IL “MOTORE FRANCO-TEDESCO” È RIPARTITO E SO’ DOLORI PER I FREGNONI ITALIANI – PARIGI E BERLINO HANNO DECISO DI ACCELERARE I NEGOZIATI PER LA RIFORMA DEL PATTO DI STABILITÀ, PREPARANDO UN BEL CETRIOLONE PER LA MELONI, CHE MINACCIA IL VETO. IL MOTIVO? LA NORMA CHE PREVEDE “ULTERIORI PARAMETRI DI CALO DEL DEFICIT SOTTO IL 3% DEL PIL”. TRADOTTO: AI PAESI CON DISAVANZO ELEVATO (L’ITALIA) NON BASTERÀ RIPORTARE IL RAPPORTO DEFICIT/PIL SOTTO IL 3 ENTRO 4-7 ANNI...
-1. INTESA FRANCIA-GERMANIA SUL NUOVO PATTO EUROPEO ROMA ISOLATA, MA NON CEDE
Estratto dell’articolo di Marco Bresolin per “la Stampa”
Francia e Germania hanno deciso di marciare spedite, fianco a fianco, verso la riforma del Patto di Stabilità. Nei giorni scorsi il ministro tedesco Christian Lindner è andato a Parigi per incontrare il suo omologo Bruno Le Maire e ieri, a margine dell'Ecofin, i due hanno annunciato che nei prossimi giorni il francese volerà a Berlino per definire i dettagli dell'intesa.
Anche per questo la ministra spagnola Nadia Calviño ha già avvertito i colleghi che convocherà una riunione straordinaria dei ministri delle Finanze per fine novembre, forse il 23: l'obiettivo è chiudere all'Ecofin dell'8 dicembre. Ma c'è un problema: l'Italia non è affatto d'accordo con la proposta attualmente sul tavolo.
Si tratta di un ostacolo non di poco conto, visto che la riforma del Patto è composta da tre diversi regolamenti, due dei quali possono essere approvati a maggioranza qualificata, ma il terzo richiede l'unanimità. Roma ha dunque il potere di bloccare l'intero pacchetto e comunque anche a Bruxelles sono consapevoli che una riforma di tale portata non può essere portata a termine senza avere a bordo anche l'Italia.
[…] a oggi il governo Meloni sembra essere il più lontano da un'intesa. […] Parigi e Berlino sono riuscite a trovare un'intesa sulle misure di salvaguardia per garantire che il debito sia effettivamente messo su una traiettoria discendente al termine del percorso di aggiustamento.
Verrà stabilito un parametro di riduzione minima annuale del debito, anche se questo verrà applicato nei quattro anni successivi al piano e si calcolerà nella media del quadriennio. Al momento, però, l'entità di questo taglio non è stata ancora quantificata e la cifra dovrebbe comparire sul tavolo soltanto dopo il confronto tra Le Maire e Lindner.
[…] Il […] nuovo parametro […] imporrà agli Stati di portare il deficit ben al di sotto del 3%, con un margine di sicurezza la cui quantificazione sarà oggetto dei negoziati nelle prossime settimane. Parigi lo ha accettato, mentre per l'Italia si tratta di un ulteriore fardello difficile da digerire. Il tempo però stringe. [...]
2. PATTO DI STABILITÀ, ACCORDO VICINO SOLO L’ITALIA FRENA SULLA RIFORMA
Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
L’ottimismo in Europa è così forte e diffuso che la data di nascita del nuovo Patto di stabilità è stata già messa in calendario. A novembre, probabilmente il 23, prima della chiusura definitiva a dicembre. […] Il dato rilevante è che la Germania ora ci sta a riscrivere le regole fiscali congelate durante la pandemia e che sono ancora sospese. Sono stati i tedeschi, fino ad ora, a bloccare la trattativa per arrivare al nuovo Patto.
Ma ieri, alla riunione dell’Ecofin a Bruxelles, si sono invece dimostrati attivi e propositivi. A condizioni precise, in asse con la Francia. L’Italia, però, dice no al nuovo disegno. Frena.
Sono fonti del ministero dell’Economia a spiegare che il governo italiano «non teme il ritorno alle regole fiscali attualmente sospese con la clausola di salvaguardia, rispetto a ipotesi di revisione penalizzanti». Tradotto: meglio tornare al vecchio Patto che sottoscrivere quello messo a punto da Berlino e Parigi.
Ma perché il Tesoro è contrario? La norma della discordia è sintetizzata dalle stesse fonti con questa espressione: «Ulteriori parametri di calo del deficit sotto il 3% del Pil». Altro non è che una delle clausole che i tedeschi reputano imprescindibile per arrivare a un accordo. Messa nero su bianco nella bozza della proposta elaborata dalla presidenza di turno spagnola, che prova a fare da collante a istanze e spinte differenti.
In sintesi: ai Paesi che hanno un disavanzo elevato non basterà riportare il rapporto deficit/Pil sotto il 3% entro i prossimi 4-7 anni, la “forchetta” dell’orizzonte temporale più probabile tra quelli su cui si sta ragionando. L’impegno richiesto è decisamente più gravoso. La Germania vuole una soglia aggiuntiva più bassa, al 2%, che dovrà essere rispettata nel caso in cui dovessero scoppiare crisi improvvise. Gli addetti ai lavori l’hanno battezzata la «zona cuscinetto ».
Troppo per il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Che invece, seguendo sempre la traccia delle fonti Mef, non teme l’idea «che vengano inserite delle salvaguardie per il calo medio annuo del debito, purché siano su valori sostenibili e credibili ». Gli aggettivi sono lì a indicare che il via libera arriverà solo se i numeri della correzione saranno ritenuti sostenibili dall’Italia.
[…] La proposta italiana, reiterata per mesi, non ha raccolto i consensi necessari tra i partner europei. C’è, invece, l’inclusione delle spese del Pnrr e degli investimenti legati al cofinanziamento nazionale dei fondi europei tra i cosiddetti fattori rilevanti che permettono di allungare i tempi per portare a termine la riduzione del debito.
Nel perimetro finiscono anche le spese per la difesa. Un segnale di attenzione, ma esiguo se messo a confronto con le misure sul deficit e sul debito. L’Italia tira il freno a mano, ma gli altri Paesi guardano con fiducia ai prossimi passaggi. «C’è ancora molto da fare, l’ultimo miglio da percorrere, ma come nel cammino di Santiago si comincia a intravedere la cattedrale», il punto d’arrivo, prova a rassicurare la ministra dell’Economia della Spagna Nadia Calviño.
Il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni ricorda perché è importante fare in fretta. «Raggiungere un accordo sulle regole fiscali - sottolinea - è essenziale per quello che viene chiamato atterraggio morbido». La recessione alle porte, annunciata da Mario Draghi, ma anche i mercati che osservano, il debito da stabilizzare per dare una spinta alla crescita. Un messaggio non troppo indiretto ai dubbi che Giorgetti porta con sé sul volo di ritorno a Roma.