“IL VITTIMISMO MAI POTREBBE DIVENTARE CERIMONIA DI RIABILITAZIONE NAZIONALE” – FRANCESCO MERLO: “NON SO COSA PENSI GIORGIA MELONI DELLE SENTENZE CHE HANNO DIMOSTRATO LA MATRICE NEOFASCISTA DELLA STRAGE DI BOLOGNA. NEL 1980 MELONI AVEVA 3 ANNI E DUNQUE POTREBBE LIBERARSI DA OGNI COMPLICITÀ, DIRETTA E INDIRETTA, SE SOLO FACESSE I CONTI CON L’INTERA STORIA DEL MSI E DEL POSTFASCISMO, BOMBE COMPRESE..."
-Da “Posta e risposta – la Repubblica”
[…] Caro Merlo, le dichiarazioni di Meloni sulla strage di Bologna «che le sentenze attribuiscono a matrici neofasciste» sono inquietanti. In altre parole per lei è solo la magistratura che riconosce la matrice neofascista.
Renato Mongiat — Besnate
Risposta di Francesco Merlo
Temo che la sua sia una forzatura. Non so cosa pensi Giorgia Meloni delle sentenze che hanno dimostrato la matrice neofascista del più grave attentato terroristico della storia d’Italia, con 85 morti e 200 feriti, le povere vittime di cui Paolo Bolognesi bene rappresenta i familiari, anche se talvolta sembra cedere alla tentazione di fare il capopartito.
Ebbene, nel 1980 Meloni aveva 3 anni e dunque potrebbe liberarsi da ogni complicità, diretta e indiretta, se solo facesse i conti con l’intera storia del Msi e del postfascismo, bombe comprese, da quella di piazza Fontana nel 1969, e poi nel 1974 di piazza della Loggia e del treno Italicus.
Va detto chiaro che le radici di Fratelli d’Italia, il passato che appesantisce e inorgoglisce Meloni non è quello fascista, di cui il suo amato Almirante, che Giorgia non ha conosciuto, fieramente non si pentì mai. Meloni onora invece l’album di famiglia del Msi degli Anni Settanta senza capire che i suoi incendi emotivi e il suo vittimismo mai potrebbero diventare cerimonie di riabilitazione nazionale.
Aggiungo che la strage di Bologna è al centro della malattia italiana del rovesciamento delle sentenze, ma non ci sono segreti anche se non tutto è pubblico. Eppure nel catalogo delle revisioni e dei rifacimenti, del fine processo mai, Bologna è trattata come Pompei: si scava proponendo prove del Dna su pezzi di corpi, indagini morfologiche che aprirebbero piste, per esempio quella palestinese, siriana e libica, cui accennò il solito Cossiga…
Ma credere in cose che non si conoscono è appunto la sindrome dell’archeologo, lo stato epistemologico di chi vive accerchiato dai misteri del passato: quando comincia l’archeologia finisce la storia. […]