LET’S VANCE – IL CANDIDATO VICEPRESIDENTE SCELTO DA TRUMP HA TRE OBIETTIVI: IL PRIMO È BLINDARE IL VOTO NEGLI STATI CHIAVE DELLA RUST BELT, DI CUI IL SUO LIBRO, “ELEGIA AMERICANA”, È IL MANIFESTO. LA STRATEGIA È “INSTALLARLO” IN PENNSYLVANIA, DOVE 4 ANNI FA BIDEN VINSE DELLO 0,2% E DOVE TRUMP È STATO QUASI UCCISO – IL SECONDO COMPITO È AVVICINARE I MILLENNIAL (COME LUI). E IL TERZO, IL PIÙ COMPLICATO: TRAGHETTARE IL TRUMPISMO NEL FUTURO, CON UNA VERSIONE 2.0 DEGLI SLOGAN MAGA – VIDEO: IL DISCORSO SULLA MADRE ALCOLIZZATA ALLA CONVENTION DI MILWAUKEE
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Estratto dell’articolo di Simone Sabbattini per il "Corriere della Sera"
«Lascia perdere la teoria politica, racconta la tua storia». Il consiglio che svoltò la vita di J.D. Vance andava nella direzione opposta a quella che il possibile futuro vicepresidente degli Stati Uniti sta imboccando ora. A darglielo fu una figura fondamentale nella sua formazione intellettuale, negli anni del riscatto all’università di Yale: Amy Chua, la «madre tigre» che ha venduto milioni di copie dettagliando le virtù di un’educazione «cinese», ultra severa dei figli.
[…] E adesso che l’ex ragazzino disagiato e senza madre, ex marine, ex venture capitalist, ex repubblicano moderato, ex odiatore di Trump si prende il palco principale come running mate del magnate già presidente, l’ennesima sterzata sembra solo una dolce curva nel percorso verso il cuore dell’America.
Perché James David Vance (ma il secondo nome, all’anagrafe, è Donald...) ora ha tre compiti, che secondo gli analisti sono anche le ragioni che hanno portato il tycoon a sceglierlo.
Il primo è aiutare il suo nuovo capo a blindare il voto negli Stati chiave della rust belt , come il Michigan, il Wisconsin, la Pennsylvania e l’Ohio da cui proviene, che rappresenta in Senato e di cui ha narrato la disillusione nel suo memoir.
E significativamente, dagli ambienti della campagna elettorale repubblicana […] filtra già la strategia di «installare» il 39enne candidato-vice nello stato di Filadelfia e Pittsburgh, dove Biden 4 anni fa vinse con uno scarto dello 0,2% e dove Trump è stato quasi ucciso sabato scorso […].
[…] Qui la «storia» di Vance potrà riprendersi ancora una volta la scena, come consigliò la professoressa Chua. Nessuno meglio di lui conosce l’umore di quei posti. Certo, Elegia Americana era costruito sulla lettura che la sventura dei dimenticati del midwest fosse prima di tutto colpa della loro stessa pigrizia e sfiducia. Ora J.D. dovrà tornare a correggere la rotta. Ma in fondo lo ha già fatto da tempo.
In una intervista a Ross Douthat del New York Times pubblicata un mese fa, ha raccontato che nel 2018 un manager si lamentava con lui di quanto fosse salito il costo del lavoro da quando Trump aveva sigillato la frontiera: senza concorrenza della manodopera immigrata, toccava pagare di più chi era già dentro. «Capii che dovevo scendere da quel treno, abbandonare i miei fan di allora», dice Vance. E oggi lotta per i lavoratori americani sparando a zero sull’immigrazione e sulle élite.
È loro la colpa, non dell’indolenza hillbilly cantata nel suo libro. Accogliere immigrati perché servono all’economia — per il senatore — è solo ipocrisia da moderati. Poi c’è il secondo compito: avvicinare a Trump i millennial come lui, nato il 2 agosto 1984. Il messaggio è: non vogliamo gettare un ponte con il vecchio establishment, vogliamo rifondarlo. Non vogliamo conquistare il centro, ma una nuova generazione di militanti ed elettori, che fino a ora magari votavano il tycoon per rabbia o perché li fa ridere ai comizi […]
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E questo porta al terzo mandato, il più difficile, ma anche quello su cui si è già in parte messo avanti, appoggiando e facendosi portavoce del Project 2025 della Heritage Foundation che vuole ribaltare la macchina dello Stato: fornire all’elettorato più sofisticato una versione matura, articolata e sofisticata degli slogan Maga ( Make America Great Again ). E diventare così il traghettatore del trumpismo oltre Donald. […]