“RISCHIAMO UNA DISTRUZIONE DI CAPITALE UMANO DI PROPORZIONI SENZA PRECEDENTI” - OSPITE DEL MEETING DI CL, MARIO DRAGHI TIENE UN DISCORSO CHE PROFUMA DI QUIRINALE: “LA CRISI ECONOMICA MINACCIA NON SOLO L'ECONOMIA, MA ANCHE IL TESSUTO DELLA NOSTRA SOCIETÀ. UNA CRESCITA CHE RISPETTI L'AMBIENTE E NON UMILI LE PERSONE È UN IMPERATIVO ASSOLUTO - IL DEBITO SARÀ "BUONO" SE UTILIZZATO A FINI PRODUTTIVI AD ESEMPIO INVESTIMENTI NEL CAPITALE UMANO, NELLE INFRASTRUTTURE CRUCIALI PER LA PRODUZIONE, NELLA RICERCA. SARÀ "CATTIVO" SE UTILIZZATO PER FINI IMPRODUTTIVI…”

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1 - CORONAVIRUS, L'ALLARME DI DRAGHI: "A RISCHIO IL FUTURO DEI GIOVANI. BISOGNA DAR LORO DI PIÙ"

Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”

 

MARIO DRAGHI AL MEETING DI RIMINI

"Ai giovani bisogna dare di più": dopo la catastrofe della pandemia bisogna affrontare la fase difficile e disseminata di insidie della ricostruzione, che dovrà essere improntata alla flessibilità, al pragmatismo, ma anche alla trasparenza. E i giovani vanno messi al centro di ogni riflessione per rimettere in moto i loro percorsi formativi: è questo il cuore del discorso che Mario Draghi ha dedicato all'apertura del Meeting di Rimini, proprio nei giorni in cui il governo sprofonda nell'ennesimo caos sulle riaperture delle scuole a settembre.

 

Già nelle sue prime Considerazioni finali da governatore della Banca d'Italia, ormai quindici anni fa, Draghi aveva voluto sottolineare il dramma dei quindicenni italiani che rimanevano indietro in matematica rispetto ai loro coetanei europei. L'importanza dell'istruzione è un filo rosso che l'ex presidente della Bce non ha mai abbandonato.

 

Gualtieri Conte

Senza mai accennare all'Italia per non farsi trascinare nelle speculazioni, ricorrenti quanto infondate, su un suo fantomatico arrivo a Palazzo Chigi, Draghi ha tracciato anche un percorso preciso per riemergere dalle secche della peggiore crisi del secolo. A partire dai sussidi che molti Paesi europei, tra cui la Germania, la Francia o l'Italia, hanno garantito a un'economia precipitata in un avvelenato letargo: "Servono a sopravvivere, a ripartire", sottolinea. Ma quando si esauriranno, il rischio è che ai giovani resti "la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e i loro redditi futuri". Il rischio reale è quello di una "distruzione di capitale umano di proporzioni senza precedenti dagli anni del conflitto mondiale".

 

MARIO DRAGHI AL MEETING DI RIMINI

Il discorso di Draghi parte dalle macerie del coronavirus per elogiare keynesianamente la "flessibilità e il pragmatismo" con cui è stata affrontata, anche in Europa. E per formulare un "appello ad affrontare insieme le sfide che ci pone la ricostruzione". Da questa crisi l'Europa "può uscire rafforzata". Ma "la responsabilità si accompagna e dà legittimità alla solidarietà. Perciò questo passo avanti dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche a livello europeo e nazionale".

 

consumi

La situazione di oggi, osserva, "richiede un impegno speciale". L'emergenza ha richiesto "maggiore discrezionalità nella risposta dei governi, che non nei tempi ordinari: maggiore del solito dovrà allora essere la trasparenza delle loro azioni, la spiegazione della loro coerenza con il mandato che hanno ricevuto e con i principi che lo hanno ispirato". In un altro passaggio chiave, Draghi sottolinea che "la costruzione del futuro, perché le sue fondazioni non poggino sulla sabbia, non può che vedere coinvolta tutta la società che deve riconoscersi nelle scelte fatte perché non siano in futuro facilmente reversibili. Trasparenza e condivisione sono sempre state essenziali per la credibilità dell'azione di governo; lo sono specialmente oggi quando la discrezionalità che spesso caratterizza l'emergenza si accompagna a scelte destinate a proiettare i loro effetti negli anni a venire".

 

MARIO DRAGHI AL MEETING DI RIMINI

L'Europa stava appena riemergendo dall'abisso della "più grande distruzione economica mai vista in periodo di pace", la crisi economica e finanziaria degli anni '10, quando la pandemia l'ha precipitata in un buco ancora più profondo, che "minaccia non solo l'economia, ma anche il tessuto della nostra società", che "diffonde incertezza, penalizza l'occupazione, paralizza i consumi e gli investimenti".

 

Il ritorno a una crescita "che rispetti l'ambiente e non umili le persone è un imperativo assoluto", per Draghi. Ma "una vera ripresa dei consumi e degli investimenti si avrà solo col dissolversi dell'incertezza che oggi osserviamo e con politiche economiche che siano allo stesso tempo efficaci nell'assicurare il sostegno delle famiglie e delle imprese credibili, perché sostenibili nel tempo".

 

ALCIDE DE GASPERI

Quello dell'ex presidente della Bce è un invito a uno scatto di reni come fu l'accordo di Bretton Woods del 1944 o le riflessioni del 1943 di Alcide de Gasperi sull'Italia democratica. Prime pose di architetture post-belliche arrivate ben prima della fine del conflitto e dei fascismi. Non sappiamo, ammonisce l'economista italiano, se torneremo mai a una normalità pre-coronavirus. Meglio prepararsi a un mondo in cui bisognerà fare in modo che i colossali debiti accumulati in questa fase restino "buoni" e non si trasformino mai nel veleno che potrebbe distruggere l'ordine costituito - e la grande crisi economica e finanziaria del 2008 ci ha insegnato che ciò può avvenire molto rapidamente.

 

Finché non si troverà un rimedio all'epidemia dobbiamo adattarci; e "dalla politica economica ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento". Di più - e Draghi echeggia la famosa esortazione rooseveltiana a non farsi attanagliare dalla paura: "finiremo per essere controllati dall'incertezza invece di essere noi a controllarla. Perderemmo la strada".

 

MARIO DRAGHI AL MEETING DI RIMINI

L'ex allievo di Federico Caffè aveva già paragonato la peste del nuovo secolo alle guerre mondiali in un articolo sul Financial Times uscito nelle settimane più virulente dei contagi, che aveva fatto discutere soprattutto per l'esortazione esplicita ai Paesi europei a indebitarsi senza timidezze. Citando John Maynard Keynes e la sua grande lezione sulla necessità di adattare il proprio pensiero alla realtà che cambia, Draghi torna su quell'immagine e su quell'esortazione, distinguendo il debito "buono" da quello "cattivo".

 

john maynard keynes

Sarà "buono" se "sostenibile se utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca". Sarà debito "cattivo" se utilizzato "per fini improduttivi". I bassi tassi di interesse "non sono di per sé una garanzia di sostenibilità: la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. Quanto più questa percezione si deteriora tanto più incerto diviene in quadro di riferimento con effetti sull'occupazione, l'investimento e i consumi".

 

Draghi consegna alla platea del Meeting un bilancio positivo degli accordi europei raggiunti nei mesi scorsi - anche se non senza qualche amarezza - ma avverte che le macerie della crisi rischiano di seppellire anzitutto i giovani.

 

Dopo gli smottamenti degli anni scorsi provocati dai rigurgiti populisti e anti-europei, ma anche da regole europee che avevano cominciato a mostrare la corda, l'ex governatore della Banca d'Italia sostiene che "dobbiamo pensare a riformare l'esistente senza abbandonare i principi generali che ci hanno guidati in questi anni": la coesione europea, il multilateralismo nelle relazioni globali, l'adesione a un ordine giuridico mondiale. Quei cardini che ci hanno garantito un lunghissimo periodo di pace. "Il futuro non è in una realtà senza più punti di riferimento che porterebbe, come è successo in passato, si pensi agli anni Settanta del secolo scorso, a politiche erratiche e certamente meno efficaci, a minor sicurezza interna ed esterna, a maggiore disoccupazione, ma è nelle riforme anche profonde dell'esistente".

 

coronavirus stati uniti 6

Tuttavia, è anzitutto la traiettoria interrotta della scuola, dell'università, dell'istruzione e della formazione angosciano Draghi, l'economista che studiò negli Stati Uniti ed ebbe il privilegio di cinque premi Nobel come professori. Anche perché non è chiaro se il virus ci consentirà mai di tornare a una vita normale, alla vita cui eravamo abituati prima dello scoppio della peste del nuovo secolo.

 

coronavirus stati uniti 5

"La situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e risorse finanziarie" nell'istruzione, ammonisce. Anche per una ragione morale: saranno i giovani a ereditare la nostra montagna di debiti, ereditata da decenni di scelte scriteriate, ingigantite dalla pandemia. "Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza".

 

LAGARDE - MERKEL - VON DER LEYEN

Quanto al Recovery Fund e al Bilancio pluriennale, insomma agli importanti accordi raggiunti a luglio, Draghi non entra nel merito. Ma osserva che se il negoziato ha rischiato di spaccare nuovamente il continente, l'Europa ne può uscire comunque "rafforzata". E l'azione dei governi poggia "su un terreno reso solido dalla politica monetaria". Le decisioni prese di recente, secondo Draghi, "sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un ministero del Tesoro comunitario". Dopo decenni di prevalenza dell'intergovernativo, l'economista italiano vede la Commissione tornata "al centro dell'azione".

 

URSULA VON DER LEYEN ANGELA MERKEL

Un sollievo, per Draghi: "non dobbiamo dimenticare le circostanze che sono state all'origine di questo passo avanti per l'Europa: la solidarietà che sarebbe dovuta essere spontanea, è stata frutto di negoziati". Ma è anche vero che il passo in avanti "dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche". Allora "non si potrà più, come sostenuto da taluni, dire che i mutamenti avvenuti a causa della pandemia sono temporanei".

 

La filosofia dei prossimi mesi e anni, secondo l'ex presidente della Bce, dovrà essere improntata alla famosa preghiera di Reinhold Niebuhr a Dio, perché gli desse "la serenità per accettare le cose non può cambiare, il coraggio di cambiare quelle che può cambiare e la saggezza di capire la differenza".

 

MARIO DRAGHI

2 - DRAGHI APRE IL MEETING IN CAMPO SE IL GOVERNO VA IN STALLO SUI FONDI UE

Andrea Bassi Alberto Gentili per “il Messaggero”

 

Quello di Mario Draghi al Meeting di Rimini a ben guardare non è un ritorno. L'ex presidente della Banca centrale europea (Bce) ed ex governatore di Bankitalia è da mesi, da quando a novembre lasciò il vertice di Francoforte, il convitato di pietra della politica italiana. Anzi, a sua insaputa e senza che abbia fatto nulla per accreditarsi per il ruolo di premier, Draghi è una sorta di spettro che aleggia su palazzo Chigi.

MARIO DRAGHI CON LA MASCHERINA E IL DISCORSO DI IGNAZIO VISCO DURANTE L EMERGENZA COVID

 

E spaventa il suo inquilino. Prima che Giuseppe Conte si rafforzasse, strappando a luglio l'accordo per i 209 miliardi del Recovery Fund, Draghi era stato evocato a settimane alterne dal plenipotenziario leghista Giancarlo Giorgetti, seguito a ruota dai due Matteo: Salvini e Renzi. Obiettivo comune: mandare a casa l'(ex) avvocato del popolo. E perfino il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, infrangendo il proverbiale non possumus grillino verso i banchieri europei, il 24 giugno ha incontrato segretamente colui che per sette anni aveva guidato l'odiata (dai 5Stelle) Bce che, assieme al Fmi e alla Commissione di Bruxelles, negli anni precedenti aveva spedito la Troika in Grecia, Spagna e Portogallo. «Colloquio proficuo e positivo», certificò il leader grillino, correndo a smentire «dietrologie e complottismi»: «Io sostengo convintamente Conte». Con in tasca i 209 miliardi con cui «far ripartire l'Italia e cambiare volto al Paese», il premier ora si sente più sicuro.

MARIO DRAGHI

 

Ma se il governo rosso-giallo dovesse entrare in stallo anche nell'elaborazione del Recovery Plan da presentare entro metà ottobre - come accaduto su Autostrade, Alitalia, Ilva, Mes, decreti sicurezza, riforma della giustizia, prescrizione, etc - il copione è già scritto: in molti correranno a rilanciare l'ipotesi-Draghi per palazzo Chigi. Perché l'ex presidente della Bce ha rapporti ottimi e una credibilità indiscussa presso le cancellerie e istituzioni finanziarie europee: fu lui a salvare l'euro nel 2012 con il famoso «whatever it takes», il faremo qualunque cosa sia necessaria per difendere la moneta unica.

 

MARIO DRAGHI CHRISTINE LAGARDE

Ed è stato sempre Draghi a varare il quantitative easing, in modo da tagliare gli artigli alla speculazione contro i Paesi ad alto debito. Ebbene ora, a giudizio di molti osservatori e dei soliti tifosi, l'ex presidente della Bce sarebbe l'uomo giusto al posto giusto per attuare il piano di riforme con cui spendere i 209 miliardi che dal prossimo anno, fino al 2023, pioveranno sull'Italia. Sempre se l'Italia saprà spenderli. Non a caso, come spiega Bernhard Scholz, presidente della fondazione Meeting, «a Rimini si parlerà di pianificazione lungimirante dei fondi europei e di come usarli al meglio». Un po' la «concretezza e la rapidità» invocata a più riprese dal capo dello Stato Sergio Mattarella.

 

I NODI ECONOMICI

MARIO DRAGHI CHRISTINE LAGARDE

C'è da dire che Draghi, per il quale c'è chi immagina il Quirinale nel 2022, non ha mosso un dito e non ha pronunciato una sola parola per innescare questa attesa messianica. Né si è proposto come il Grande Risolutore dei problemi atavici che stringono alla gola l'Italia. Quello di oggi, è l'attesa, sarà un discorso alto, «di prospettiva». Si parlerà di Europa e di futuro. Ci sarà probabilmente un filo rosso con il suo unico vero intervento sull'emergenza economica dovuta alla pandemia, la lettera affidata qualche mese fa al Financial Times. In quell'occasione aveva esortato gli Stati «ad intervenire con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura, resa ancor più grave da un'infinità di fallimenti che causeranno danni irreversibili».

 

LUIGI DI MAIO GIANCARLO GIORGETTI GIOVANNI TOTI

Salvo qualche incertezza iniziale, la ricetta prospettata da Draghi in quell'occasione è stata seguita da tutti i Paesi. Anche dall'Italia, che nonostante i suoi pesanti vincoli di bilancio, è riuscita a stanziare 100 miliardi di euro per fronteggiare l'emergenza. Ora c'è da affrontare la doppia sfida di usare bene e in fretta i soldi messi a disposizione dall'Europa, e tenere bassa la pressione dei mercati finanziari sul debito pubblico. Anche su questo Draghi era stato diretto. «È ormai chiaro», aveva scritto, «che la nostra reazione dovrà far leva su un aumento significativo del debito pubblico.

 

La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato e l'indebitamento necessario per colmare il divario dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie». In questo nuovo mondo, caratterizzato da alti debiti, bassi tassi di interesse, e sostegno reciproco tra le economie dei Paesi, nessun governo potrà rischiare passi falsi.