“IL SUCCESSO DI MARINE LE PEN ALLE LEGISLATIVE? HA AFFRONTATO LA QUESTIONE DEL TENORE DI VITA DEI FRANCESI E L'INFLAZIONE” - IL POLITOLOGO YVES MENY: “LE PRESUNTE SIMPATIE DELLA LE PEN NEI CONFRONTI DELLA RUSSIA NON SONO STATE DISCUSSE. E POI C'È LA QUESTIONE DELLA DIFFICOLTÀ DI VIVERE IN QUARTIERI IMPOVERITI CON UNA GRANDE POPOLAZIONE STRANIERA. IL “RASSEMBLEMENT NATIONAL” SI MOBILITA CONTRO L'OCCUPAZIONE DEI TERRITORI DA PARTE DEGLI STRANIERI…”
-Anna Bonalume per “la Stampa”
Il politologo Yves Mény, già presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze, è specialista della democrazia e delle istituzioni europee. Ha appena pubblicato in italiano La Democrazia: l'eredità politica greca (Ariele, 2022). Per La Stampa analizza la relazione tra i risultati del voto francese e il sistema politico italiano.
A cosa si deve l'avanzamento importante del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen?
«Questo risultato è stato una sorpresa anche per la stessa Marine Le Pen, ed è il frutto di due fattori: il primo è l'ancoraggio territoriale, la solidità della base del RN in un gran numero di circoscrizioni, soprattutto nel Nord-Est, in regioni deindustrializzate e impoverite, e nella frangia meridionale della Francia colpita soprattutto dai temi dell'immigrazione e dell'identità nazionale.
Da un'elezione all'altra, il RN non si limita a mantenere le sue posizioni, ma aumenta la sua forza attrattiva. L'elemento sorpresa deriva dal sistema di voto. Nella maggior parte dei collegi elettorali si sono verificati duelli tra il partito presidenziale e il Rassemblement National in molti casi, ma questa volta l'elettorato moderato non si è mobilitato per fare quello che viene chiamato il barrage républicain. Per la prima volta il RN ha beneficiato del voto maggioritario a due turni, che in passato gli è stato molto sfavorevole a causa dello sbarramento repubblicano».
Che impatto ha avuto il conflitto in Ucraina sui risultati delle elezioni francesi?
«La guerra in Ucraina ha giocato solo un ruolo minimo nel comportamento degli elettori, le presunte simpatie di Marine Le Pen nei confronti della Russia non sono state discusse durante le elezioni legislative. La dimensione internazionale è stata decisamente assente.
L'aspetto cruciale è l'insistenza con cui per mesi il Rassemblement National ha affrontato la questione del tenore di vita dei francesi e l'inflazione. Credo che il fattore decisivo del successo del RN sia questo. E poi, naturalmente, c'è la questione della difficoltà di vivere in quartieri impoveriti con una grande popolazione straniera. Il RN si mobilita storicamente contro l'occupazione dei territori da parte degli stranieri, in particolare degli immigrati provenienti dall'Africa nera o dal Nord Africa».
C'è un parallelo tra l'attuale situazione politica francese e le elezioni del 2018 in cui la Lega e il M5S si sono affermati a livello elettorale?
«Sì, ma in un contesto molto diverso. I partiti populisti francesi e italiani, la Lega e il M5S, sono partiti di protesta, prima che di governo. Hanno costruito la loro fortuna elettorale sulla critica alle élite e sull'invasione del territorio nazionale da parte degli stranieri. Ci sono punti in comune da questo punto di vista. Eppure le differenze sono molto importanti.
Il sistema politico italiano è l'antitesi di quello francese: innanzitutto, il sistema proporzionale ha permesso a queste forze italiane di conquistare posizioni forti, mentre fino ad ora in Francia i partiti estremisti sono stati messi in secondo piano perché non potevano fare alleanze con altri partiti. Sono stati sistematicamente respinti in terza o quarta posizione. Anche a livello costituzionale ci sono enormi differenze.
La Francia ha una costituzione che permetterà comunque a Macron di governare se non commetterà imprudenze, mentre in Italia bisogna costruire spesso coalizioni con pezzi di ogni provenienza, come abbiamo visto dalle ultime elezioni.
C'è una grande differenza culturale e quindi politica tra l'Italia e la Francia, la Francia è un Paese di rivoluzione, di opposizione e di polarizzazione, mentre l'Italia, fin dalla sua nascita, è un Paese di compromesso, anche di compromissione a volte, di trasformismo. Le culture sono molto diverse e mentre in Italia non è stato difficile costruire coalizioni successive, grazie a questa tradizione di compromesso, in Francia è difficile a causa di queste opposizioni frontali, tutto è bianco o nero, non ci sono soluzioni grigie».
Nella stampa francese si legge «La Francia è ingovernabile», «La Francia è in frantumi». Lei è d'accordo?
«L'opinione pubblica e la stampa francese sono un po' catastrofiste oggi, e annunciano il caos all'Assemblea Nazionale. Si dimentica che a parte la Gran Bretagna, dove la tradizione è un sistema maggioritario a turno unico, e l'Ungheria di Orban, per ragioni legate al suo stile autocratico, tutti gli altri Paesi europei sono governati da coalizioni, senza eccezioni. In un certo senso, l'opinione pubblica e la stampa francesi non sono affatto abituate alla possibilità di un compromesso tra le parti.
La prima reazione dei repubblicani la sera delle elezioni è stata quella di dire "resteremo all'opposizione". Ciò che mi colpisce è che i francesi si scandalizzano per la mancanza di una maggioranza assoluta, mentre questa è la legge generale in tutta Europa».
Crede che Jean-Luc Melenchon, leader della France Insoumise, chiamerà il popolo a manifestare per ostacolare Macron e opporsi ai suoi tentativi di governare?
«È il rischio principale. Si può sperare che la Nupes proverà a parlamentarizzarsi, ma per La France Insoumise il popolo in piazza è sempre stato il grande mito, il grande sogno, fa parte dei geni di un partito radicale di sinistra. La France Insoumise e i sindacati di sinistra possono bloccare il paese mobilizzando gli scioperi della Sncf (società ferroviaria), della raccolta rifiuti o del settore elettricità.
Sono settori in cui anche una debole partecipazione può avere grandi implicazioni. Questo è il rischio principale, è una strategia che paga facilmente ed è un grande repertorio francese. Il ricorso a forme di violenza o protesta, è spesso preferito rispetto alla partecipazione, alla deliberazione, al compromesso».