“LA SCONFITTA DEL PD SI DEVE ALL’AMICHETTISMO CHE ESPRIME CONCITA DE GREGORIO, INSIEME ALLA SUA INTERA CORTE” - FULVIO ABBATE: “E’ LA SUPPONENZA IN NOME DEL PRESUNTO “BUON GUSTO” E DI UN “GALATEO” IPOCRITA CHE RENDE POSSIBILE CHE LE PULSIONI FASCISTE E PLEBEE SI MOSTRINO NELLE URNE NELLA LORO MOSTRUOSA EVIDENZA - MI AUGURO CHE ELLY SCHLEIN, CUI LEI AFFIDA PENSANDO DI AVERNE TITOLO, L'INVESTITURA, LA MELA BIO AVVELENATA DELL’AMICHETTISMO POLITICO, SE NE TENGA DISTANTE, FACENDO SEMMAI RITORNO A INCONTRARE “L’UMILE ITALIA”, A CUI LA SINISTRA DOVREBBE CONSEGNARE SE STESSA”
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Fulvio Abbate per Dagospia
Il cuore? Semmai il fegato. Quello ingrossato dal leggere l’articolo di Concita de Gregorio. Scrivere su “Repubblica”, come ha fatto stamattina, che si debba “ricominciare dal cuore” è cosa risibile, penosa, schiuma da educandato della presunta “vocazione maggioritaria”, la stessa di cui Veltroni è mandante, e lei primo interprete garantito assoluto.
La sconfitta del Pd, e per estensione della “sinistra” tutta, da lei attribuita a Enrico Letta, persona che giganteggia sempre e comunque davanti alle sue parole, la sconfitta delle “cose belle”, che le imputa ad altri, a chi le ha comunque consentito spazio d’azione mediatica e narcisistica, la si deve in eguale misura, assai di più, all’amichettismo che Concita De Gregorio, insieme all’intera corte di amichetti della “sua” sinistra di cooptati d'autore, esprime.
Supponenza in nome del presunto “buon gusto” e di un “galateo” ipocrita che da decenni calpesta il cuore d’ogni vero sentimento di rivolta e opposizione all’esistente, compreso quello “di sinistra”, e che rende possibile, sempre per voce di un galateo portatile dei cosiddetti ceti medi riflessivi, che le pulsioni fasciste e plebee incancellabili nella nostra società incerta e ferita si mostrino nelle urne in tutta la loro mostruosa evidenza antropologica, ancor più che politica.
Ancor prima di Enrico Letta, da se stessa si dovrebbe dimettere Concita De Gregorio, e con lei l’intera corte edificante letteraria e cinematografica che la accompagna nella convinzione d’essere nel giusto dell’elegante perfezione “civile”. Mi auguro che Elly Schlein, cui lei affida ufficialmente, pensando di averne titolo sempre in nome dell'eleganza, l'investitura, la mela bio avvelenata dell’amichettismo politico, se ne tenga distante, facendo semmai ritorno a incontrare “l’umile Italia”, a cui la sinistra, come scrive qualcuno, dovrebbe consegnare se stessa, “nella lunga serie di notti in cui marcia, senza bandiere, la vita”.