“AVENDO TROVATO UNO CHE SI CHIAMA DAMILANO A TORINO, SERVE TROVARE UNO CHE SI CHIAMI DATORINO PER MILANO...” – LA BATTUTA DI BERLUSCONI E LO STALLO DEL CENTRODESTRA SU PALAZZO MARINO DOPO LA RINUNCIA DI DI MONTIGNY – BEPPE SALA PROVOCA: "SALVINI CANDIDATO CONTRO DI ME POTREBBE ESSERE UNA SOLUZIONE" - SI LAVORA A UN TICKET LUPI-ALBERTINI. MA C’E’ DA SUPERARE UN VETO…
-Giorgio Gandola per "la Verità"
«Oggi non è mai oggi». Nella ricerca del candidato fantasma galleggia un certo fatalismo che non ha niente a che vedere con Milano. Un grande vecchio della politica lombarda («per favore niente nomi, fa troppo caldo per ricevere telefonate risentite») ripete lo slogan levantino con amarezza - oggi non è mai oggi -, come a dire che l' attendismo snerva e il tempo sta per scadere. Questa ricerca estenua il centrodestra, fa stridere il sartiame del vascello, evidenzia mal di pancia che agitano i sonni al di là delle frasi di prammatica.
L' ultima rinuncia è quella di Oscar Di Montigny (nessuno era convinto sul suo nome, solo lui); l' ultimo pronunciamento è quello di Matteo Salvini, che avverte la pressione e la scarica in positivo: «Ripagherò la fiducia dei milanesi offrendo in tempi rapidi non solo un sindaco ma una squadra vincente per la città, in grado di rilanciare nel nome dell' innovazione, dell' efficienza, del lavoro, della sicurezza e della bellezza una delle città più dinamiche del mondo, frenata ormai da troppi mesi da continui litigi, rinvii e ritardi di una sinistra che ha perso idee, voglia e spinta propulsiva».
In realtà ritardi e rinvii abitano soprattutto nel campo conservatore (Giuseppe Sala è in pista da Sant' Ambrogio 2020). Ieri è stato proprio il sindaco uscente a rilanciare uno scenario suggestivo, facendo sua una proposta di Roberto Rasia dal Polo su Facebook: «Salvini candidato contro di me potrebbe essere una soluzione, sarebbe un grande confronto politico di idee sulla città». Lo stallo è evidente e il primo a cogliere il lato imbarazzante della faccenda è Silvio Berlusconi che alla presentazione del candidato per Torino prova a buttarla sul ridere.
«Vi siete chiesti il perché dell' incertezza? Avendo trovato uno che si chiama Damilano a Torino, adesso serve trovare uno che si chiami Datorino per la città di Milano. Ancora non lo abbiamo trovato, continuiamo a cercare». Il Cavaliere è irritato perché proprio oggi Forza Italia lancia la campagna elettorale dal titolo «Milano ci siamo» con una convention al palazzo delle Stelline (ci saranno Antonio Tajani, Mariastella Gelmini, Licia Ronzulli), ma senza il candidato.
La beffa sta anche nei sondaggi: tutti danno il fantasma senza nome alla pari con Sala prima di cominciare. L' ambientalismo di facciata, le piste ciclabili senza senso, la scomparsa dei parcheggi, la politica degli annunci hanno infastidito gente concreta come i milanesi. Dal Covid in poi il Vanity sindaco le ha sbagliate tutte; oggi categorie professionali, commercianti, cittadini delle periferie, abitanti dei quartieri massacrati dai cantieri infiniti e perfino elettori di centrosinistra vorrebbero mandarlo a casa. Così l' indecisionismo nel centrodestra diventa un peccato mortale.
Poiché Salvini non è riuscito a trovare una figura preminente della società civile disposta a scendere in campo (oggi fare il sindaco significa mettere in cantiere avvisi di garanzia, crollo del fatturato personale, sberleffi assortiti) il nome chiave si chiama Maurizio Lupi. Ex ministro, ex assessore, milanese di periferia (quartiere degli Olmi, Baggio, niente a che vedere con gli avatar in monopattino del centro storico), il presidente di Noi con l' Italia va benissimo a Berlusconi, meno agli alleati come figura di riferimento.
Dopo il no di Gabriele Albertini, sul quale puntava il leader della Lega, gli spigoli sono stati smussati, oggi il ticket Lupi-Albertini verrebbe considerato vincente. Ma c' è un problema grande come l' Everest: il veto di Albertini, disposto a correre come vice di tanti ma non di Lupi. L' ex sindaco è convinto che ai tempi del governo di Enrico Letta sia stato proprio il concittadino - allora ai vertici dell' Ncd di Angelino Alfano - a impedirgli di diventare ministro.
Così si convince Albertini (operazione d' una difficoltà omerica) o si torna al punto di partenza, quindi ad Annarosa Racca, presidente di Federfarma. A meno che non spunti un nuovo candidato misterioso da condividere o impallinare.
Con un rischio sintetizzato da una frase che percorre i corridoi che contano: «A questo punto corriamo da soli». La notizia che Sala attende per brindare in anticipo.