“IO FASCISTA? SONO DI FAMIGLIA DEMOCRISTIANA E STAVO NELLA GIOVENTÙ FRANCESCANA” - AL COMIZIO DEL CENTRODESTRA A LATINA RICICCIA DURIGON: “LA MIA PROPOSTA SUL PARCO A MUSSOLINI ERA UN OMAGGIO ALLA MEMORIA DEI PIONIERI” (ANNAMO BENE) - SALVINI, MELONI E TAJANI STANNO MOLTO ATTENTI A NON PARLARE DI FASCISMO, VISTA L’ARIA CHE TIRA, MA È IMPRESA PRESSOCHÉ IMPOSSIBILE NELLA CITTÀ FONDATA DAL DUCE CON IL NOME DI “LITTORIA”
-Francesco Olivo per “La Stampa”
L'ordine di scuderia è tassativo: non si parla di fascismo. Ci sono le municipali e «i problemi degli italiani sono altri». Ma certo questo non è un posto qualunque ed è umano subire le suggestioni: i tre leader del centrodestra, nel loro tour dei ballottaggi, sbarcano a Latina, la vecchia Littoria, dove quasi tutto riporta la mente ai tempi del regime, che questa città l'ha fondata.
In piazza del Popolo, davanti a Matteo Salvini, Giorgia Meloni (ovazioni per lei) e Antonio Tajani una piccola folla ha sfidato la pioggia. Il palco è proprio davanti al Palazzo civico dal quale Mussolini nel 1932 celebrò l'inaugurazione della città, ci sono i palloncini tricolori, bandiere dei Fratelli d'Italia e un'aria di rivincita dopo lo smacco di 5 anni fa: Latina, «scriva Littoria non ci vergogniamo mica» insiste Donata, è finita in mano alla sinistra.
Salvini dà ragione alla signora: «Chi si vergogna del nostro passato non fa un buon lavoro per il futuro, guai a chi rinnega le proprie origini, il proprio nome, le proprie tradizioni», dice tra gli applausi, rivendicando l'anniversario del 18 dicembre, quando Mussolini, nel 1932, proprio nel balcone del palazzo di fronte, celebrò l'inaugurazione della città. «La destra ha nulla di cui vergognarsi», insiste Meloni.
Il luogo ha la sua importanza, non solo per la storia del Novecento. A Latina,è nata la polemica che ha segnato l'estate, quando l'allora sottosegretario leghista al Mef Durigon, fece la proposta di intitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, un parco attualmente dedicato a Falcone e Borsellino. La bufera che ne nacque si placò solo con le dimissioni.
Qui tutto si mischia. Il pubblico radunato in piazza del Popolo dice molto di questo posto: molti arrivano dai borghi intorno alla città, piccoli centri con i nomi delle battaglie della Prima guerra mondiale (Borgo Montello, Pogdora, Sabotino, Hermada) dove vivono gli eredi dei coloni che bonificarono l'agro pontino.
Hanno i nomi veneti («siamo di Treviso», «noi di Trieste», «scriva che siamo di Rovigo») e politicamente sono passati dal fascismo, più per riconoscenza che per ideologia, alla Dc e oggi al centrodestra. Lo stesso Durigon, coordinatore leghista del Lazio, ha una storia così: «I miei nonni arrivarono dal Veneto. Uno morì di malaria, un altro costruì la chiesa di Santa Fecitola», poi ribattezzata la Pontida di Latina. Il dibattito sul fascismo in questa campagna elettorale non ha preso molto piede qui, ma cinque anni fa si parlò molto del caso di Angelo Tripodi, ora consigliere regionale della Lega, la cui candidatura a sindaco fu appoggiata da Forza Nuova.
Durigon è molto attento a non ripetere l'errore di questa estate sulla proposta di intitolare il parco ad Arnaldo Mussolini, si spiega così: «Era un omaggio alla memoria dei pionieri, non sono fascista, sono di famiglia democristiana e stavo nella gioventù francescana».
Il tempo per la memoria è poco, perché oggi si gioca una partita importante: Latina dopo una serie di amministrazioni di destra, cinque anni fa è caduta in mano alla sinistra, il sindaco Damiano Coletta fu abile con la sua lista civica a sparigliare, anche grazie alla divisione degli avversari. «È una Raggi di Latina!» dice oggi Giorgia Meloni, rinfacciandogli gli slogan all'insegna dell'onestà, per poi finire alleato con un Pd che ha avuto traversie giudiziarie e oggi è commissariato dal Nazareno (il deputato Matteo Mauri). Il centrodestra è tornato forte e ha sfiorato la vittoria al primo turno, candidando Vittorio Zaccheo, sindaco già per due mandati e solo i coltelli tra alleati, sempre pronti a volare, possono impedire la riconquista.