Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
È passato un anno, e la guerra d’invasione russa è ancora lì. E inasprita. Se l’aspettava, professor Prodi?
«In parte sì. […] Putin […] Ha fatto tre errori di valutazione. Oltre ai soldati, pensava che gli ucraini lo abbracciassero e che l’Ovest non avrebbe reagito. Si è sbagliato su tutta la linea. E ora la via d’uscita diventa più difficile». Romano Prodi […] non nasconde una punta di pessimismo. E in questa intervista al Corriere analizza le incognite […] dell’avvicinamento tra Cina e Russia. […]
In effetti, le distanze stanno diminuendo.
«A me pare che Russia e Cina siano alla stessa distanza del primo giorno di guerra. La Cina ha sempre parlato e ancora parla di amicizia imperitura, ma di confini intangibili.
E le due cose non sono facilmente conciliabili. Comunque la Cina non sembra avere nessun vantaggio da questa guerra iniziata da Putin».
Eppure Wang Yi, capo della politica estera, è appena stato a Mosca. E gli Usa parlano di armi cinesi alla Russia.
«Se Pechino fornirà armi a Mosca, allora le cose cambieranno. Ma finora mi pare non sia stata inviata nemmeno una pallottola. La visita di Wang Yi mi sembra che si inquadri più sullo sfondo delle tensioni tra Cina e Stati Uniti, che già esistevano e si sono esacerbate. E di un fossato con l’Ue che prima non esisteva, e oggi si sta creando. In realtà la Cina compra tempo, mentre l’America ha fretta.
Questo peraltro è uno spartito prevedibile quando si confrontano una potenza stabilizzata e una ascendente. La Cina ha bisogno di acquisire ancora tecnologie, di alzare il livello del benessere, di aumentare il suo potere. Mentre gli Stati Uniti hanno già raggiunto questi obiettivi».
[…] «[…] la durezza e la rapidità con la quale la Cina prima ha chiuso il Paese per Covid, e poi lo ha riaperto, sono impressionanti. Per questo motivo nelle ultime settimane gli osservatori occidentali hanno cambiato registro e arrivano perfino a dire che la ripresa cinese sarà tale da far aumentare di nuovo il prezzo dell’energia e delle materie prime».
La rapidità decisionale, però, sembra frutto soprattutto di decisioni politiche. E questo solleva molti dubbi.
«Sono dubbi fondati. Non sappiamo neanche come è partita l’infezione. E ancora c’è chi si chiede se la Cina ha superato la grande crisi del Covid. […]».
Pensa che il conflitto in Ucraina sia la polizza di assicurazione per il governo di Giorgia Meloni?
«Non necessariamente. […] Chiediamoci perché gli Stati Uniti privilegino l’alleanza con i Paesi est-europei; perché Joe Biden sia andato a Varsavia ma non a Bruxelles. Se quella di dividere i nove Paesi orientali dall’Europa dei fondatori è una strategia, si porranno presto scelte drammatiche anche per il nostro governo».
Lei che risposta si è dato?
«Gli Stati Uniti dovrebbero avere interesse a un’Europa unita. Ma non vorrei che premessero sull’Europa orientale e le sue nove nazioni perché i restanti 18 membri capiscano come va declinata l’alleanza atlantica. D’altronde, questo è possibile perché manca una politica estera e di difesa comune all’Ue. Gli Usa sembrano scommettere su un gruppo minoritario, ma coeso soprattutto nell’ostilità alla Russia. […] […]».
In Italia, invece, colpisce l’amicizia ostentata tra Silvio Berlusconi e Putin. Da che cosa nasce secondo Lei?
«[…] Una volta, quando governavo, ero con Putin e il premier francese. E Putin mi chiese di premere sull’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché permettesse a Berlusconi di riavere il passaporto, che gli era stato ritirato per motivi giudiziari, in modo da consentirgli di andare alla sua festa di compleanno. Risposi che la cosa non si poteva proprio fare. E meno male che il collega francese spiegò a Putin che avevo ragione».
[…] Pensa che il sistema politico si sia stabilizzato, almeno al governo?
«[…] Come avevo detto fin dall’inizio, la Meloni sarebbe stata obbligata ad avere un ministro degli Esteri “americano”, e un ministro dell’Economia “bruxellese”. E avrebbe dovuto utilizzare il resto per accontentare una difficile alleanza. E direi che le cose stanno così. […] Giorgia Meloni ha dovuto far proprio il precedente quadro internazionale […]». […]