“SE LA RUSSIA BLOCCA LE FORNITURE DI GAS, SCATTANO I RAZIONAMENTI” - IL MINISTRO CINGOLANI INVITA A NON GIOCARE CON I RUBINETTI DI PUTIN: “SERVONO SEI MESI PER RAGGIUNGERE IL 90% STOCCAGGIO NECESSARIO A SUPERARE IL PROSSIMO INVERNO CON TRANQUILLITÀ. UNO STOP RENDEREBBE LA SITUAZIONE CRITICA SENZA CONTENIMENTO DELLA DOMANDA” - AL MOMENTO I DEPOSITI SONO PIENI AL 37,6%...
-1 - CINGOLANI: "SARÀ UN INVERNO DURO CON STOP A GAS" OCCORRONO ALMENO SEI MESI PER LO STOCCAGGIO
Da “la Stampa”
Servono sei mesi per raggiungere il 90% stoccaggio necessario a superare il prossimo inverno «con una certa tranquillità», spiega il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sottolineando che uno stop oggi alle forniture dalla Russia «renderebbe la situazione critica in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda».
Il traguardo a cui guardare per sostituire le importazioni da Mosca è la fine del 2024.
Grazie anche ai risparmi con l'incremento delle rinnovabili per 0,7 miliardi di metri cubi e altri 2 miliardi previsti dal taglio di un grado alle temperature di riscaldamento e condizionamento. Il Mite calcola poi che un price cap al gas a 80 euro taglierebbe la bolletta del gas del 25% e ancora di più quella della luce.
2 - L'ALLARME DI CINGOLANI: «SENZA GAS RUSSO INVERNO AL FREDDO»
Michele Zaccardi per “Libero quotidiano”
Che fosse difficile fare a meno del metano di Mosca lo si intuiva, anche senza che ce lo dicesse Cingolani. Ma con le sue dichiarazioni il ministro della transizione energetica ha confermato i timori: «L'interruzione a maggio delle forniture di gas dalla Russia renderebbe critico il superamento del prossimo inverno». Il problema, infatti, sono gli stoccaggi. Se sono vuoti, non è possibile rifornire con regolarità famiglie e imprese.
E in quest' ipotesi, come ultima carta da giocare rimarrebbe il razionamento. Un blocco immediato dei flussi di gas, infatti, non sarebbe gestibile «in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda, che ovviamente sono previste» ha aggiunto Cingolani durante un'audizione alla Camera.
L'unico modo per superare indenni l'inverno, allora, è riempire i serbatoi. Tuttavia, per arrivare in autunno con gli stoccaggi al 90%, come stabilito dall'Ue, occorrono circa sei mesi, considerando che ogni mese accumuliamo 1,5 miliardi di metri cubi di metano e che al momento i depositi sono pieni al 37,6%.
IMPRESA DIFFICILE
L'impresa, insomma, non sarà facile. Anche perché, come ha dichiarato a Repubblica lo stesso Cingolani, l'Italia non sarà autonoma dal gas di Mosca prima della seconda metà del 2024. Secondo il ministro, un'eventuale chiusura dei rubinetti a novembre si potrebbe affrontare, anche se l'ideale sarebbe «mantenere le forniture russe fino a fine 2022, per garantire la sicurezza del sistema». Vasto programma, si direbbe, considerata l'incertezza del momento. E con la grana del pagamento in rubli del gas che incombe.
A metà maggio, infatti, vanno saldate le prime forniture con il nuovo meccanismo e da Bruxelles, per ora, non è arrivata ancora una spiegazione chiara su come affrontare il problema.
Del resto era stato lo stesso Cingolani a sollevare la questione in un'intervista al quotidiano americano Politico, nella quale sembrava assecondare la richiesta di Mosca di pagare con il sistema del doppio conto, in euro (o dollari) e in rubli. In seguito alle polemiche scoppiate per le sue parole, il ministro ha detto di essere stato «travisato». Ma il punto sottolineato da Cingolani è dirimente perché riguarda il modo in cui avviene la transazione.
Se questa si considera conclusa quando la Banca centrale russa cambia in rubli gli euro depositati dagli importatori presso il loro conto in Gazprombank, allora si potrebbe configurare un prestitoa favore di Mosca, vietato dalle sanzioni. Se invece il paga- mento si compie con il saldo in euro, la transazione è lecita.
Dunque nessuna «apertura al rublo», ha rimarcato il ministro: «l'Europa è estremamente unita in questo, serve una posizione unitaria con una direttiva chiara».
Una posizione che, però, a giudicare dalle fibrillazioni degli ultimi giorni, non è poi tanto granitica. Soltanto dopo aver superato la minaccia di veto dell'Ungheria e ottenuto il via libera dalla Germania, Bruxelles è riuscita a varare il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca, tra le quali spicca l'embargo (graduale) del petrolio a partire dal 2023.
TESTO AGLI AMBASCIATORI
Nel testo, che passa ogginelle mani degli ambasciatori degli Stati Ue, è prevista infatti un'eccezione per Slovacchia e Ungheria, entrambe fortemente dipendenti dal greggio russo. I due Paesi, senza sbocco sul mare e quindi impossibilitati a diversificare in breve tempo le forniture, potranno continuare ad acquistare il petrolio da Mosca per tutto l'anno prossimo. Il blocco delle importazioni, però, non sarà indolore neanche per gli altri Stati membri.
Prima della guerra, l'Italia comprava dalla Russia il 13% del petrolio che consuma ogni anno, mentre la Germania il 35%, percentuale che è scesa al 12% nelle ultime settimane. Nel complesso, l'Unione europea staccava a Mosca un assegno di 400 milioni di dollari per i 3/3,5 milioni di barili che acquistava ogni giorno. Un flusso di denaro che contribuiva, e continua a farlo anche adesso, a finanziare il conflitto in Ucraina e che Bruxelles è determinata ad azzerare.
Male nuove sanzioni non riguardano soltanto l'oro nero. Il sesto pacchetto, i cui dettagli saranno resi noti oggi dalla Presidente della Commissione, Ursula von der Layen, prevede misure che colpiscono i militari coinvolti nelle uccisioni a Bucha e i familiari di alcuni oligarchi. Inoltre, altre tre banche verrano escluse dal circuito Swift: Sberbank, che detiene il 37% del mercato russo, Russian Agricoltural Bank e Moscow Credit Bank. Viene sanzionato anche l'istituto di credito bielorusso Belinvest. Dovrebbero inoltre essere introdotte delle misure per scoraggiare l'export di greggio verso Paesi terzi, come il divieto di transito per i porti europei e l'assicurazione dei carichi.