“CALTA” CANTA! – PASSA ALLA CAMERA IL DDL CAPITALI, IL PROVVEDIMENTO PENSATO DA FAZZOLARI PER SPOSARE LE RICHIESTE DI CALTAGIRONE: IL TESTO HA OTTENUTO 135 SÌ E 92 ASTENUTI – A NULLA SONO SERVITE LA STRONCATURA DEL “FINANCIAL TIMES” E L’INCAZZATURA DEGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI – COSA CAMBIA PER LE SOCIETÀ: IL QUORUM PER LA PRESENTAZIONE DELLE LISTE E IL VOTO MAGGIORATO CHE AVVANTAGGIA I SOCI DI CONTROLLO (COME CALTAGIRONE IN GENERALI)
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1 - DDL CAPITALI, VIA LIBERA ALLE NORME PENALIZZATE LE LISTE DEL CONSIGLIO
Estratto dell’articolo di Andrea Ducci per il “Corriere della Sera”
Il disegno di legge sulla competitività dei capitali ottiene il via libera alla Camera.
Con la votazione di ieri a Montecitorio la maggioranza approva il cosidetto ddl Capitali, il provvedimento voluto dal governo e predisposto dal ministero dell’Economia, con l’obiettivo di stimolare la crescita finanziaria attraverso norme di semplificazione e di agevolazione per le società che si apprestano al collocamento in Borsa o all’emissione di obbligazioni. Un pacchetto di regole […] che dovrebbe contribuire ad attrarre risorse verso Piazza Affari, facilitando l’accesso ai capitali da parte delle piccole e medie imprese.
Il testo approvato nelle ultime ore a Montecitorio è identico (tranne una modifica sulle coperture) a quello votato lo scorso autunno al Senato, un provvedimento che ha alimentato perplessità tra commentatori e operatori finanziari (compresa Assogestioni).
[…] i partiti di maggioranza hanno rivisto la norma sulle liste dei candidati per il rinnovo dei consigli di amministrazione: in caso di vittoria della lista del cda uscente, è previsto che in assemblea si tenga una seconda votazione sui singoli nominativi, a cui partecipino tutti gli azionisti, compresi quelli che hanno presentato liste alternative o di minoranza.
L’articolo 12 che disciplina il rinnovo dei board prevede, inoltre, che il cda presenti una lista con un numero di candidati superiore di un terzo ai posti previsti, che se la lista di minoranza raccoglie meno del 20 dei voti concorre alla ripartizione dei posti in cda in proporzione ai voti ottenuti in assemblea, che se ha preso più del 20%, ma non i 2/3, i posti si distribuiscono proporzionalmente al voto raccolto insieme alle altre liste che hanno ottenuto più del 3%.
Il timore è che le minoranze adottino comportamenti opportunistici o di «veto» su alcuni nomi, riuscendo ad aggregare pacchetti di voti contro o a favore di una singola nomina, generando così condizioni di ingovernabilità nelle imprese. Il nuovo testo potrebbe favorire, dunque, le minoranze. Un’altra modifica è quella al voto maggiorato già previsto nel Tuf (Testo unico delle finanza), attribuendo dieci voti, anziché due, al socio che detiene le azioni per un lungo periodo (10 anni).
A trarne vantaggio sono i soci di controllo di lungo termine, mentre sono penalizzati gli investitori a breve. […] L’esecutivo ha escluso modifiche, tanto che il provvedimento blindato ha incassato 135 voti a favore a fronte di 92 astensioni delle opposizioni. Il testo ora passa al Senato in terza lettura proprio a causa dell’emendamento che modifica una copertura di 200 mila euro relativa al 2023.
2 - VOTO MAGGIORATO E UN PALETTO AI CDA VIA LIBERA BIPARTISAN AL DDL CAPITALI
Estratto dell’articolo di Giovanni Pons e Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
Sul tabellone elettronico che sovrasta l’aula della Camera, le luci verdi sorridono al governo. Sono 135 i sì al disegno di legge a sostegno del mercato dei capitali.
Ma altre luci, quelle bianche che contano gli astenuti, danno ancora più forza all’esito del voto: sono 92. E a pigiare il tasto della neutralità sono i deputati delle opposizioni. Tutte, dal Pd al Movimento 5 stelle, passando per Azione e Italia Viva.
Se non fosse per il “rosso” di Marco Grimaldi (Avs), la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti potrebbero festeggiare un plebiscito. Intanto il via libera “bipartisan” spiana la strada alla legge “Piazza Affari”: ultimo ritocco al Senato, entro la fine del mese, per spostare la copertura di circa 200 mila euro dal 2023 a quest’anno perché le previsioni iniziali dell’esecutivo puntavano a chiudere la partita l’anno scorso.
Ma la modifica è un tecnicismo irrilevante […]. La metamorfosi è avvenuta durante il primo passaggio a Palazzo Madama, con le modifiche al meccanismo della lista del cda e l’introduzione del voto maggiorato per le società quotate. Due innesti targati Fratelli d’Italia, il partito della premier, che hanno integrato — eufemismo — l’obiettivo di fondo: attrarre i capitali stranieri in Italia ed evitare che quelli nostrani continuino a fuggire all’estero.
Sul disegno di legge si sono così riversate aspettative e tensioni della grande battaglia finanziaria del momento: il controllo delle Generali, palcoscenico della disfida tra Mediobanca, che ha il 13% della compagnia, e la cordata Del Vecchio-Caltagirone, che con il 20% del capitale vuole riprovare, dopo il tentativo fallito nel 2022, a far vincere la propria lista.
L’appuntamento è in calendario a maggio 2025, ma nel frattempo il ddl Capitali è diventato il terreno fertile per misurare strategie e posizionamenti. E per dare forma a due sensibilità.
Da una parte quella dei fondi […] contrari all’introduzione del quorum (2/3) che vincola la presentazione della lista del cda, ma anche all’obbligo di allungare la stessa lista oltre i posti disponibili, con candidati che rischiano di essere esclusi dopo la seconda votazione, individuale. Un fronte che critica anche i dieci voti, invece di due, al socio che detiene le azioni per un lungo periodo (10 anni).
Una misura che avvantaggerebbe i soci di controllo, penalizzando gli investitori di breve periodo. Sul versante opposto, la sensibilità di chi vuole impedire che «si perpetuino all’infinito i cda», parole utilizzate da Meloni. Una lettura che si avvicina alle posizioni di Francesco Gaetano Caltagirone, azionista di Mediobanca con il 9,9% e socio di Generali con il 6,23%. Partita chiusa? Non proprio.
Un ordine del giorno di Forza Italia, approvato ieri, chiede di rivedere la norma sulla lista del cda, chiarendo chi può partecipare alla seconda votazione. Un modo per delimitare i poteri delle minoranze. «Se, come è scontato, Caltagirone non voterà la lista del cda e questa lista vincerà — spiegano fonti finanziarie — allora potrebbe rifarsi al secondo giro, scegliendo altri consiglieri, posizionati peggio, e condizionando così la scelta del presidente e dell’amministratore delegato ». Il secondo tempo auspicato da FI è la riforma del Testo unico della finanza (Tuf). Ma per il momento il governo non è intenzionato a riaprire i giochi.