Antonio Signorini per “il Giornale”
enrico zanetti sottosegretario all economia
Un decreto che libera 400 miliardi di liquidità a favore delle imprese, ma che è a saldo zero per le casse dello stato aveva suscitato non pochi dubbi (l' allarme era stato lanciato da Enrico Zanetti, ex sottosegretario all' Economia). La conferma che nel dl liquidità ci sia qualcosa di molto importante che non funziona emerge da una paginetta della nota di lettura della legge redatta dal servizio Bilancio del Senato.
Sotto la lente i prestiti concessi alle aziende attraverso Sace e Cassa depositi e prestiti. Garanzie che secondo le legge sono «non standardizzate». In sintesi, non si possono quantificare e quindi non vengono considerate nel deficit, ma solo come saldo da finanziare. Peseranno sul debito degli anni a venire, ma non nei conti che il governo presenterà all' Europa.
Uno spiraglio concesso, con qualche licenza, proprio dalle regole della contabilità europea che ha consentito al governo di varare il terzo decreto per l' emergenza coronavirus senza preoccuparsi delle coperture. Secondo i tecnici di Palazzo Madama è una scelta che «non sembrerebbe ispirata a criteri di sufficiente prudenzialità».
Sarebbe servita una stima degli effetti sui conti pubblici dell' anno delle eventuali «escussioni», quindi delle eventuali attivazioni delle garanzie da parte delle banche. Stima necessaria «soprattutto alla luce della sfavorevole situazione economica complessiva».
Il governo ha evitato di quantificare invocando «l' imprevidibilità» delle garanzie da attivare. Difficile, insomma, capire quante aziende non ce la faranno e per quali importi. Ma questa giustificazione potrebbe non bastare e - segnala il servizio Bilancio la decisione «potrebbe non essere condivisa in sede Eurostat». L' Istituto statistico Ue potrebbe decidere di classificare in modo diverso le garanzie, costringendo l' Italia a presentare a Bruxelles altre stime sul deficit.
Ma c' è dell' altro. Nel decreto liquidità l' unico stanziamento presente è un miliardo di rifinanziamento dei fondi già esistenti. Poco, secondo le note di lettura del Senato, «rispetto ad un tetto massimo di finanziamenti e garanzie concedibili pari a 400 miliardi di euro». Risorse che «appaiono esigue anche in condizioni normali».
La dimensione dell' inadeguatezza delle risorse la dà la stima di Bankitalia dei tassi di insolvenza: «Potrebbero anche superare quelli del biennio 2012-2013, quando si avvicinarono al 10 per cento» (in realtà stime del governo hanno anche ipotizzato sofferenze fino al 30%). Vero che il miliardo è una «dotazione iniziale» di un fondo, ma questo comporta per il futuro o un rifinanziamento «anche molto cospicuo» del decreto oppure uno spostamento del problema sulle banche, che si ritroverebbero altri crediti non esigibili.
Un rebus che impegnerà il ministero dell' Economia nei mesi a venire. Il nodo delle risorse è tutt' altro che risolto.
Dall' Europa nell' immediato potrà venire poco. Il finanziamento Mes non dovrebbe essere attivato e il recovery fund, se passerà l' esame del Consiglio europeo, potrà erogare le prime risorse dal 2021. E comunque la sua adozione, ha confermato ieri il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, sarà subordinata all' adozione di un piano di riforme. Gli Stati membri dell' Unione europea che vogliono ricorrere alle risorse del Recovery Fund «Se non ci sono riforme, non ci saranno i soldi. Questa è una conseguenza logica ed è così in molti programmi dell' Ue che sono già in corso», ha spiegato in un' intervista alla Welt.