“PARAGONE? VIA LE ZAVORRE” - IL PIANO DI DI MAIO CON GRILLO E CASALEGGIO PER BLINDARE IL M5S: LINEA DURA FINO AL 20 GENNAIO (DATA DELLA NOMINA DEI FACILITATORI REGIONALI): FINO AD ALLORA LE ESPULSIONI SARANNO UN TEMA RICORRENTE - POI GLI STATI GENERALI DI MARZO PER RIORGANIZZARE EQUILIBRI INTERNI, LEADERSHIP E CORRENTI…
-Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
«Il Movimento? Deve tornare a fare il Movimento. Dobbiamo ritrovare lo spirito di Gianroberto Casaleggio»: tra i vertici M5S la linea maestra per il 2020 è chiara. Ritornare ad avere una identità ben definita. Una linea da seguire «a qualsiasi costo». Anche con l' intransigenza, se è il caso. Gli addii? «Pianificati», dicono i Cinque Stelle. E lo stesso Luigi Di Maio sottolinea ai suoi che «il Movimento è pluralità ma non anarchia, finito con Paragone ora nei prossimi giorni toccherà a chi non restituisce. Via le zavorre, potremo tornare a volare».
C'è anche chi scherza, ricordando come l' espulsione dell' ultimo dell' anno sia «una tradizione» dei pentastellati. L'idea, però, battute a parte, è quella di tirare dritto: i vertici sono sicuri che il governo non cadrà e che il Movimento, seppure più snello, recupererà incisività. Nel gruppo parlamentare, invece, c' è incertezza. La leadership, complice anche la stoccata di Alessandro Di Battista in difesa dell' espulso Gianluigi Paragone, viene di nuovo messa in discussione. E anche la tenuta dei Cinque Stelle. E nel Movimento ci si divide tra chi vede all' orizzonte una implosione e chi una scissione. «Stiamo chiudendo bottega».
Le parole dell' ex deputato «hanno dato il via alla guerra tra bande». Di Battista, intanto, si prepara a partire tra pochi giorni per l'Iran e lì resterà per un paio di mesi. Ma la strategia dei vertici è decisa. E il capo politico si sente forte di un dettaglio non trascurabile: il piano è stato studiato da Luigi Di Maio insieme a Davide Casaleggio e Beppe Grillo. Non a caso, anche ieri, dopo l' annuncio della «cacciata» di Paragone i tre si sono sentiti per commentare le reazioni e per fare il punto su quello che è considerato il «punto di svolta» del Movimento: gli Stati generali di marzo.
La kermesse coinvolgerà direttamente le varie anime, a partire dal garante. La linea dura andrà avanti per quasi tutto gennaio, di sicuro fino al 20 (data della nomina dei facilitatori regionali): fino ad allora - e forse già nei prossimi giorni - le espulsioni saranno un tema ricorrente. Il confronto con il gruppo parlamentare arriverà presto: l' assemblea congiunta di deputati e senatori è prevista per l' 8 gennaio, ma alla riunione il tema degli strappi non sarà toccato.
Pubblicamente il tema degli addii passa sottotraccia, nonostante le bordate sparate da Paragone: Di Maio opta per il silenzio. E allarga al gruppo e ai suoi la sua scelta. Il leader chiede di non farsi coinvolgere nella polemica e suggerisce a chi - anche tra i colleghi di governo - lo chiama per annunciare un affondo contro il senatore «cacciato»: «Non lo fate». Bocce ferme, anche per il commento di Di Battista: «Alessandro? Un po' me lo aspettavo - ironizza -, ma Alessandro è libero di esprimersi. Non voglio attacchi, non facciamo l'errore di fare come i partiti. Non stiamo al governo per parlare di noi, né per fare gli idealisti, ma per risolvere i problemi degli italiani. O capiamo la responsabilità che abbiamo sulle spalle, oppure possiamo andare a casa».
Ma lo strappo con Paragone comunque è lo spunto per una riflessione che Di Maio affida al suo inner circle: «Al M5S servono persone che lavorano per ottenere risultati, non visibilità. Servono persone che ci mettano la faccia sempre e non a giorni alterni o secondo le proprie convenienze». Spiega che «non possiamo pensare che ognuno qui faccia quello che vuole» - dice appunto - «il Movimento è pluralità ma non anarchia».
E anche nel governo Di Maio è pronto a rivendicare i temi identitari e le battaglie del Movimento.
La trincea (ironica) del video di auguri di Beppe Grillo sta prendendo pian piano forma. Sulla tenuta della maggioranza e del governo il capo politico non ha dubbi: «Siamo solidi, il governo è forte e c' è voglia di fare. Nei prossimi giorni ci riuniremo per buttare giù il cronoprogramma e prepareremo l' agenda 2020».
Tuttavia gli scogli sono dietro l' angolo: «Quel che è certo è che non accetteremo passi indietro su autostrade - aggiunge il ministero degli Esteri -. La concessione va revocata e bisogna rivedere tutto il sistema di affidamenti per abbassare i pedaggi autostradali. A questo è legato anche il futuro del governo». Per il momento «non c' è preoccupazione» a Palazzo Chigi per le espulsioni e i probabili addii nel Movimento, la situazione viene derubricata a questione interna. Ma a Palazzo Madama nuovi strappi potrebbero portare ad equilibri ancora più instabili.