“NON SIAMO GLI AVVOCATI DIFENSORI DI DELMASTRO” – I LEGHISTI GODONO PER I GUAI GIUDIZIARI DEI MELONIANI, E SVELENANO RICORDANDO QUANDO LA SORA GIORGIA NON FIRMÒ IL REFERENDUM SULL’ABUSO D’UFFICIO – SALVINI ABBASSA I TONI DELLO SCONTRO CON I MAGISTRATI PER METTERE IN DIFFICOLTÀ LA DUCETTA: “MEGLIO EVITARE INUTILI ESIBIZIONI MUSCOLARI CHE POI NON CI PORTANO MAI TROPPO LONTANI DALLA LINEA DI PARTENZA”
-Estratto dell’articolo di Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”
«Non siamo gli avvocati difensori di Delmastro…». Tra i leghisti, le discussioni che si sono aperte in queste settimane appassionano poco. La determinazione con cui dentro Fratelli d’Italia sembrano intenzionati a procedere sulla riforma della Giustizia lascia i salviniani freddini, o freddi proprio. Non è tanto questione dei temi sul tavolo, su quelli in linea di massima i partiti del centrodestra concordano.
Eppure, domenica scorsa dalla Lega è stata diffusa una nota per dire che la riforma si farà e, sì, i leghisti sono della partita. Ma «all’insegna della rispettosa collaborazione, non contro qualcuno e nel rigoroso rispetto sia dell’obiettivo finale che delle prerogative costituzionali di ogni soggetto». Fino alla nota di domenica, il silenzio della Lega era stato interpretato come un altro esempio della strategia di Matteo Salvini: lasciare che FdI sbrogli da solo le matasse più aggrovigliate. «Come hanno fatto loro quando noi sostenevamo il governo Draghi» dice un deputato.
Salvo mettere i puntini sulle i quando l’agenda politica lo richieda. È per questo che i leghisti ricordano di non essere i difensori di Delmastro. Certo, per il sottosegretario alla Giustizia, secondo i salvinani di stretta osservanza, si può estendere quello che era stato esplicitato da Matteo Salvini nella vicenda che riguarda la ministra Daniela Santanchè: «Abbiamo la massima fiducia nei colleghi di governo».
Mentre sul richiamo a non fare la riforma «contro qualcuno», i leghisti sembrano convinti davvero: «Sono trent’anni — dice un altro colonnello salviniano — che parliamo di una riforma della Giustizia che poi non arriva. Meglio evitare inutili esibizioni muscolari che poi non ci portano mai troppo lontani dalla linea di partenza».
E in effetti, al momento la linea di partenza è appena dietro le spalle: la riforma deve essere approfondita. Ora è in attesa dell’approvazione del presidente Sergio Mattarella […] Ma difficilmente ci saranno fatti significativi prima della pausa estiva.
Il non dare fuoco alle polveri vale ancora di più sull’altro argomento su cui la Lega domenica ha interrotto il silenzio, la separazione delle carriere dei magistrati. Nel partito c’è chi si concede una battuta un po’ maramalda: «Avevamo capito che non servisse più: il caso Delmastro ha mostrato in maniera indiscutibile che non ci sono soltanto le procure e i loro succubi».
Al di là delle ironie (per il sottosegretario alla Giustizia è stato chiesto il procedimento dal gup nonostante la procura ne avesse già richiesta l’archiviazione) più semplicemente i leghisti ritengono che non sia cosa che si giocherà in due giorni. Al momento, sulla separazione delle carriere non esiste un testo e non è inclusa nel primo disegno di legge di riforma presentato a metà giugno.
E poi, aggiungono i leghisti, non «intendiamo gettare benzina sul fuoco». Il sottinteso è che sull’argomento la premier Meloni starebbe invece sbagliando strategia. E così, se Salvini ha contatti «quasi quotidiani» con la premier, i leghisti parlano delle «due Meloni».
Il tema è quello dell’abuso d’ufficio, entrato già nel primo ddl di riforma della Giustizia: «Quando noi abbiamo presentato i nostri quesiti referendari, quello sull’abuso d’ufficio è tra quelli che Meloni non ha voluto sottoscrivere».
Secondo il leghista parlante in incognito, il perché è semplice: «Fino ad allora lei non aveva praticamente sindaci, non si rendeva conto delle mine che il più generico dei reati ha sempre rappresentato per gli amministratori».
La strategia leghista è invece descritta così: «Vogliamo incarnare un partito determinato, ma con i piedi piantati per terra. Senza fughe in avanti, da cui è difficile arretrare». […]