“SE OBAMA AVESSE REAGITO QUANDO ASSAD HA USATO ARMI CHIMICHE CONTRO IL SUO POPOLO, FORSE PUTIN NON AVREBBE INVASO L'UCRAINA” - TAHAR BEN JELLOUN: “ASSAD, CONSIGLIATO E AIUTATO DA PUTIN, NON HA ESITATO A UCCIDERE NEL SONNO INTERE FAMIGLIE. L'ASSENZA DI REAZIONI DA PARTE DEL RESTO DEL MONDO HA PERMESSO IL RITORNO SULLA SCENA MEDIORIENTALE DI PUTIN, CHE NON ERA STATO CONSULTATO DAGLI AMERICANI QUANDO HANNO DECISO DI INTERVENIRE IN IRAQ NÉ DAI FRANCESI QUANDO HANNO MANDATO I LORO AEREI IN LIBIA. OGGI PUTIN HA UN PIANO E UNA STRATEGIA E LI SEGUE SAPENDO CHE NÉ GLI AMERICANI NÉ GLI EUROPEI ANDRANNO A FERMARLO”
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Tahar Ben Jelloun per “la Repubblica”
Noi europei possiamo dire: "Non abbiamo salvato Aleppo dalle bombe russe nel 2013 e malgrado la resistenza dei suoi cittadini stiamo per perdere Kiev". Se, fra il 2012 e il 2013 Barack Obama fosse stato di parola e avesse reagito quando Bashar al-Assad ha superato la linea rossa e usato armi chimiche contro il suo popolo, forse oggi l'Ucraina non sarebbe sotto le bombe. È solo un'ipotesi ma ciò che Putin ha fatto in Siria è grave e sanguinoso quanto ciò che il suo esercito sta facendo oggi in Ucraina.
Per capire un altro aspetto delle origini della guerra che sta conducendo contro gli ucraini, bisogna ricordare il ruolo determinante che Putin ha avuto in Siria a partire dal 2012. Oggi Bashar al-Assad non sarebbe più al potere se Putin non l'avesse spalleggiato, intervenendo militarmente contro i ribelli in diverse località della Siria. Gli aerei di Putin hanno bombardato i civili, uccidendo migliaia di siriani per la soddisfazione del dittatore Bashar, sterminatore del suo popolo.
Il 20 agosto 2012 Barack Obama avvertiva il regime di Assad: «Il minimo spostamento o impiego di armi chimiche avrà conseguenze gravissime e costituirà una linea rossa». Obama minacciava «un possibile intervento militare» in caso di superamento della linea rossa. La sua posizione era stata approvata dal primo ministro britannico David Cameron come da François Hollande, che aveva dichiarato: «L'uso di armi chimiche giustificherebbe un intervento diretto».
Bashar, consigliato e aiutato da Putin, ha fatto orecchie da mercante e non ha esitato a uccidere nel sonno intere famiglie con queste armi terribili. L'ha fatto a Ghouta Est, ad Adra e a Duma. Il giorno dell'attacco chimico più micidiale sulla periferia di Damasco (Jobar, Zamalka, Ein Tarma e Hazeh) è stato il 21 agosto del 2013. Né Obama, né Cameron, né Hollande hanno mosso un dito. Solo parole! Così Putin ha avuto mano libera e ha inviato i suoi aerei a bombardare Aleppo e altre località che resistevano a Bashar.
L'assenza di reazioni da parte del resto del mondo ha permesso il ritorno sulla scena mediorientale di Putin, che non era stato consultato dagli americani quando hanno deciso di intervenire in Iraq né dai francesi quando hanno mandato i loro aerei in Libia. Oggi Putin ridefinisce le frontiere del suo impero. Proteste e sanzioni non lo toccano. Avanza, preme, fermamente convinto delle sue assurde teorie.
Putin non è pazzo. Pazzo è chi non sa quello che fa. Putin invece ha un piano e una strategia e li segue con costanza e precisione sapendo che né gli americani né gli europei andranno a fermarlo. Joe Biden l'ha appena definito «un criminale di guerra». Un'accusa grave ma gratuita. Certo, le conseguenze di quest' accusa dovrebbero portare Putin davanti a un tribunale.
Il Tribunale penale internazionale non è riconosciuto né dagli Stati Uniti né dalla Russia. Solo gli europei potrebbero prendere l'iniziativa di processarlo, cosa che non lo preoccupa per niente. Come ha detto Rony Brauman, un medico che lavora in ambito umanitario: «Per essere credibili, bisognerebbe prima processare George W. Bush». Oltretutto, la propaganda funziona piuttosto bene in Russia, dove gli ucraini sono considerati aggressori anche quando gli aerei russi bombardano un reparto maternità o un teatro in cui hanno trovato rifugio civili e bambini.
Solo l'opposizione interna potrebbe dissuadere Putin da questa impresa sanguinaria, un'opposizione che si esprime flebilmente ma con coraggio. L'atteggiamento fermo degli europei e degli americani non lo preoccupa molto. Le rappresaglie economiche contro di lui, il suo entourage e tutta la Russia colpiscono soprattutto i cittadini più poveri. Come all'epoca di Saddam, quando chi ha sofferto di più per l'embargo mondiale contro l'Iraq è stato il popolo iracheno. La guerra prosegue e l'Europa ha paura.
In Francia regna un misto di angoscia e coscienza sporca. Quando i rifugiati siriani e iracheni bussavano alle porte dell'Europa, solo la Germania li ha accolti. Gli altri Paesi europei non ne volevano, con la scusa che fra i rifugiati potevano nascondersi dei terroristi. Due pesi e due misure, con sullo sfondo un sottinteso razzista. Quelli erano musulmani, questi sono cristiani. Sono in molti a prendere sul serio la minaccia del ricorso alle armi nucleari fatta da Putin all'inizio della guerra.
La campagna per le presidenziali francesi è stata sabotata da questa guerra. È la prima volta che l'Europa si ritrova unita di fronte a una minaccia reale di cui i cittadini temono gli effetti collaterali. Putin è riuscito a unire i ventisette Paesi dell'Unione. Non sappiamo dove fermerà il suo esercito. Ah, se Obama e gli europei avessero tenuto fede alle loro minacce contro Bashar, forse Putin non avrebbe invaso l'Ucraina.