ribadiamo il fermo e assoluto impegno ad agire sempre con rigore e trasparenza».

 

2 - UNO SLALOM TRA FALSI E PROVE NASCOSTE COME NEI GRANDI MISTERI D'ITALIA

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

ILARIA CUCCHI PRIMA DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Dopo quasi tredici anni, il bilancio giudiziario sulla morte di Stefano Cucchi conta tre assoluzioni definitive per gli agenti di custodia mandati alla sbarra nel primo processo; un'assoluzione e quattro prescrizioni (frutto di annullamenti e rinvii) per i medici e gli infermieri; due condanne definitive di altrettanti carabinieri responsabili del «violentissimo pestaggio» e altre due per falso da rivedere in un nuovo appello; otto condanne in primo grado pronunciate ieri dei militari dell'Arma (tra cui alcuni alti ufficiali) imputati per i depistaggi che hanno accompagnato tutte le indagini svolte dal 2009 in avanti.

 

Un cammino lunghissimo e accidentato, tipico dei grandi misteri d'Italia; sentire parlare di Cucchi 1, bis e ter fa pensare ai processi Moro 1, bis e ter , a quelli sulla strage di Bologna (l'altroieri s' è chiuso in primo grado il quater ) o sulla morte di Paolo Borsellino.

ALESSANDRO CASARSA

Proprio con la strage di via D'Amelio emerge l'ulteriore, inquietante analogia di giudizi durati anni contro persone innocenti: a Palermo si videro infliggere l'ergastolo scontando lunghissime reclusioni, a Roma almeno sono stati sempre assolti.

 

Ma resta scolpita la definizione del «Cucchi uno» data dal pubblico ministero del bis e ter Giovanni Musarò: «Un processo kafkiano con i testimoni sul banco degli imputati e gli imputati sul banco dei testimoni».

 

Persino la deposizione dell'immigrato africano che riferì di aver ascoltato le percosse inflitte dagli agenti penitenziari evoca i falsi pentimenti che hanno inquinato indagini e sentenze sul delitto Borsellino.

 

poliziotto del caso di giuseppe uva pubblicata da lucia

A questo erano giunti i depistaggi sanzionati con il verdetto di ieri: una falsa verità costruita a tavolino attraverso documenti modificati ad arte, cancellati, spariti o negati, che ha resistito finché la tenacia di una famiglia mai arresa e tecniche investigative degne delle più complicate inchieste antimafia adottate da una Procura determinata a riaprire un caso di fatto archiviato, hanno smascherato l'imbroglio.

 

LA STRETTA DI MANO TRA FRANCESCO TEDESCO E ILARIA CUCCHI

Arrivato fino in Parlamento, dove un ministro è stato indotto a riferire le stesse bugie. Tutto questo - ha sostenuto l'accusa - per un meccanismo di autoprotezione scattato all'interno dell'articolazione romana dei carabinieri, con lo scopo di evitare che le ombre sulla morte di Cucchi coinvolgessero una struttura già provata in quei giorni da altre vicende poco commendevoli.

 

Tuttavia le condanne (di imputati che continuano a proclamarsi innocenti, e tali vanno considerati in attesa dei prossimi giudizi) non coinvolgono l'Arma nel suo insieme. Che anzi nel processo s' è costituta parte civile, chiedendo - tramite l'Avvocatura dello Stato - la condanna dei militari imputati, dopo che altri carabinieri avevano collaborato e contribuito alla nuova indagine. Si tratta di precisazioni e segnali importanti.

 

le dichiarazioni dei politici contro stefano cucchi

Così com' è importante che sulla sorte di un anonimo spacciatore morto mentre era in custodia dello Stato sia stata fatta giustizia (per alcuni versi definitiva, per altri ancora parziale e suscettibile di revisione), con uno sforzo solitamente riservato a casi più importanti ed emblematici, entrati nella storia del Paese. Ora ne fa parte, a pieno titolo, anche il «caso Cucchi», non fosse che per il raggiungimento di questo faticoso e inaspettato traguardo.

RICCARDO CASAMASSIMA
COPERTINA DI LEGGO CON ILARIA CUCCHI
ILARIA CUCCHI SU CHI
ILARIA CUCCHI CON IL SUO AVVOCATO FABIO ANSELMO