“SARÀ LÌ, SULLE MACERIE FUMANTI, CHE COMPARIRÀ GIGGINO” - FABRIZIO RONCONE: “QUAL E' IL PIANO CHE HA IN MENTE LUIGI DI MAIO? PER ADESSO, LA SCENA E' QUESTA: LASCIA CHE CONTE PUNZECCHI DRAGHI A GIORNI ALTERNI, BEN SAPENDO CHE UNA CRISI DI GOVERNO SAREBBE PURA FOLLIA” - “INTANTO LEGGE I SONDAGGI: L’ULTIMO, FERALE, STIMA I 5 STELLE AL 13,2%. IL PRIMO TRACOLLO UFFICIALE E' PREVISTO ALLE PROSSIME AMMINISTRATIVE, A GIUGNO. GIGGINO NON DIRA' NULLA. LA DOMANDA SARA' SOTT’INTESA: ‘O ME, O CONTE. DECIDETE’…”
-Fabrizio Roncone per “Sette - Corriere della Sera”
«Giggino e furbo». «A Giggino non lo freghi». «Giggino ha un piano preciso». Ecco, appunto: qual e il piano che ha in mente Luigi Di Maio affettuosamente detto Giggino dal pattuglione grillino fedele a lui, alle poltrone e a Mario Draghi?
L’interrogativo rotola nei corridoi del Parlamento e si porta dietro sospetti e perfidie, crudele stupore e cupa preoccupazione.
Ormai, ogni mattina, il primo pensiero di Giuseppe Conte, capo del M5S fino a prova contraria, è: che farà oggi quello lì? Perche' Giggino non si limita a esercitare l’incarico di ministro degli Esteri, sempre in perfetta sintonia con le strategie adottate dal governo in questi tempi di guerra.
Ma incontra i leader degli altri partiti, e tiene rapporti stretti con l’aristocrazia economica di questo Paese; la sua voce rassicurante blandisce, promette, inciucia: soprattutto, regolarmente, lo smarca dall’ex premier di Volturara Appula. In questo, Giggino è formidabile.
Quarant’anni fa avrebbe avuto l’imbarazzo della scelta: spregiudicato come un craxiano, astuto come un forlaniano, paziente come un andreottiano.
Rasato, ben spruzzato d’acqua di Colonia, in abito blu e scarpe nere stringate anche la notte, sotto al piumone: Berlusconi, ai tempi, sarebbe impazzito per uno cosi.
Invece a Giggino e toccato nascere e crescere grillino, gli e persino toccato frequentare Alessandro Di Battista, e perciò adesso si ritrova in questo movimento che ha chiuso con l’ignobile bugia dell’“uno vale uno”, i suoi parlamentari hanno scoperto il fascino del potere e così il movimento e diventato partito, una specie di partito, strangolato com’e' dalla nota, tragica diarchia (Conte dice di essere quello che decide: ma il padrone riconosciuto resta Beppone).
Quindi? Per adesso, la scena è questa: Di Maio lascia che Conte punzecchi Draghi a giorni alterni, ben sapendo che una crisi di governo, con un conflitto ancora in corso, sarebbe pura follia. Ma intanto legge i sondaggi: l’ultimo, ferale, stima i 5 Stelle al 13,2%, quasi 20 punti sotto il risultato del 2018. Il primo tracollo ufficiale e previsto alle prossime amministrative, a giugno. E sarà lì, sulle macerie fumanti, che comparirà Giggino. Ma non dirà nulla. La domanda sarà sott’intesa: «O me, o Conte. Decidete» (a quel punto, una scissione potrebbe essere inevitabile).