“IL CASO SANTANCHÉ? C’È UNA SORTA DI ‘RAGION DI STATO’ PER CUI A UN CERTO PUNTO IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E QUALCHE VOLTA IL CAPO DELLO STATO, CONSIGLIANO LA VIA DELLE DIMISSIONI PER CHIUDERE IL CASO” – SORGI: “LA MINISTRA SANTANCHÈ SULLE ACCUSE CHE LA RIGUARDANO, SI ACCORGERÀ PRESTO CHE IL "PROCESSO" A UN MINISTRO IN ITALIA NON SI SVOLGE IN BASE AI NUMERI PARLAMENTARI. A CONTARE NON SONO QUALITÀ E QUANTITÀ DELLE ACCUSE, MA IL PESO DELLA CAMPAGNA MEDIATICA CHE PIAN PIANO MONTA ATTORNO ALL'INTERESSATO”

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DANIELA SANTANCHE

Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per “la Stampa”

 

La ministra Santanchè […] sulle accuse che la riguardano, si accorgerà presto […] che il "processo" a un ministro in Italia non si pone in termini di garantismo e giustizialismo, né si svolge in base ai numeri parlamentari, per cui se l'"imputato" può contare sulla propria maggioranza può considerarsi in salvo. No: in realtà a contare non sono neppure la qualità e la quantità delle accuse, ma il peso della campagna mediatica che pian piano monta attorno all'interessato, specialmente sui social.

 

DANIELA SANTANCHE

E una sorta di "ragion di Stato" per cui a un certo punto il presidente del consiglio, e qualche volta il Capo dello Stato, consigliano la via delle dimissioni per chiudere il caso. Tutti i precedenti recenti vanno in questa direzione. Anche quando - vedi Renzi - il premier aveva fatto in passato professione di garantismo, questo non ha impedito che convincesse/costringesse a lasciare due ministri come Guidi e Lupi, poi risultati perfettamente innocenti o neanche sottoposti a processo. [… ]l'argine dell'eventuale rinvio a giudizio di Santanchè, fissato da Meloni, a favore della ministra, come metro di valutazione delle accuse, è formalmente solido ma politicamente fragile.