“LA VERITÀ È CHE PROVANO A METTERE LE MANI PERCHÉ TEMONO UN FALLIMENTO NELLA REALIZZAZIONE DEI CANTIERI NEL 2023” – GLI EX MINISTRI DI DRAGHI SONO IRRITATI (EUFEMISMO) CON I CONTINUI ATTACCHI DEGLI ESPONENTI DEL GOVERNO MELONI SUL PNRR. TUTTI ATTENDONO CHE A PARLARE SIA “MARIOPIO”. E SONO CONVINTI CHE PRIMA O POI LO FARÀ…
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Estratto dell’articolo di Serenella Mattera e Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Attendono tutti che a parlare sia Mario Draghi. E sono convinti, i ministri del governo dell'ex banchiere, che prima o dopo l'ex presidente del Consiglio replicherà alle accuse dei fedelissimi di Giorgia Meloni sui presunti ritardi ereditati dall'esecutivo sul Pnrr.
È un fastidio crescente, diventato in alcuni casi sconcerto quando su Repubblica è trapelata la notizia di un imminente decreto per intervenire sulle singole unità di missione per il Pnrr attive in ogni ministero.
Non è certo a queste strutture che si può imputare l'eventuale incagliarsi del Piano, fa presente un ex ministro al centro del dossier. È la punta di un iceberg, la sintesi di concetti che si rincorrono tra esponenti del precedente governo di unità nazionale, che si possono sintetizzare così: «Gli impegni del 2022 dovrebbero essere tutti raggiunti. La verità è che provano a mettere le mani avanti perché temono un fallimento nella realizzazione dei cantieri del 2023».
[…] Se Draghi al momento non interviene, ci hanno pensato alcuni esponenti del suo esecutivo ad alzare la voce. «Non accettiamo l'accusa di aver accumulato ritardi - ha detto qualche giorno fa proprio a Repubblica Enzo Amendola - abbiamo fatto tutto quanto era dovuto, e anche di più».
Si è agito, ricordano a più voci gli ex draghiani, sul fronte del raggiungimento dei singoli obiettivi, ma anche contro il rincaro delle materie prime, per provare a sbloccare i cantieri, e si sono dati poteri sostitutivi d'intervento al governo nei casi più critici. Ma c'è altro. Uno dei punti dolenti che la destra considera cartina di tornasole dei ritardi è l'unità di missione del ministero delle Infrastrutture, allora guidato dal ministro Enrico Giovannini.
In realtà […] il dicastero delle Infrastrutture produce una relazione sugli obiettivi 2022. C'è scritto che ne mancano tre. Da quel momento, due gare ancora aperte vengono aggiudicate, e il terzo impegno, il regolamento sulla concessione dei porti, viene predisposto, inviato al Consiglio di Stato e rispedito al ministero per il vaglio finale del nuovo ministro Matteo Salvini.
Sono puntualizzazioni accompagnate da un fastidio crescente. Ovviamente le interpretazioni sono assai diverse, a seconda che a ragionare sia chi ha governato con Draghi o chi si ritrova a maneggiare un dossier così complesso nell'era della destra a Palazzo Chigi. Ma gli ex draghiani sono persuasi che sostituire i componenti delle unità di missione poco abbia a che fare con la necessità di essere più incisivi nell'attuazione del piano. Anzi, segnalano il rischio che la staffetta tra tecnici crei altri rallentamenti.