IL M5S HA ANCORA UN FUTURO? - DI MAIO NON È PIÙ RICONOSCIUTO COME LA GUIDA INDISCUSSA DEI GRILLINI. LA CONSEGUENZA: IL SUO PRIMO NEMICO È DIVENTATO CONTE, IMPALUDATO NELLA MELMA INDECISIONISTA E NELLE SPIRE DELLO SPYGATE E DEI CONFLITTI DI INTERESSE. E SI ABBATTE PURE SUL PD, SEMPRE ALLA RICERCA DELLA SINISTRA DEL '900. ALLA FINE, CHI GODE E' LA DESTRA DI SALVINI E DELLA MELONI
-Claudio Tito per “la Repubblica”
Il Movimento 5Stelle ha davanti a sé due quesiti essenziali. Il primo, il più immediato, riguarda la sua attuale guida: Luigi Di Maio è ancora il suo leader? Il secondo ha a che fare con la natura stessa dei pentastellati: l' M5S ha ancora un senso o un futuro?
Quel che sta accadendo in questi giorni nel governo sta ponendo con una certa urgenza il primo interrogativo. Il capo politico del Movimento sta sistematicamente minando alla base il governo che lui stesso ha contribuito a far nascere e di cui fa parte con un ruolo cruciale, quello di ministro degli Esteri. Ne sta compromettendo la vita e la durata proponendo ogni giorno nuovi terreni di scontro.
Ieri, come se fosse un osservatore esterno, ha fatto notare che sulla manovra non c' è accordo, poi ha messo quattro dita negli occhi del Pd: prima ribadendo che non accetterà altre alleanze regionali e poi contestando il rinnovo del finanziamento a Radio Radicale, che da anni svolge un servizio pubblico in Parlamento. Infine ha annunciato la conferma degli accordi con la Libia sui quali gli stessi democratici - pur essendone i primi ideatori con il governo Gentiloni - da tempo avevano avvertito l' esigenza di una correzione soprattutto in riferimento al trattamento riservato agli immigrati nei centri di raccolta-lager in quel Paese.
Un esecutivo appena nato appare così già dilaniato da polemiche e scontri. Soprattutto dall' impossibilità di concordare una visione comune per il futuro dell' Italia. Alle evidenti contraddizioni adesso si sommano i contorcimenti di un giovane ex leader. Il nucleo più intimo di quanto sta accadendo nel secondo gabinetto Conte è proprio questo: Di Maio non è più riconosciuto come la guida indiscussa dei grillini. C' è quasi una distanza fisica ad esempio con i suoi parlamentari. E come a volte capita ai capi decaduti, non lo accetta. La conseguenza: il suo primo nemico è diventato Giuseppe Conte. Avverte la sua ombra e cerca di scacciarla.
Come? Aprendo il maggior numero di fronti divisivi nel governo.
Eppure quando un partito riduce i suoi consensi del 75 per cento in meno di due anni - evento mai accaduto nella storia repubblicana di questo Paese - è evidente che le responsabilità ricadano anche e soprattutto su chi lo ha capitanato. Il ministro degli Esteri resiste a una banale regola di convivenza civile e democratica che disciplina la vita delle forze politiche.
Incapace persino di ravvedere una incompatibilità "pratica" tra il ruolo di ministro degli Esteri e di capo politico. Cerca di contrastare il flusso degli eventi invocando un fantomatico ritorno alle origini nella speranza di riguadagnare quello che Silvio Berlusconi avrebbe chiamato il "quid". Ma sono tentativi scomposti. Come l' addio al patto regionale con il Pd.
Dimentica che il 3 settembre scorso sulla piattaforma Rousseau, mito pentastellato, l' intesa di governo con i dem venne accolta con il 79,3 per cento dei sì. E il 20 settembre sulla medesima piattaforma il 60,9 per cento si espresse a favore dell' accordo in Umbria. La disperazione spesso porta all' inconsapevole autodistruzione. Nel caso specifico diventa anche un regalo alla Lega.
Di Maio non può non sapere che questo governo vive solo se produce idee e riforme. Se impedisce alla destra salviniana di gozzovigliare nell' inazione altrui. Se, insomma, la maggioranza agisce da coalizione e non da sommatoria indistinta. Ne prenda atto anche Grillo, l' unico che ha il potere statutario di rimuoverlo. Un giovane leader deve sapere che può avere altre chance. Se non lo sa vuol dire che non è un leader. Che il suo obiettivo è salvarsi e autoperpetuarsi. Un contrappasso rispetto ai dettami grillini.
Ma il punto è che il Movimento non è più quello di due, cinque o dieci anni fa. Governare un Paese cambia la cultura e la natura stessa di un partito che prima aveva vissuto esclusivamente all' opposizione.
E questo attiene al secondo interrogativo per i 5Stelle: ha ancora un senso il Movimento? Lo ha in queste forme? Beppe Grillo a luglio scorso parlò di "biodegradabilità" dell' M5S.
L' implosione o l' estinzione, come dimostra il voto umbro, non rappresentano più un' opzione impossibile. l' ex comico di certo immagina un futuro diverso. E forse non è un caso che sia entrato in rotta di collisione con Di Maio.
Cos' è allora il Movimento ora? Fino al marzo del 2018 l' identità pentastellata si immergeva nella protesta. Quell' identità semplicemente non c' è più, è stata surrogata dalla Lega. E non ce ne è un' altra.
Il risultato si riversa sul Conte Due. Impaludato nella melma indecisionista. E si abbatte pure sul Pd. Imbracato dal senso di responsabilità e denudato nell' iniziativa politica. Sospeso tra il passato che fu e un presente-futuro indefinito, perennemente alla ricerca di una sinistra capace di servire i cittadini del XXI secolo. Ma la somma di tutti questi interrogativi, alla fine, rappresenta il carburante più esplosivo per la destra di Salvini.