“LO STATO NON POTRÀ FARSI CARICO DI 60 MILIONI DI ITALIANI” - LO SCENARIO NERO CHE VERRA' SECONDO GIUSEPPE DE RITA: “UNA CRISI COSÌ PROFONDA, LA SI RISOLVE CON UNO SCATTO DI OGNUNO DI NOI, COME NEL DOPOGUERRA. SOLO CHE ABBIAMO UNA CLASSE POLITICA CHE FA LE COSE IN BASE ALLE REAZIONI DEI SOCIAL. MINISTRI PIÙ PROTESI A FARE UN TWEET AZZECCATO CHE A CAPIRE A FONDO UN DOSSIER DI DIECI PAGINE - GLI ESPERTI SANITARI? OGNUNO CERCA DI SPIEGARE QUANTO È BRAVO…”
-Concetto Vecchio per “la Repubblica”
«In questi giorni mi capita spesso di pensare alla guerra. Avevo tredici anni e certe notti per la fame non riuscivo a dormire. Guardavo il soffitto e non mi addormentavo.
Poi il conflitto finì, e io sentivo di essere già un uomo. Capivo che avrei dovuto fare uno sforzo immane per uscire da quella notte. E come me lo sapevano anche gli italiani. Tutto attorno a noi era in macerie, però ce l' abbiamo fatta, siamo diventati la quinta potenza nel mondo».
Professore De Rita, come faremo a uscire da questa notte?
«Lavorando duro. Ho quasi 88 anni e vado in ufficio al Censis ogni mattina. In questo momento nessuno dei nostri clienti pensa di affidarci una ricerca, hanno tutti la testa da un' altra parte, però cerchiamo di farci venire delle idee, per fare quei 50-60 contratti che ci danno da campare: altrimenti moriamo».
Bisogna rimboccarsi le maniche?
«Sì. Nel 1945 eravamo straccioni e lo Stato non poteva aiutare nessuno, al massimo qualche pensione di guerra e un po' di edilizia, eppure tutti si rimisero a faticare senza risparmiarsi».
Non è così stavolta? Nessuno vorrebbe dover stare a casa.
«Noto questo: si tende a delegare tutto allo Stato, anche la beneficenza. Mi ha colpito che le grandi imprese abbiano donato in buona parte alla Protezione civile. Abbiamo statalizzato la pandemia».
In una pandemia non deve pensarci lo Stato?
«Ma lo Stato non potrà farsi carico di 60 milioni di italiani».
Ma rischiamo un -15% del Pil.
«Proprio perché è una crisi così profonda, la si risolve con uno scatto di ognuno di noi. Nel 1963, quando lasciai lo Svimez per mettermi in proprio, cominciai a navigare in mare aperto in un settore difficilissimo come quello della ricerca sociale. So io la fatica che ho fatto. Èd è stata la fatica di una generazione».
Ma un ristoratore o un imprenditore che esporta ora che cosa possono fare?
«Li capisco, naturalmente. Ma io parlo in generale: prima o poi questa situazione si attenuerà, e bisognerà farsi venire delle idee. Tutta l'energia psichica è rivolta ai vertici. Non possiamo aspettare anche il bonus vacanze».
Gli italiani sono cambiati?
«C' è una stanchezza che viene da lontano e a cui ha contribuito anche un' élite al potere che non ha incitato alla vitalità dei soggetti: quasi un invito a non correre troppo. Col risultato che il povero si sacrifica e il ceto medio si lamenta o ha paura».
Che Paese stiamo diventando?
«Sovvenzionato ad personam. Era un' idea che non sfiorava la generazione della guerra».
C'è già un tracollo delle entrate fiscali.
«Ma con questa politica tra un anno lo Stato non avrà più un euro in cassa».
Lei conta sulla forza degli italiani. Non è l'ottimismo di un uomo agiato?
«Mi hanno sempre dato dell'ottimista ottuso, veramente. È stata la mia forza. Resto ottimista anche in questi giorni. Questo Paese l'ho visto crescere e sono cresciuto con lui: è un Paese straordinario».
Questa classe dirigente è all' altezza?
«Abbiamo una classe politica che fa le cose in base alle reazioni dei social. Ministri più protesi a fare un tweet azzeccato che a capire a fondo un dossier di dieci pagine: è l' accusa che ci fanno in Europa».
Non teme un' Italia ancora più rancorosa?
«La definizione del Censis sull'Italia del rancore coglieva il lutto per qualcosa che non c'era più: come due sposi che si separano e che litigano furiosamente perché non sono riusciti a salvare il loro amore. Ma il virus non è colpa nostra, stavolta non possiamo avere rancore: manca il coniuge separato».
Da cattolico come valuta la Chiesa?
«Ha dovuto chiudere le chiese, e si è creato un vuoto che pesa».
Cosa l'ha colpita del virus?
«Che non ne sappiamo nulla. All'inizio ci hanno detto di lavarci le mani e di tenere le distanze: due mesi dopo siamo ancora lì».
È una critica agli esperti?
«Non li giudico, ma la loro comunicazione sì. Osservo le conferenze stampa: sono molto autoreferenziali. Ogni esperto cerca di spiegare quanto è bravo».
Lei userà l'app?
«Io no».
E perché?
«Mi sembra un' esperienza inutile, che andava valutata prima. Leggo che è stata partorita da un comitato di esperti di settanta persone. Settanta!».
Conte ha delegato agli esperti?
«Vi colgo una furbizia. Ci si copre le spalle, "sentito il comitato tal dei tali", E poi la politica fa come gli pare».
Pensa che l' Italia ce la farà?
«Sì, ma servirà molto ardore».