“MA DAVVERO KAMALA HARRIS È TUTTA QUI?” – ALDO CAZZULLO: “NIENTE IN LEI LASCIA PRESAGIRE CHE DIVENTERÀ PRESIDENTE. DONALD TRUMP HA CONFERMATO DI ESSERE UN UOMO AGGRESSIVO, MALEDUCATO, DI UNA VOLGARITÀ D’ANIMO RIVOLTANTE. EPPURE, PIACCIA O NO, È UN LEADER. KAMALA HARRIS, NO. E SE NON SEI UN LEADER, NON LO DIVENTI IN CENTO GIORNI DI CAMPAGNA ELETTORALE" - "DIETRO TRUMP C'È UN MOVIMENTO. DETESTABILE COME LUI, EGOISTA, ISOLAZIONISTA, RAZZISTA E GOLPISTA. MA C'È UNA SPINTA POPOLARE. DIETRO KAMALA C'È UN'ALLEANZA PROVVISORIA DI CLAN CHE NON SI AMANO E DI..." - VIDEO
Estratto dell’articolo di Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
D’ accordo, dobbiamo farcela piacere. È l’unica, esile speranza di evitarci un presidente che disprezza gli europei e l’Europa. Donald Trump, favorito della vigilia, può ancora essere battuto. Ma davvero Kamala Harris è tutta qui?
[…] niente in lei lascia presagire che diventerà presidente. Non è per la sua voce, da molti giudicata poco gradevole. Né per la sua risata, su cui gli avversari ironizzano. Né per l’altezza, che appare decisamente inferiore al metro e 64 dichiarati […]. E neppure per la sua storia, da cui viene anzi un messaggio di speranza.
La campagna della Harris non decolla per un motivo molto semplice. Donald Trump ha confermato in questi giorni di essere quello che è. Un uomo aggressivo, maleducato, di una volgarità d’animo rivoltante, capace di impostare un comizio sulle dimensioni della virilità di un campione di golf peraltro morto, di mimare un rapporto orale per rianimare un microfono malfunzionante, di invocare il plotone d’esecuzione per i suoi avversari.
Sui difetti di Trump si potrebbero compilare decine di saggi, come quelli che affollano le librerie d’America. Martedì notte, comunque vada, Trump annuncerà di aver vinto: se l’avrà fatto davvero, finirà tutto lì; se invece nella realtà avrà perso, comincerà un periodo infuocato di odio che dividerà e indebolirà ancora di più l’America.
Eppure Donald Trump, piaccia o no, è un leader. Kamala Harris, no. E se non sei un leader, non lo diventi in cento giorni di campagna elettorale; tanto più se hai alle spalle quattro anni non esaltanti alla Casa Bianca come vice di Biden. Non solo; dietro Trump c’è un movimento. Detestabile come lui, egoista, isolazionista, a volte apertamente razzista e golpista. Ma c’è una spinta popolare che si tocca con mano.
Dietro Kamala c’è un’alleanza provvisoria di clan che non si amano — i Clinton e gli Obama —, di minoranze che si detestano — ebrei e musulmani — o si ignorano — neri e latini —, di gruppi sociali — dalle donne laureate agli omosessuali — che non hanno una ragione particolare per votare Harris, tranne il fatto che non vogliono Trump.
[…] Intendiamoci: la partita è apertissima. Gli ultimi sondaggi non contano molto: in tutti gli Stati in bilico lo scarto è al di sotto del margine di errore. L’impressione è che Trump sia in vantaggio nel Sud — Georgia, Arizona, forse anche North Carolina — e che la Harris possa tenere Michigan e Wisconsin. Alla fine tutto si deciderà qui, in Pennsylvania.
Sulla scalinata di Rocky, quella dove «lo stallone italiano» si allenava in vista dei suoi sanguinosi combattimenti, stanno allestendo il palco per la chiusura della campagna di Kamala. Ci sarà un concerto: finora hanno cantato per lei Stevie Wonder, Beyoncé, Eminem, Jennifer Lopez e l’eroico Bruce Springsteen, che schitarra per i candidati democratici dal secolo scorso.
Ieri è passata Michelle Obama, l’altro ieri l’uomo presentato come «the second gentleman» o «el segundo caballero», insomma il marito di Kamala, Douglas Emhoff: un gentiluomo timido ed educato costretto a improvvisare comizi nella periferia più povera d’America.
Philadelphia, la città della dichiarazione d’indipendenza, è stata a lungo la più popolosa degli Stati Uniti; e vista dal ristorante del sessantesimo piano del Four Season, dove i clienti sono tutti rigorosamente bianchi e i camerieri tutti rigorosamente neri, Philadelphia pare un’elegante scacchiera di strade dritte, con i grattacieli lungo il Delaware e la torre con la campana della libertà, simbolo della rivoluzione americana.
Vista dal basso, a ogni angolo di marciapiede è disteso un ragazzo che dorme o trema o parla da solo. Non occorre andare al «Walmart del Fentanyl», il sottopassaggio della Kensington Avenue dove infuria il più grande mercato di droga della costa orientale, frequentato da pusher, clienti e genitori che sollevano i cappucci delle felpe alla ricerca dei figli. Tossici ed emarginati sono ovunque, e quel che colpisce è che non si tratta di gang: ognuno di loro è solo.
Per l’economia al tempo di Biden vale la stessa regola. Vista dagli economisti, non è mai andata così bene: occupazione record, inflazione in discesa. Vista con gli occhi della quotidianità, l’America post-Covid appare impoverita e incattivita: tutto costa il doppio, a volte il triplo; l’ex classe media soffre moltissimo; sono sempre più rari i proverbiali sorrisi degli americani, e non solo perché spesso spalancano bocche prive di denti (una cura canalare costa tremila dollari).
[…] Kamala ha un bella storia personale, in cui Obama ha visto il riflesso della propria. Anche se è stato l’ultimo ad appoggiarla dopo il ritiro di Biden, ha da sempre un debole per lei, in passato l’ha definita «la più bella procuratrice generale del Paese». Ma non è detto che, negli Stati in bilico, essere una donna nera, di madre indiana e padre giamaicano, sia un vantaggio. Lei ha cercato di occupare il centro, di lanciare messaggi rassicuranti per una certa America.
Ma quando ha detto di dormire con la pistola sul comodino, o di pregare due volte al giorno, non è sempre parsa convincente. Il padre era un economista marxisteggiante, la madre hindu di etnia Tamil, alle figlie ha dato nomi di divinità (la sorella, Maya Lakshmi, è importantissima, tipo Arianna Meloni). Kamala si è avvicinata alla chiesa battista. Quando Biden la chiamò per dirle «mi ritiro, tocca a te», per prima cosa ha telefonato al suo padre spirituale, il reverendo Brown, che le ha letto il libro di Ester, la regina che salva il popolo dallo sterminio […]