“ZINGARETTI LE HA SBAGLIATE TUTTE” - “LIBERO” ALL’ASSALTO DEL SEGRETARIO DIMISSIONARIO DEL PD: “IL SOSPETTO PERÒ È CHE NON SIA COSÌ E CHE NICOLA, ANCORA UNA VOLTA, SIA STATO VITTIMA DI GOFFREDO BETTINI, SEGUENDONE GLI INFAUSTI CONSIGLI. MA SE L'ATTUALE SEGRETARIO È POCO, GLI ALTRI SONO ANCORA MENO. ORLANDO PRESE IL 28% QUANDO SI CANDIDÒ ALLE PRIMARIE CONTRO UN RENZI MASSACRATO DAL REFERENDUM PERSO. FRANCESCHINI È UN NANO SUL TERRITORIO. GUERINI RESTA PUR SEMPRE L'EX SINDACO DI LODI PORTATO AGLI ALTARI DALL'ODIATISSIMO RENZI”
-Pietro Senaldi per “Libero quotidiano”
Il primo gesto da segretario che ha fatto è stato dimettersi da segretario. Nicola Zingaretti le ha sbagliate tutte finora. Quando Salvini ha fatto cadere il governo gialloverde, lui voleva le elezioni anticipate. C' erano i margini politici per andare alle urne, ma l' uomo diventato leader dei dem in virtù della propria debolezza è stato beffato da Renzi e contraddetto dal suo stesso partito. Quando poi è stato Renzi a far cadere Conte, il voto non era un' ipotesi percorribile, poiché non la voleva il vero capo del Pd, Mattarella.
Eppure Nicola non lo capì e lanciò l'ultimatum: o Giuseppe o elezioni. Anche stavolta è stato sconfitto dal leader fiorentino e dai maggiorenti del partito, che hanno preferito spartirsi le poltrone del nuovo governo. Il povero segretario non ha avuto neppure la forza di imporre un ministro donna. Incurante di aver speso il suo mandato a blaterare di parità di genere, si è dovuto inchinare alle bramosie dei tre capi-corrente, Franceschini, Orlando e Guerini, che reclamavano il posto anche a costo di far fare una figuraccia a tutti.
Dopo essersi appoltronati, i tre amigos che reggono il giochino delle tessere erano subito partiti con il tiro al piccione.
Obiettivo: Nicola. Strategia: due anni di guerriglia per arrivare al congresso, prima delle Politiche, con il segretario logorato. Metodo: utilizzare Zingaretti per il suo intero mandato come sgabello di governo, non certo architrave, e agnello sacrificale da immolare all' alleanza con M5S ma nel frattempo organizzarsi per liquidarlo senza consentirgli di scegliersi le truppe. Sintesi: il fratello di Montalbano avrebbe concluso la propria esperienza senza prendere una sola decisione, non già capo bensì caprone espiatorio.
MOSSA ALLA NANNI MORETTI
Ieri c' è stato il colpo di scena. Se fossero dimissioni vere, dovremmo riconoscere a Zingaretti di aver fatto un gesto di grande dignità. Vorrebbe dire che l' uomo ha preso atto che per oltre due anni è stato un segretario di nome ma non di fatto e ha scelto di far coincidere la forma con la sostanza, andandosene. Il sospetto però è che non sia così e che Nicola, ancora una volta, sia stato vittima di Goffredo Bettini, seguendone gli infausti consigli.
È fondata l' ipotesi che il segretario stia provando a bruciare tutti sul tempo e abbia annunciato, con formula non chiarissima, dimissioni con l' elastico, alla Nanni Moretti: vado via perché spero di farvi paura, che non siate pronti alla mia dipartita e in qualche modo alla fine io possa rimanere dove sto. Lo pensava anche Occhetto, nel 1994, che sta all' attuale segretario come Hegel a Paperino. L' Achille si ritirò confidando in una levata di scudi per farlo restare che però non ci fu. Vatti a fidare degli ex comunisti...
A favore di Zingaretti però c' è che il partito non è più quello di quasi trent' anni fa. I migliori se ne sono andati, ultimo Minniti, la cui rinuncia alla corsa per la segreteria a vantaggio del presidente della Regione Lazio è stata una coltellata mortale per il Pd. Le dimissioni di Nicola impongono ai dem di fare al più presto il congresso, al quale il segretario uscente potrebbe presentarsi da rientrante, costringendo chi lo ha messo nel mirino a scendere in campo e sfidarlo. Ed è proprio sulla pochezza, umana, politica e di consenso dei suo avversari interni, che gioca Zingaretti.
Orlando, il più forte nel partito, prese il 28% quando si candidò alle primarie contro un Renzi massacrato dal referendum perso nel 2016. Franceschini è un gigante nel Palazzo ma un nano sul territorio. Guerini è il più bravo, ma resta pur sempre l' ex sindaco di Lodi portato agli altari dall'odiatissimo rottamatore. Insomma, se l'attuale segretario è poco, gli altri sono ancora meno. La sua uscita di scena ricorda la moglie che lascia il marito nella speranza che questo le si butti ai piedi chiedendo perdono.
Comunque andrà, l' insuccesso è garantito. Le leadership non nascono sotto i cavoli e neppure dall' oggi al domani. Dopo il regno muscolare di Renzi, il gelatinoso Zingaretti era stato scelto per ricucire le ferite del partito e traghettarlo verso l' avvenire, ma la sua ansia ecumenica lo ha reso incapace di imprimere una qualsiasi direzione.
I dem hanno tenuto nei sondaggi solo grazie al disfacimento di M5S, ma è bastato che Grillo tornasse a dedicarsi alla pratica un fine settimana, insediando Conte alla guida del Movimento, perché il Pd scivolasse sotto il 15%. D' altronde non si era mai visto un leader che non solo porta l' acqua con le orecchie ai suoi colonnelli ma si immola anche per sostenere gli uomini altrui, come ha fatto Zingaretti con l' avvocato pugliese.
L' inconsolabile vedovo di Conte, sposo di Salvini contro la propria volontà, ha finito per ingaggiare battaglie con il nemico dopo aver perso la guerra. I veti posti alla Lega sulle poltrone di governo sono stati inascoltati da Draghi, premier che un vero segretario dem si sarebbe intestato anziché farselo imporre.