“CHE FACCIANO IL GOVERNO, SE NE SONO CAPACI” - IL “BEL GESTO” DI BERLUSCONI VERSO SALVINI, CALDEGGIATO DA GIANNI LETTA, SARA’ LAUTAMENTE RICOMPENSATO: A “FORZA ITALIA” ANDRANNO TUTTE LE PRESIDENZE DELLE COMMISSIONI BICAMERALI, FINO ALL'ASSICURAZIONE CHE SULLE FUTURE NOMINE NEI GANGLI DEL POTERE, CIRCA SEICENTO POSTI, UN “CONGRUO NUMERO” SARÀ ASSEGNATO IN QUOTA AZZURRA
-Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
L'ultima cosa che ha voluto sapere è stato il nome attorno a cui ruotava la trattativa per la presidenza del Consiglio. «Salvini spinge su Giorgetti affiancato da due vicepremier dei Cinquestelle», gli ha riferito Gianni Letta. Sarà stato per curiosità o ancora per un briciolo di interesse, poco importa: per la prima volta nella sua lunga storia politica Berlusconi non è attore protagonista e neppure regista in una trattativa di governo che coinvolge il centrodestra.
D'altronde la coalizione non aveva più le sue sembianze da quando le urne si erano incaricate di assegnare il primato a Salvini. Con il capo della Lega il Cavaliere non parla più da tempo, e anche ieri a tenere i contatti con Arcore è stato Giorgetti, verso il quale il leader di Forza Italia nutre affetto e ammirazione.
Ma è una simpatia personale, perché i rapporti politici con i vertici del Carroccio si sono ormai consumati. L'alleanza formalmente resta in piedi nei territori amministrati con la Lega, non fosse altro perché minacciare la crisi delle giunte regionali e comunali sparse per l'Italia avrebbe potuto procurare a Berlusconi un'altra dolorosa scoperta: la presa di distanza di una parte consistente del suo stesso partito sui territori.
Già bastavano i sinistri scricchiolii nei gruppi parlamentari, meglio evitare. Così l'ex premier ha ceduto e ha firmato la nota con cui sostiene di voler «togliere l'alibi» a Salvini e Di Maio: «Che si facessero il governo, se ne sono capaci». La disistima nei loro confronti è pari alle pressioni di cui è stato oggetto: li considera «una rovina per il Paese».
Quando era ancora pomeriggio, a chi gli chiedeva di «dare una mano» per far nascere l'esecutivo, ha risposto di scatto: «Io non gli darei neppure un dito. Scusate, ma non me la sento...». Ed è andato a riposare, mentre il mondo gli faceva il girotondo e aspettava il suo pronunciamento. «Ne riparliamo».
Invece la linea Maginot è stata aggirata dai tanti conflitti d'interesse che reclamavano un suo «gesto di responsabilità». E il Cavaliere, stritolato da questo singolare paradosso, ha firmato quella che somiglia tanto ad una resa. Perché non votare la fiducia è cosa assai diversa dall'idea di annunciare un voto contrario del suo partito.
Salvini però non lo avrebbe accettato e avrebbe aperto le porte dell'inferno: il voto anticipato. Certo, strada facendo si vedrà se la scommessa di governo del leader leghista avrà successo. Certo, in qualsiasi momento Berlusconi potrà denunciare il fallimento dell'esperimento. Ma i numeri in Parlamento lo relegano a un ruolo marginale: non sarà lui a poter staccare la spina. Quella spina gli chiedevano invece di attaccarla. Ecco di cosa aveva bisogno il segretario del Carroccio, e grazie ai nuovi rapporti di forza nel centrodestra l'ha ottenuto.
A quel punto la parte restante della trattativa è stata gestita dai mediatori. E il compromesso si è trovato su una serie di punti: dalla garanzia che a Forza Italia andranno tutte le presidenze delle commissioni Bicamerali, fino all' assicurazione che sulle future nomine nei gangli del potere, circa seicento posti, un «congruo numero» sarà assegnato in quota azzurra. A Berlusconi resta il «grazie» di Salvini e la dichiarazione di Di Maio, che ha cancellato la fatwa del «male assoluto» e ha spiegato che sul Cavaliere «non ci sono veti».
Se così stanno le cose, non si capisce allora come mai Forza Italia non era legittimata a partecipare al governo. La domanda resta inevasa, e anche questa è una novita della politica ai tempi della Terza Repubblica, nonostante il governo giallo-verde sia ancora da fare. Salvini deve riuscire a convincere Di Maio che «un terzo uomo» a Palazzo Chigi non è la soluzione giusta, perché offrirebbe l' immagine di un controllore che vigila sui partiti. E come non bastasse, altri dubbi attraversano la mente del leader leghista, compresa l' idea di dover andare alle Europee dell' anno prossimo con Di Maio alleato. Ma a Berlusconi non interessa...