NEL LUNGO PERIODO SIAMO TUTTI MORTI. MA PURE NEL BREVE… - DE BORTOLI E UNA ROAD MAP DA BRIVIDI PER LE FINANZE PUBBLICHE: AD APRILE BISOGNEREBBE CONSEGNARE A BRUXELLES IL DEF, IL DOCUMENTO CHE ANTICIPA LA FINANZIARIA. CHE SUCCEDERÀ CON I 23 MILIARDI DI CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA? A OGGI, COL PIL IN FRENATA, IL RAPPORTO COL DEFICIT È GIÀ OLTRE IL 3%. E LO SPREAD…
-
Ferruccio de Bortoli per ''L'Economia - Corriere della Sera''
Si può vivere alla giornata. Tirare a campare. «Sempre meglio che tirare le cuoia», ribatteva caustico Giulio Andreotti a chi lo rimproverava per la lentezza delle sue scelte. Memorie del secolo scorso. Le aste dei Bot vanno meglio. Quella degli annuali, qualche giorno fa, ha spuntato rendimenti in discesa allo 0,181 per cento. E richieste doppie rispetto all' offerta. Com' era avvenuto, poco prima, con il collocamento dei Btp trentennali. Cinque volte il quantitativo messo in asta.
Ma a un tasso di poco sotto il 4 per cento.
Un' analoga emissione, un anno fa, con uno spread dimezzato, sarebbe costata 1,3 miliardi in meno. Il fastidioso differenziale nei rendimenti fra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi - per molti un orpello insopportabile, poco significativo - è un veleno a lento rilascio. Una talpa invisibile che scava nei sotterranei dell' economia. Può accadere che qualche volta si fermi. Anche a causa delle tattiche a breve degli investitori. Ma la direzione non cambia.
Fra meno di due mesi, il governo dovrà scrivere il nuovo Def, ovvero il documento di Economia e Finanza. Ma non è escluso che l' appuntamento del 10 aprile per la presentazione alle Camere - come si sussurra sottovoce in questi giorni - venga spostato più avanti. Magari dopo le elezioni. Il Def è previsto dalla legge di contabilità 196 del 2009. Ma entro il 30 aprile va consegnato a Bruxelles il programma di stabilità. Non si può dire che, nelle precedenti edizioni, il Def sia sempre stato un esercizio realistico, con previsioni millimetriche.
Tutt' altro. Spesso si è trasformato in un quaderno di buone volontà programmatiche. Subito smentite nei mesi successivi. Ma il prossimo sarà il primo atto ufficiale di avvicinamento alla legge di Bilancio del 2020 sulla quale sono state scaricate clausole di salvaguardia, ovvero ipotetici aumenti dell' Iva, per 23 miliardi e 72 milioni (28 miliardi e 753 milioni l' anno successivo).
E qualche verità andrà pur detta. Anche perché sarà estremamente difficile - a meno di rivolgimenti rivoluzionari nell' assetto europeo post elezioni - disinnescare quelle clausole aumentando il deficit. Come si è fatto finora. E poi c' è la congiuntura internazionale che non impatta per ora sull' andamento dei disavanzo strutturale (cioè al netto delle oscillazioni del ciclo economico), quello a cui guarda l' Unione europea. Ma tutto dipenderà dalle scelte della legge di Bilancio del prossimo anno, legge che sconterà appieno gli effetti, da molti ritenuti sottostimati, di quota 100 e del reddito di cittadinanza. È l' inesorabile logica dei «numerini» che non si piegano alle esigenze della propaganda in campagna elettorale.
L' ultimo rapporto Ref, a cura di Fedele De Novellis, Valentina Ferraris e Marina Barbini, valuta in netto peggioramento le previsioni sul commercio mondiale. Dunque, non è escluso che il rallentamento nell' export peggiori ancor di più le stime sull' andamento del Pil, il Prodotto interno lordo, italiano nel 2019. Per Ref la crescita è ormai azzerata. La recessione è nei fatti.
Anche Moody' s ha abbassato drasticamente le proprie stime sull' Italia paventando un serio rischio di instabilità politica. L' economista Mario Baldassarri, presidente del Centro Studi Economia Reale, ha inviato nei giorni scorsi un' interessante nota alla Commissione Lavoro del Senato. Gliel' ha chiesta, stupendo l' interessato, la presidente Nunzia Catalfo dei Cinque Stelle. Un po' di preoccupazione serpeggia, al di là dei toni ufficiali, anche nelle fila della maggioranza.
Il ragionamento di Baldassari prende le mosse dall' ultimo rapporto sulla congiuntura italiana di Economia Reale. La crescita si attesta allo 0,4 per cento. Senza l' ultima manovra saremmo a 0,5. A dimostrazione di una legge di Bilancio tendenzialmente recessiva. Uno spread medio intorno ai 250 punti. Se va bene, il deficit 2019 è già al 2,5-2,6 per cento.
Il rapporto tra debito e Pil in aumento, non in diminuzione.
E per il 2020 e 2021 sono stati calcolati gli aumenti dell' Iva.
Se si dovessero disinnescare, come si è sempre fatto, e ammesso che Bruxelles lo consenta con un maggiore deficit, saremmo già oltre il 3 per cento. E il debito ancora più su.
«Se la Commissione europea chiudesse un occhio prima delle elezioni - sostiene Baldassarri - se le agenzie di rating non dicessero niente e mantenessero i loro giudizi, se i mercati finanziari in qualche modo si barcamenassero con uno spread comunque sotto i 350 punti, a maggio ci si potrebbe anche arrivare». A maggio! Vuol dire che Baldassarri non esclude il rischio di una crisi finanziaria già prima delle elezioni.
Le clausole di salvaguardia, ovvero una sorta di gigantesco «pagherò» su spese già fatte, sono ormai un macigno insostenibile. Nel suo libro Il sentiero stretto .. e oltre (Il Mulino), rispondendo alle domande di Dino Pesole, l' ex ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan rivela che se fosse dipeso da lui l' Iva l' avrebbe aumentata. Avrebbe colpito di più i beni importati. E favorito le esportazioni, dunque le imprese. Ma è anche vero che è una tassa regressiva. E pesa sui più deboli. «Se avessimo deciso di aumentare l' Iva - sostiene l' ex ministro ora parlamentare pd - avremmo avuto 19 miliardi a disposizione da utilizzare per altri interventi. La priorità di Renzi era tagliare le tasse. Un po' per le imprese e un po' per le famiglie».
Il dilemma si proporrà, in forma ormai ipertrofica, nelle scelte del prossimo Def. Il successore di Padoan Giovanni Tria ha lasciato intendere, più volte, di non essere contrario a un aumento selettivo dell' Iva. Il governo dovrà scegliere.
Baldassarri è convinto che con un po' di coraggio si potrebbe fare una spending review tra gli 80 e 100 miliardi, simile per ampiezza rispetto al Pil a quella di Giuliano Amato nel 1992.
Con un taglio secco alle cosiddette tax expenditures e ai trasferimenti a fondo perduto. L' unica via possibile per finanziare non in deficit reddito di cittadinanza e taglio delle tasse. Con un effetto positivo su crescita, occupazione e riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il Pil.
Se il prossimo Def lasciasse almeno intravvedere questo scenario, la percezione dei mercati sarebbe meno negativa. Ma se si nazionalizza, lo Stato si riprende le perdite dell' Alitalia, si fermano i cantieri, si va nella direzione opposta. E poi ci si aggrappa all' oro della Banca d' Italia che è a garanzia della moneta unica, vagheggiando acrobatiche e impossibili scorciatoie sovraniste.
Come vendersi l' argenteria di casa, peraltro impegnata, quando si ha l' acqua alla gola.