“BIG MONEY” FA I CONTI SENZA GLI ELETTORI – L’ECONOMISTA PAUL KRUGMAN SPIEGA PERCHÉ PER I GRANDI FINANZIATORI REPUBBLICANI NON C’È ALTERNATIVA A NIKKI HALEY, UN'IDEA CHE POTREBBE ESSERE VANA: “I GRANDI PATRIMONI NON VOGLIONO CHE I POLITICI SIANO VERI ESTREMISTI. QUALSIASI OSSERVATORE AVREBBE POTUTO DIRE AI GRANDI BANCHIERI CHE UN PARTITO REPUBBLICANO TRUMPIANIZZATO NON CANDIDERÀ MAI NESSUNO IN GRADO DI FARLI STARE TRANQUILLI…”
-Articolo di Paul Krugman per il “New York Times”, pubblicato da “La Stampa”
Traduzione di Anna Bissanti
Tutto quello che Wall Street desidera è un ipocrita, un ipocrita vero, qualcuno che possa convincere la base repubblicana di condividerne l'estremismo, ma la cui priorità effettiva sia l'arricchimento dell'uno per cento. È chiedere troppo? A quanto sembra, sì. Se non siete appassionati di politica, potreste trovare sconcertante il teatrino che circonda Nikki Haley, l'ex governatrice della Carolina del Sud. Fino a tempi recenti, pochi l'avrebbero presa davvero in considerazione come candidata di spessore per la nomination repubblicana alla presidenza e […] senza dubbio non lo è ancora adesso.
[…] Verso la fine dell'anno scorso, però, all'improvviso Nikki Haley ha ottenuto un apprezzabile imprimatur da parte di "Big Money". Tra coloro che la appoggiano ci sono Jamie Dimon, a capo di JPMorgan Chase, un nuovo comitato di azione politica orientato al business, Independents Moving the Needle, e il Koch political network.
Se questa sterzata vi sembra temeraria, sappiate che lo è. E lo è a maggior ragione dopo il recente contrattempo di Nikki Haley, inciampata sulla Guerra civile americana: prima non ha menzionato la schiavitù tra le cause più importanti della guerra, poi ha cercato in modo goffo di ritrattare la sua omissione.
Dietro a questo teatrino, però, c'è qualcosa di logico. Quella a cui stiamo assistendo è l'agonia di una strategia politica che per parecchi decenni è tornata utile egregiamente ai plutocrati americani, ma che ha smesso di funzionare durante gli anni dell'Amministrazione Obama.
Thomas Frank ha descritto molto bene questa strategia politica nella sua diatriba "What's the Matter With Kansas?", che attirò le critiche di alcuni politologi e ciò nonostante sembrò cogliere una nuova dinamica politica fondamentale: i facoltosi donatori politici, che desideravano politiche molto impopolari – in particolare, prelievi fiscali minori sui grandi guadagni – in linea generale riuscivano a fare in modo che fossero varate appoggiando i politici capaci di conquistare i favori degli elettori bianchi della classe lavoratrice appellandosi al loro conservatorismo sociale, per poi dedicare le loro energie effettive a politiche economiche di destra. Così, nel 2004, i repubblicani in parte mobilitarono gli elettori più conservatori sul piano sociale organizzando referendum per mettere al bando i matrimoni tra gay.
Poi, dopo essersi aggiudicato la rielezione grazie a tematiche sociali e alla percezione di essere forte per quello che concerneva la sicurezza nazionale, il presidente George W. Bush procedette come se avesse avuto il mandato di privatizzare la Social Security. (No, non l'aveva.)
Non sempre questa strategia ha riscosso successo, ma per molto tempo ha funzionato abbastanza bene, fino a quando l'establishment del Gop ha perso il controllo della base, che voleva al governo veri estremisti e non politici amici delle imprese […]. Se dovessi indicare il momento preciso in cui tutto è andato a scatafascio, mi focalizzerei su un evento perlopiù dimenticato: la sconcertante sconfitta alle primarie del giugno 2014 di Eric Cantor a opera di uno sconosciuto sfidante del Tea Party.
Cantor, leader della maggioranza della Camera, era integrato in profondità nell'ideologia economica conservatrice, al punto che una volta ha voluto celebrare la Festa dei Lavoratori, il Labor Day, festeggiando gli imprenditori.
Prendendolo a calci, gli elettori delle primarie repubblicane di fatto fecero capire di non fidarsi più di quel tipo di personaggio. Poi, naturalmente, l'establishment amico dell'uno per cento si è dimostrato incapace di fermare l'ascesa di Donald Trump che […] in fatto di estremismo fa proprio sul serio. Nondimeno, più che una causa del decadimento dei repubblicani, Trump ne è stato una conseguenza.
All'inizio del 2023, però, i grandi patrimoni hanno pensato di aver trovato un modo per risuscitare la vecchia strategia. In particolare, Wall Street ha creduto di aver trovato il suo prossimo George W. Bush nella persona di Ron DeSantis, il governatore della Florida che si supponeva dovesse fare colpo come Trump sulla base repubblicana, mentre in realtà è perlopiù un difensore dei privilegi delle élite.
I dati relativi ai contributi alla campagna elettorale rivelano come tutta Wall Street abbia scelto DeSantis. Anche se al momento la sua campagna è in caduta libera, in questo ciclo elettorale il settore finanziario gli ha dato più di quanto abbia mai dato a chiunque altro, presidente Biden incluso.
Peccato che sia tutto denaro sprecato. In parte, il problema è che DeSantis si è rivelato un pessimo politico: all'inizio del 2023, i mercati delle scommesse lo consideravano lo sfidante favorito del partito repubblicano. Oggi è alle sue ultime battute.
[…] Perdipiù, quando ha interpretato un estremista culturale e sociale, DeSantis non stava affatto recitando. Chi mai si lancerebbe in una battaglia senza contropartita con la Disney? Chi mai si lancerebbe in una crociata personale contro il ministero della sanità per i vaccini anti-Covid?
Ecco spiegata la sterzata dell'ultimo minuto a favore di Nikki Haley. La sua gaffe sulla schiavitù, però, rivela per quale motivo questa sterzata avrà scarsissime possibilità di successo. In pratica, Nikki Haley è uscita dai binari perché ha cercato di evitare di inimicarsi la base del Gop, che disapprova tutto ciò che allude anche solo lontanamente al liberalismo socialista.
Un politico che ammette che la schiavitù ha scatenato la Guerra civile, o che il cambiamento del clima è una minaccia reale, o che i vaccini anti-Covid sono sicuri, potrebbe essere considerato un tantino… Beh, lo sapete: sarebbe considerato woke. Ma i grandi patrimoni non vogliono che i politici siano veri estremisti.
Nikki Haley non è riuscita a camminare su quel filo del rasoio. Probabilmente, non ci riuscirebbe nessuno. A colpirmi, in particolare, è l'ottusità politica di Big Money. Qualsiasi osservatore mediamente ben informato avrebbe potuto dire ai grandi banchieri che un partito repubblicano "Magaficato" (da Maga, "Make America Great Again", lo slogan di Trump, ndr) non candiderà mai nessuno in grado di farli stare tranquilli.
Un giorno, forse, ci sarà una persona raziocinante che tornerà ad avere un ruolo importante all'interno del Gop. Quel giorno, però, è ancora molto lontano e così sarà per parecchi cicli elettorali. Per il momento, la razionalità ha un ben noto pregiudizio democratico, e offrire soldi a Nikki Haley non cambierà le cose.