LIBERI, LIBERI SIAMO NOI - BELPIETRO: “A RESTRINGERE LA LIBERTÀ DI STAMPA NON E’ BERLUSCONI, COME DICEVANO A SINISTRA, MA LE CAUSE CONTRO I GIORNALISTI SPESSO INTENTATE DA MAGISTRATI E DECISE DA ALTRI MAGISTRATI”
Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Non so se ricordate le infinite campagne per la libertà di stampa lanciate all’epoca del governo Berlusconi. Io sì, anche perché, in qualità di direttore di uno dei pochi giornali di centrodestra esistenti in Italia, mi capitò di essere intervistato da una delegazione della Federazione europea dei giornalisti, la quale, venuta in Italia, intendeva capire se la libertà di espressione dei colleghi fosse davvero minacciata dall’esecutivo di centrodestra.
I cronisti stranieri, che non conoscevano la situazione della stampa nel nostro Paese, erano convinti che noi addetti all'informazione fossimo finiti sotto il tacco di una dittatura, schiacciati dalla censura e minacciati nelle libertà personali.
Mi ci è voluto del tempo per far capire che l’unico giornalista che rischiava di essere sbattuto in cella per i suoi articoli era un collega che scriveva per il Giornale da me diretto, ossia per una testata di proprietà della famiglia del pericoloso dittatore denominato Silvio Berlusconi. Lino Jannuzzi, all’epoca eletto senatore nelle liste di Forza Italia, per alcuni suoi articoli era stato condannato al carcere e, rischiando di finire dietro le sbarre, paradossalmente aveva fatto retrocedere di parecchi punti la libertà di stampa, per cui l’Italia figurava nelle retrovie della classifica mondiale.
Del fatto si occuparono in parecchi, compreso Adriano Celentano, che in tv e nel programma di punta denunciò il fatto e invitò un esiliato speciale, ossia il martire del berlusconismo, quel Michele Santoro che pur di sfuggire all’editto bulgaro fu costretto a riparare a Bruxelles, ma con stipendio di molte migliaia di euro e fringe benefit vari. Vi domandate perché rievochi queste faccende a distanza di anni? Il motivo è semplice. Ieri è stata pubblicata una nuova classifica di Reporters sans frontières da cui risulta che la libertà di stampa in Italia è arretrata ancora, precipitando di altri 24 punti.
Ma questa volta non c’entra Berlusconi, bensì le minacce mafiose ai cronisti e soprattutto le denunce per diffamazione che anche senza motivo vengono rivolte contro i giornalisti. Insomma, a tappare la bocca ai colleghi non è il perfido Cavaliere, che ormai è costretto a restarsene rintanato nella sua villa di Arcore, obbligato a rincasare entro la mezzanotte come una qualsiasi Cenerentola, pena la restrizione delle libertà personali.
A metterci sullo stesso piano di qualche Paese africano (anzi Burkina Faso e Niger stanno messi meglio di noi) e prima di un posto come l’Ungheria, dove governa un premier giudicato pericolosamente nemico della libertà d'informazione, sono le cause contro i giornalisti e i pesanti risarcimenti, che, guarda caso, spesso sono intentate da magistrati e decise - quasi sempre a favore del querelante - da altri magistrati.
Tuttavia questa volta, nonostante il pesante arretramento della libertà di stampa, sono quasi pronto a scommettere che non ci sarà alcun intervento tv di Adriano Celentano, né vedremo Michele Santoro strapparsi le vesti per il pericolo di censure alla libertà di stampa. Repubblica, il giornale che più si batté contro le misure del governo Berlusconi su intercettazioni e altro, non pubblicherà duri editoriali, né inviterà i propri lettori a farsi un selfie con un post it sulla bocca, in nome della libertà di stampa, e il popolo viola, quello che si metteva a lutto per le leggi liberticide del centrodestra, non farà la sua comparsa in nessuna delle piazze italiane.
Perché, ora che a Palazzo Chigi non ci sono il Cavaliere e la sua banda, la libertà di stampa non è argomento molto popolare, tanto che un po’ infastidisce anche il presidente del Consiglio, il quale non si fa scappare occasione per bacchettarla via Twitter. E se chiudono l’Unità ed Europa, cioè i giornali più cari al Pd, non muove neppure il dito che usa per zampettare da un social network all'altro. E poi diciamoci la verità: senza Berlusconi da bastonare ogni giorno, non serve più e per quel che riguarda i suoi difensori di un tempo, ormai può anche andare al diavolo. maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it @BelpietroTweet