LIGURIA DOCET: IN ITALIA PUO' SCOPPIARE NEL CENTRODESTRA QUALSIASI SCANDALO (VEDI TOTI) MA CON LEADER-PIPPA COME SCHLEIN E CONTE IL SUICIDIO E' SICURO - IL PRIMO ERRORE E' STATA LA SCELTA DI ANDREA ORLANDO ANZICHE' UN CANDIDATO CIVICO BEN CONOSCIUTO A LIVELLO LOCALE (COME BUCCI) - LO SPIEGA BENE MASSIMO FRANCO: "LE ALLEANZE DEL PD SONO VIRTUALI E PERFINO ININFLUENTI, SE IL PROPRIO CANDIDATO TRASCINA MENO DELLA COALIZIONE" - ''ALLA FINE IL TRE A ZERO CHE SOGNAVANO DI INCASSARE TRA LIGURIA, E POI UMBRIA E EMILIA-ROMAGNA, CHIAMATE ALLE URNE A NOVEMBRE, AL MASSIMO DIVENTERÀ UN DUE A UNO..."
-Massimo Franco per il “Corriere della Sera” - Estratti
La destra ha vinto, la sinistra ha perso in Liguria. Ma per un’incollatura. E il risultato provocherà qualche increspatura, in particolare nello schieramento sconfitto: sebbene entrambi dovrebbero riflettere sul calo dell’elettorato, che ridimensiona e accomuna vittorie e sconfitte. Né si può ignorare la coincidenza di questo voto locale con uno sfondo di scandali, tensioni legate alla manovra economica, e dossieraggi inquietanti.
M a per paradosso, uno dei tanti di questo voto, avrebbero dovuto favorire le opposizioni e non la maggioranza di Giorgia Meloni. Si pensava che l’inchiesta giudiziaria che ha travolto la giunta di Giovanni Toti avrebbe spianato la strada al Pd e agli alleati.
Invece, alla fine il tre a zero che sognavano di incassare tra Liguria, e poi Umbria e Emilia-Romagna, chiamate alle urne a novembre, al massimo diventerà un due a uno.
Il partito di Elly Schlein può essere soddisfatto del risultato ottenuto in una regione dove continua ad avere un certo radicamento: è nettamente primo, quasi doppiando FdI. Il problema è che non gli è bastato per vincere. Ieri ha ricevuto la conferma che le sue alleanze sono virtuali e perfino ininfluenti, se il proprio candidato trascina meno della coalizione. Radicalizzano le liti e minano la credibilità dello schieramento del quale in teoria fanno parte.
Il gioco di veti tra M5S e Iv di Matteo Renzi, aggiunto alla faida grillina tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sono stati atti di sabotaggio più o meno intenzionale verso il cartello delle opposizioni. Se qualcuno nutrisse dei dubbi, il voto ligure dovrebbe averli spazzati via. Non esiste nessun campo, o area, o cartello nel quale possano convivere tutti gli avversari di Palazzo Chigi.
Né si delinea, se non nelle mire smisurate di Conte, una competizione tra Cinque Stelle e Pd per chi dovrà fare il capo del governo: tanto più in una prospettiva oggi altamente improbabile di vittoria della sinistra.
Il M5S è sotto il 5 per cento nella regione di Grillo, che non ha nemmeno votato.
Dunque, senza un cambio di schema e di riferimenti, difficilmente il Pd riuscirà a scalfire il primato del destra-centro. Se non ci è riuscito questa volta in Liguria, a livello nazionale diventerà quasi proibitivo. Detto questo, Meloni, Lega e FI hanno il compito di resistere alla tentazione di sfruttare la rendita di posizione di un fronte avversario slabbrato e diviso.
E non solo perché l’affermazione di ieri è arrivata di misura, grazie a un candidato civico in mancanza, come sempre più spesso capita, di un accordo tra alleati.
Il tema della classe dirigente della maggioranza rimane acuto e irrisolto
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