“STARE AL GOVERNO È UN ATTO D'AMORE CHE CI COSTA, VISTO CHE ESSERE INSULTATO TUTTI I GIORNI DA LETTA E DI MAIO NON È IL MASSIMO” – SALVINI CONTINUA A GIOCARE ALL’ALLEGRA OPPOSIZIONE E MINACCIA DRAGHI: “SE IL GOVERNO FA QUELLO PER CUI È NATO, NOI CI SIAMO. NON VOGLIO PENSARE CHE IL GOVERNO ITALIANO PREMA PER ASSECONDARE L'INVIO DI ARMI A GIUGNO, A LUGLIO, AD AGOSTO, A SETTEMBRE PERCHÉ SAREBBE LA MORTE” – SONO SOLO FRASI A EFFETTO IN VISTA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE O VUOLE SUL SERIO FAR CADERE “MARIOPIO”?

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Marco Cremonesi per il “Corriere della Sera”

OSCAR DE PELLEGRIN LUCA ZAIA MATTEO SALVINI

 

«L'atto di amore» di Matteo Salvini è «restare al governo». Fino a pochi giorni fa, dal leader leghista la possibilità di una crisi era categoricamente esclusa. Eppure, sarà che la campagna elettorale per le Amministrative è entrata nella sua ultima settimana, i toni del segretario leghista sono cambiati. Salvini ha iniziato l'altra sera: «Se il governo Draghi fa quello per cui è nato, noi ci siamo».

 

Poi, giù con una raffica di altolà su tasse e pensioni. E soprattutto: «Non voglio pensare che il governo italiano prema per assecondare l'invio di armi a giugno, a luglio, ad agosto, a settembre perché sarebbe la morte».

IL VIAGGIO DI SALVINI A MOSCA BY ELLEKAPPA

 

Il passaggio è di attualità: il 21 giugno Mario Draghi parlerà al Senato prima di partecipare al Consiglio europeo che ha al punto 2 dell'ordine del giorno una sola parola: «Ucraina». Sulle dichiarazioni del premier sarà votata una risoluzione e il «Salvini di pace» non si sa bene che cosa deciderà di fare. Ieri, di sicuro, ha osservato che «l'embargo e le sanzioni non stanno portando alcun risultato».

 

E così, persino un draghiano storico come il ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, pare preoccupato: «Cosa faranno Lega e M5S bisogna chiederlo a Salvini e Conte. Credo che sia un passaggio rischioso». Insomma: «Non so cosa proporrà il premier ma il Parlamento è sovrano. E quindi, se non la pensa come il premier bisognerà trarre le conseguenze».

MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI

 

Giorgetti è anche convinto che le divisioni sull'Ucraina inevitabilmente porteranno a «una frattura nella politica italiana». Con Lega e Movimento 5 Stelle, pare di capire, dalla stessa parte.

 

Tutti i salviniani (o quasi) sostengono che no, il partito resterà in maggioranza fino alla scadenza della legislatura. Del resto, anche Salvini lo ha detto: «Abbiamo fatto una scelta, dopo il Covid e la guerra in corso. E se oggi parliamo di alta velocità, nuove autostrade, lo possiamo fare perché la Lega è al governo. Il nostro è un atto d'amore che ci costa, visto che essere insultato tutti i giorni da Letta e Di Maio non è il massimo».

giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini

 

Le schermaglie sono pluriquotidiane. E al Salvini che continua a parlare di un «Pd guerrafondaio» risponde Enrico Borghi. Mettendo il dito nella piaga: «Se noi siamo i guerrafondai, i venditori di armi, allora chiedo a Salvini: perché stai al governo con noi?».

Mentre Enrico Letta torna sul tema del (fin qui mancato) viaggio in Russia di Salvini, messo tra le «iniziative estemporanee che dividono e dimostrano ai russi che non siamo un Paese serio e in cui pezzi di establishment politico se ne fregano di quello che fa il governo». Inoltre, dall'europarlamento, Simona Bonafé e Pierfrancesco Majorino hanno chiesto «un dibattito in plenaria e di andare fino in fondo» alle relazioni tra Lega e Russia.

ENRICO LETTA MATTEO SALVINI

 

Giusto ieri, l'ambasciatore russo Sergey Razov ha chiarito che «non ci sono stati ostacoli da parte nostra per il viaggio in Russia» di Salvini: «Qualsiasi sforzo di mediazione dettato dal buon senso e da un sincero desiderio di raggiungere una soluzione politica potrebbe essere richiesto».

 

Mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Franco Gabrielli, dopo le parole nette dell'altro giorno ha però detto di non credere «assolutamente che le azioni» di Salvini «pongano in pregiudizio la sicurezza nazionale».

 

Chissà se hanno ragione coloro che dicono che le continue sortite del leader leghista ricordano il 2019. Quando, prima della caduta del governo gialloverde, Salvini attaccava due o tre ministri al giorno. Ieri, in effetti, è stato così: «Se i russi non vogliono parlare con Di Maio, è mio dovere parlare con chiunque per aiutare a fermare la guerra». Poi, un suo bersaglio classico, Luciana Lamorgese: «Che faccia qualcosa, che giustifichi il suo stipendio da ministro».

matteo salvini alla scuola di formazione politica della lega