LEOPOLDA AL VIA TRA LE POLEMICHE E SENZA LA MADRINA BOSCHI - LA MINORANZA PD ATTACCA NARDELLA E L’IDEA DEL PARTITO DELLA NAZIONE: “DESTRA E SINISTRA NON ESISTONO PIÙ? MA CHE SIAMO IN ECCE BOMBO DI MORETTI?" - - -
1. RENZI SI RIFUGIA ALLA LEOPOLDA. NO ALLA PROTESTA, SÌ A CHAOUQUI
Laura Cesaretti per “il Giornale”
La bufera delle banche, l'assedio degli obbligazionisti imbufaliti, l'anatema di Roberto Saviano sulla Boschi: la sesta edizione della Leopolda, la seconda dell'era di governo Renzi, inizia nel clima peggiore.
La manifestazione annunciata dalle cosiddette «vittime del salva-banche», annunciata per domenica davanti alla Leopolda, viene prudentemente fatta spostare dalla Questura di Firenze a mezzo chilometro di distanza, nel timore di incidenti.
Mentre a metà pomeriggio, quando nell'ex stazione fiorentina inizia - tra controlli di sicurezza mai così stringenti - l'afflusso dei partecipanti, si diffonde incontrollata la voce clamorosa che Maria Elena Boschi, storica madrina della kermesse renziana, avrebbe scelto di disertare la serata di apertura.
Del resto già giovedì era stata annullata la conferenza stampa in cui il ministro delle Riforme avrebbe dovuto presentare la nuova Leopolda, forse per evitare - secondo le malelingue - la scontata raffica di domande sul caso di Banca Etruria, di cui il padre del ministro è stato per alcuni mesi vicepresidente. Voce subito smentita da Roma con un tweet del ministro con gli auguri ai «presentatori» della manifestazione e l'annuncio: «Finiamo la Stabilità e vi raggiungiamo subito alla Leopolda».
Dopo tanti rifiuti, una presenza a sorpresa: quella di Francesca Immacolata Chaouqui: «Domenica ci sarò», ha detto uno dei presunti «corvi» di Vatileaks a La Zanzara aprendo la polemica. Delrio specifica: «Ci sono tante persone, è la benvenuta. Purché non voglia farsi pubblicità». E via Twitter lady Vatileaks replica: «Nessuna pubblicità. C'ero due anni fa e l'anno scorso. Se riesco vengo altrimenti no. Quindi caro Graziano stai sereno».
C'è tensione, specie dopo l'esplosione del caso banche. Il premier è stretto tra due fuochi: da un lato la protesta degli obbligazionisti coinvolti nel crac (tutti, per colmo di sventura, provenienti da zone ad alto insediamento elettorale Pd), dall'altra i paletti dell'Unione europea e la difficoltà di immaginare interventi che pongano rimedio al pasticcio.
La protesta, cavalcata da tutte le opposizioni, arriverà domani alle soglie della Leopolda, con un sit-in di ex correntisti furibondi che chiedono direttamente al premier di dare loro risposte: «Caro Renzi, la invitiamo ad ascoltare le testimonianze di chi ha perso tutto a causa del decreto salva-banche. Ci contiamo», si legge nel volantino diffuso a Firenze. E il presidente del Consiglio ieri sera stava ragionando su come e quando inserire l'incontro, nella giornata di chiusura della Leopolda e prima del suo intervento finale, per depotenziare l'impatto della manifestazione. «Dobbiamo andare all'attacco, non subire».
Renzi è infuriato per la bufera che sta investendo il suo governo e che lo costringe a pagare il prezzo di scelte non sue: «Siamo gli unici che non c'entrano, siamo arrivati quando il pasticcio era già compiuto, frutto di scelte fatte ben prima che nascesse questo governo», si sfoga con i suoi.
E dalle parole dei renziani si intuisce l'impazienza di spostare il fuoco degli attacchi dal suo esecutivo: il responsabile giustizia del Pd, David Ermini, spiega che la commissione parlamentare d'inchiesta cui il premier ha dato il proprio avallo dovrebbe «indagare sul ruolo di vigilanza di Bankitalia, come è stato svolto fin qui e sulla legislazione che abbiamo ereditato».
Perché Renzi, spiegano fonti a lui vicine, aveva avuto da Bankitalia garanzie che, con la riforma delle Popolari, i problemi passati sarebbero stati sanati. Invece la bomba, che doveva essere disinnescata, è esplosa tra le sue mani, oltretutto alla vigilia di elezioni amministrative difficili per il Pd, con conseguenze ancora imprevedibili sul consenso per il centrosinistra. Dalla Leopolda il premier cerca di avviare il contrattacco, celebrando i risultati positivi: «I dati Inps e Istat per un volta vanno d'accordo e ci dicono che il lavoro in Italia è tornato a crescere. Buono anche il dato sulla produzione industriale. Secondo me non sarà un inverno fantastico per i gufi».
2. RENZI LANCIA LA LEOPOLDA SINISTRA CONTRO IL «NUOVO» PD
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Sono quasi le dieci della sera quando il premier in camicia bianca sale sul palco tra mappamondi, vecchi bauli e video «scandalosamente di propaganda» e risveglia l' immensa navata della ex stazione ottocentesca, piena di «leopoldini» che hanno cenato a lasagne e prosciutto: «È un po' come tornare a casa, se non ci fosse stata la Leopolda non sarei a Palazzo Chigi... Non siamo una rimpatriata di reduci, ma persone che hanno voglia di cambiare l' Italia».
E se l' astronauta Cristoforetti, le tenniste Pennetta e Vinci o la nuotatrice Pellegrini non ci sono, non è perché hanno dato forfait, polemizza con i giornali Renzi: «Il solito giochino, prima si ipotizza un nome a piacere e poi si dice che non viene».
E ancora, al partito: «Chi viene per parlare di correnti o posti di potere può restare a casa». A casa sono rimasti i parlamentari della minoranza, a cominciare da Bersani: «Dove vado io ci sono le bandiere del Pd».
Il duello tra Leopolda fiorentina e anti-Leopolda romana deve ancora iniziare, ma nel Pd è già rissa. L' ha innescata sul Corriere il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il progetto che tanto somiglia al Partito della nazione ha scatenato la sinistra, che dichiara guerra a un «disegno inaccettabile».
La (fragile) tregua è già in pezzi, a Firenze il nervosismo prevale sull' eccitazione per la sesta kermesse del renzismo. Nel pomeriggio il tam tam dice che la madrina Boschi starebbe meditando il forfait dopo le accuse di conflitto di interessi per il ruolo del padre in Banca Etruria. La scaletta cambia vorticosamente, ma un' ora dopo è la stessa ministra su Twitter a tranquillizzare gli amici: «Finiamo la Stabilità e vi raggiungiamo».
Alla lettera con cui Saviano ha chiesto le sue dimissioni, però, Boschi non risponde e alle 22.30 ancora non si vede. Tocca a Guerini, Fiano e Delrio respingere l' attacco di Saviano, parlando di «richiesta incredibile» e di «sciacallaggio».
L' epicentro della tensione è Roma. Stamattina Bersani, Cuperlo e Speranza dal palco del Teatro Vittoria grideranno il loro «vade retro» a un partito omnibus. «Lo schema della contrapposizione destra-sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo» ha voltato pagina Nardella. La reazione della minoranza è da crisi di nervi. «È sbagliato e pericoloso dire che non esistono più destra e sinistra» attacca Nico Stumpo e Miguel Gotor gronda sarcasmo: «Ma che, siamo in Ecce Bombo di Moretti?». Per la sinistra il piano di Renzi va contrastato con forza.
E se Nardella spiega che l' idea del Partito della nazione non riguarda le elezioni nelle città, Gotor avverte: «Non si può rispolverare il centrosinistra alle Amministrative, per poi rimetterlo in soffitta». Federico Fornaro insinua il dubbio che la Leopolda 2016 sarà «il congresso fondativo del Partito della nazione» e Speranza bolla il «Pdn» come «prospettiva inaccettabile».
Nelle stesse ore a Firenze i ministri di Renzi (Padoan, Delrio, Gentiloni, Madia, Poletti, Giannini) saranno intervistati dai «viaggiatori della Leopolda» in un inedito «question time».
Bilancio delle riforme e progetti per il futuro è il filo rosso di una manifestazione dove le bandiere del Pd sono bandite, sostituite da vecchie copie di libri appesi ai soffitti. Sul palco, con Renzi nel ruolo di bravi presentatori di talk show, il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto e la vicepresidente del consiglio emiliano, Ottavia Soncini: «Un caloroso applauso all' ex giovane fiorentino… Matteo Renzi!», recita il testo della regista Simona Ercolani.
E c' è anche Giuseppe Sala, che la minoranza vede come l' incarnazione di un Pd che guarda al centro. Il commissario di Expo strizza l' occhio alla sinistra, ma rimanda il debutto: «Non è il mio battesimo politico…». Applausi, senza spellarsi le mani. Mentre per Giachetti che Renzi vorrebbe candidato a Roma scatta la standing ovation. E oggi, assicura il premier, «ci divertiam o».