“BISOGNA FARE LE COSE E NON SOLO STARE SUI GIORNALI” - SALVINI E LA TRENTA SIGLANO LA PACE CON UNA TELEFONATA DOPO GLI SCAZZI SULLE NAVI MILITARI CHE TRASPORTANO MIGRANTI - IL COMPROMESSO TRA DIFESA E VIMINALE SERVE ANCHE AD EVITARE LO SCONTRO CON LA UE
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Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Al vertice europeo di Innsbruck che comincia domani non si parlerà della missione militare «Sophia». La decisione arriva al termine di una lunga telefonata tra il ministro dell' Interno Matteo Salvini e quella della Difesa Elisabetta Trenta. E segna la tregua tra i due dopo lo scontro di domenica quando Salvini aveva annunciato di voler vietare l' ingresso nei porti «non solo alle Ong ma anche alle navi militari che trasportano migranti» e Trenta aveva sottolineato che la competenza è del suo dicastero.
E dopo lo stop giunto ieri mattina da Bruxelles con la portavoce della Commissione europea per la Migrazione, Natasha Bertaud, che sottolinea come non sia la riunione informale fissata in Austria la sede per mettere in discussione l' operazione nel Mediterraneo. Ma anche perché il rischio forte rispetto a uno scontro con Bruxelles è proprio quello di perdere il comando che invece l' Italia era riuscita a conquistare tre anni fa, ottenendo così un ruolo strategico per il controllo dei flussi migratori e degli altri traffici illeciti.
Il colloquio tra i due ministri avviene in mattinata, mentre il titolare degli Esteri Enzo Moavero Milanesi incontra l' inviato dell' Onu in Libia Ghassan Salamé e poi ribadisce la volontà di «rimanere dentro gli impegni internazionali». Una posizione che evidentemente serve a fare da sponda a Trenta. Non a caso la ministra sottolinea a Salvini la necessità «di fare le cose, anziché limitarsi a dire, stando sempre sui giornali».
Ma soprattutto evidenzia come sia indispensabile «concordare una strategia su questioni così delicate per rimanere al centro della scena internazionale», pur condividendo la scelta di non concedere sempre l'autorizzazione agli sbarchi dei migranti nei porti italiani.
Una linea che lo stesso Salvini alla fine è costretto a condividere. Non a caso i suoi collaboratori più stretti negano che la sua dichiarazione all'uscita dalla riunione di Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l'altro vicepremier Luigi Di Maio sul fatto che «il governo ha una sola voce» fosse una critica alla ministra Trenta. Si parla di «semplici incomprensioni», viene assicurato che il «caso è chiuso».
Se davvero questo è l'esito dello scontro, si vedrà nei prossimi giorni. Certamente rimane la preoccupazione, soprattutto tra i militari, che sortite di questo genere possano alla fine indebolire il nostro Paese rispetto ai partner europei. La missione «Sophia» non ha come compito primario quello dei salvataggi in mare, ma le navi devono intervenire in caso di emergenza.
Non è previsto che lo sbarco avvenga in Italia, ma se nessun porto è disponibile, chi ha il coordinamento delle operazioni e il comando della missione deve concedere l'attracco anche per non incorrere nelle sanzioni penali e nella violazione dei trattati. Si tratta di regole di ingaggio che potranno essere riviste, ma tutto è rinviato all' autunno quando la missione - che scade il 31 dicembre 2018 - dovrà comunque essere comunque discussa nuovamente.
Più urgenti sono le questioni sui ricollocamenti e sul potenziamento delle frontiere esterne e di questo si parlerà durante il Consiglio dei ministri dell' Interno che comincia domani a Innsbruck. Salvini vedrà il collega tedesco Horst Seehofer in un incontro bilaterale e poi entrambi avranno un ulteriore colloquio con quello austriaco Heinz-Christian Strache. L'obiettivo è marcare la linea dura del nostro Paese rispetto all' arrivo di migranti irregolari via mare e via terra, che sarà ribadita in maniera esplicita.
Del resto già ieri sono cominciati i controlli straordinari della polizia ai valichi di frontiera delle province di Gorizia e Trieste, decisi dal vertice del Viminale per contrastare gli ingressi attraverso le strade e le linee ferroviarie. È il blocco della rotta balcanica che era stato invocato nei giorni dal presidente del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga.
Capitolo a parte, tuttora aperto, rimane quello libico.
Le manovre di avvicinamento al governo di Tripoli continuano e non è escluso che entro la fine del mese anche la titolare della Difesa possa andare in Libia per ribadire la volontà italiana di investire risorse e uomini per la pacificazione dello Stato e ribadire la collaborazione non soltanto in materia di contrasto ai flussi migratori.